Una vita dedicata ai poveri fino all’estremo sacrificio della vita: è ancora forte l’emozione in India, dove nei giorni scorsi è stata uccisa suor Valsa John, una religiosa cattolica da 20 anni impegnata al fianco delle popolazioni indigene contro lo sfruttamento delle miniere di carbone nel Kerala
Radio Vaticana - Ancora non sono chiare le dinamiche dell’assassinio, ma da tempo la suora era minacciata per la sua battaglia in favore degli emarginati. Su questo tragico avvenimento, Alessandro Gisotti ha intervistato suor Valsala George Chennakadam, superiora generale della Congregazione delle Suore della Carità di Gesù e Maria, di cui suor Valsa John faceva parte:
R. – E’ veramente una disgrazia ma ritengo che questo sia il prezzo che, in casi estremi, ci troviamo a dover pagare per aiutare i poveri. Noi, come Congregazione, siamo profondamente colpite: è una grande sofferenza. Speriamo che il sangue che lei ha versato porti frutti per i poveri, in futuro…
D. – Suor Valsa era molto coraggiosa: è stata più volte minacciata. Eppure, non ha mai interrotto la sua lotta al fianco della gente del posto…
R. – Le piaceva molto lavorare tra i poveri e lo aveva mostrato fin dall’inizio. Dopo aver preso i voti si era completamente dedicata a questo lavoro in collaborazione con altre Congregazioni, anche con i gesuiti: lavorava e non aveva mai avuto paura.
D. – Quindi, la sua vita dedicata ai poveri è una potente testimonianza cristiana?
R. – Sì, lavorava per le popolazioni indigene. E sì, sono d’accordo sul fatto che sia davvero una potente testimonianza, perché dà il significato di ciò che l’amore può fare.
D. – E qual è la sua speranza dopo questo tragico evento, specialmente per la gente che la sua consorella aveva tanto a cuore?
R. – Sono sicura che il suo spirito incoraggerà tanti a lavorare per i poveri. Noi non smetteremo di lavorare e di vivere il nostro carisma di dedizione, in particolare per i poveri. Confido nel fatto che le nostre sorelle non indietreggeranno: saranno molto coraggiose! Continuo a ricevere molte lettere sia dall’interno sia dall’esterno della Congregazione. Questa è un’esperienza scioccante e dolorosa, ma allo stesso tempo c’è speranza, non solo per la nostra Congregazione, ma per tutti gli esseri umani; non solo la Chiesa, ma chiunque per amore può fare e può sacrificarsi.
Radio Vaticana - Ancora non sono chiare le dinamiche dell’assassinio, ma da tempo la suora era minacciata per la sua battaglia in favore degli emarginati. Su questo tragico avvenimento, Alessandro Gisotti ha intervistato suor Valsala George Chennakadam, superiora generale della Congregazione delle Suore della Carità di Gesù e Maria, di cui suor Valsa John faceva parte:R. – E’ veramente una disgrazia ma ritengo che questo sia il prezzo che, in casi estremi, ci troviamo a dover pagare per aiutare i poveri. Noi, come Congregazione, siamo profondamente colpite: è una grande sofferenza. Speriamo che il sangue che lei ha versato porti frutti per i poveri, in futuro…
D. – Suor Valsa era molto coraggiosa: è stata più volte minacciata. Eppure, non ha mai interrotto la sua lotta al fianco della gente del posto…
R. – Le piaceva molto lavorare tra i poveri e lo aveva mostrato fin dall’inizio. Dopo aver preso i voti si era completamente dedicata a questo lavoro in collaborazione con altre Congregazioni, anche con i gesuiti: lavorava e non aveva mai avuto paura.
D. – Quindi, la sua vita dedicata ai poveri è una potente testimonianza cristiana?
R. – Sì, lavorava per le popolazioni indigene. E sì, sono d’accordo sul fatto che sia davvero una potente testimonianza, perché dà il significato di ciò che l’amore può fare.
D. – E qual è la sua speranza dopo questo tragico evento, specialmente per la gente che la sua consorella aveva tanto a cuore?
R. – Sono sicura che il suo spirito incoraggerà tanti a lavorare per i poveri. Noi non smetteremo di lavorare e di vivere il nostro carisma di dedizione, in particolare per i poveri. Confido nel fatto che le nostre sorelle non indietreggeranno: saranno molto coraggiose! Continuo a ricevere molte lettere sia dall’interno sia dall’esterno della Congregazione. Questa è un’esperienza scioccante e dolorosa, ma allo stesso tempo c’è speranza, non solo per la nostra Congregazione, ma per tutti gli esseri umani; non solo la Chiesa, ma chiunque per amore può fare e può sacrificarsi.
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