C’è un certo grado di “corresponsabilità” nella vita cristiana, che contempla gli aspetti della correzione fraterna e della preghiera comune e concorde. È quanto ha sottolineato questa mattina Benedetto XVI all’Angelu presieduto nel Palazzo apostolico di Castel Gandolfo. Al termine, il Papa ha benedetto l’apertura del Congresso eucaristico nazionale di Ancona, dove si recherà di persona domenica prossima, per presiederne alle fasi conclusive. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Radio Vaticana - Correzione fraterna e preghiera concorde. Sono le “prime pietre” della comunità cristiana antica. Benedetto XVI, prendendo spunto dal brano domenicale del Vangelo di Matteo, si è soffermato su entrambe, presentandole alla folla di Castel Gandolfo come espressioni della carità fraterna. La prima, la correzione fraterna, è Gesù stesso che spiega nel dettaglio in che modo applicarla e il Papa lo ha ripetuto:
“Se il mio fratello commette una colpa contro di me, io devo usare carità verso di lui e, prima di tutto, parlargli personalmente, facendogli presente che ciò che ha detto o fatto non è buono. Questo modo di agire si chiama correzione fraterna: essa non è una reazione all’offesa subita, ma è mossa dall’amore per il fratello”.
Può darsi il caso che un fratello, pure accolto con questo rispetto, non voglia sentire ragioni. Il Vangelo, ha proseguito il Papa, indica allora “una certa gradualità”: si torna a parlare al fratello in più persone e in caso di nuovo rifiuto se ne informa la comunità. E se ciò ancora non bastasse, “occorre – ha soggiunto Benedetto XVI – fargli percepire il distacco che lui stesso ha provocato, separandosi dalla comunione della Chiesa”:
“Tutto questo indica che c’è una corresponsabilità nel cammino della vita cristiana: ciascuno, consapevole dei propri limiti e difetti, è chiamato ad accogliere la correzione fraterna e ad aiutare gli altri con questo particolare servizio”.
Il Papa ha poi spiegato l’altro “frutto della carità” presente in una comunità cristiana, la preghiera concorde. Una preghiera che basa la sua forza sulla promessa di Gesù: “Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”. È un tipo di preghiera, ha osservato Benedetto XVI che mostra la comunità cristiana “unita e unanime”, sul riflesso della “perfetta comunione d’amore” della Trinità:
“Dobbiamo esercitarci (…) in questa concordia all’interno della comunità cristiana. Dobbiamo esercitarci sia nella correzione fraterna, che richiede molta umiltà e semplicità di cuore, sia nella preghiera, perché salga a Dio da una comunità veramente unita in Cristo”.
Nei saluti in varie lingue del dopo Angelus, il Papa ha menzionato l’apertura, oggi ad Ancona, del 25.mo Congresso eucaristico nazionale, che tra una settimana vedrà protagonista lo stesso Benedetto XVI:
“Domenica prossima, a Dio piacendo, avrò la gioia di recarmi ad Ancora per la giornata culminante del Congresso. Fin da ora rivolgo il mio saluto cordiale e la mia benedizione a quanti parteciperanno a questo evento di grazia, che nel santissimo Sacramento dell’Eucaristia adora e loda Cristo, sorgente di vita e di speranza per ogni uomo e per il mondo intero”.
Dopo aver auspicato, parlando in polacco, che il nuovo anno scolatico e catechistico alle porte sia occasione per bambini e giovani di crescere "in età, sapienza e grazia", l’ultimo saluto, in lingua italiana, Benedetto XVI lo ha riservato al gruppo delle Acli, le Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani, che hanno concluso l’Incontro di studio sul tema del lavoro, a 30 anni dall’Enciclica di Giovanni Paolo II Laborem exercens. “Ho apprezzato, cari amici – ha detto loro il Papa – la vostra attenzione a questo Documento, che rimane come una delle pietre miliari della Dottrina sociale della Chiesa”.
“Se il mio fratello commette una colpa contro di me, io devo usare carità verso di lui e, prima di tutto, parlargli personalmente, facendogli presente che ciò che ha detto o fatto non è buono. Questo modo di agire si chiama correzione fraterna: essa non è una reazione all’offesa subita, ma è mossa dall’amore per il fratello”.
Può darsi il caso che un fratello, pure accolto con questo rispetto, non voglia sentire ragioni. Il Vangelo, ha proseguito il Papa, indica allora “una certa gradualità”: si torna a parlare al fratello in più persone e in caso di nuovo rifiuto se ne informa la comunità. E se ciò ancora non bastasse, “occorre – ha soggiunto Benedetto XVI – fargli percepire il distacco che lui stesso ha provocato, separandosi dalla comunione della Chiesa”:
“Tutto questo indica che c’è una corresponsabilità nel cammino della vita cristiana: ciascuno, consapevole dei propri limiti e difetti, è chiamato ad accogliere la correzione fraterna e ad aiutare gli altri con questo particolare servizio”.
Il Papa ha poi spiegato l’altro “frutto della carità” presente in una comunità cristiana, la preghiera concorde. Una preghiera che basa la sua forza sulla promessa di Gesù: “Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”. È un tipo di preghiera, ha osservato Benedetto XVI che mostra la comunità cristiana “unita e unanime”, sul riflesso della “perfetta comunione d’amore” della Trinità:
“Dobbiamo esercitarci (…) in questa concordia all’interno della comunità cristiana. Dobbiamo esercitarci sia nella correzione fraterna, che richiede molta umiltà e semplicità di cuore, sia nella preghiera, perché salga a Dio da una comunità veramente unita in Cristo”.
Nei saluti in varie lingue del dopo Angelus, il Papa ha menzionato l’apertura, oggi ad Ancona, del 25.mo Congresso eucaristico nazionale, che tra una settimana vedrà protagonista lo stesso Benedetto XVI:
“Domenica prossima, a Dio piacendo, avrò la gioia di recarmi ad Ancora per la giornata culminante del Congresso. Fin da ora rivolgo il mio saluto cordiale e la mia benedizione a quanti parteciperanno a questo evento di grazia, che nel santissimo Sacramento dell’Eucaristia adora e loda Cristo, sorgente di vita e di speranza per ogni uomo e per il mondo intero”.
Dopo aver auspicato, parlando in polacco, che il nuovo anno scolatico e catechistico alle porte sia occasione per bambini e giovani di crescere "in età, sapienza e grazia", l’ultimo saluto, in lingua italiana, Benedetto XVI lo ha riservato al gruppo delle Acli, le Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani, che hanno concluso l’Incontro di studio sul tema del lavoro, a 30 anni dall’Enciclica di Giovanni Paolo II Laborem exercens. “Ho apprezzato, cari amici – ha detto loro il Papa – la vostra attenzione a questo Documento, che rimane come una delle pietre miliari della Dottrina sociale della Chiesa”.
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