Seminario di formazione a Firenze con Dino, Principato e Dalla Chiesa
Liberainformazione - “Donne di mafia, donne contro le mafie”: questo il titolo del secondo incontro formativo rivolto ai referenti di Libera. Hanno approfondito la tematica Teresa Principato, Procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Alessandra Dino, docente dell’università di Palermo e Nando Dalla Chiesa, docente dell’Università Statale di Milano e Presidente onorario di Libera. Teresa Principato con l’intervento intitolato “Nella buona e nella cattiva sorte: donne boss e donne di boss” ha illustrato il ruolo delle donne all’interno di Cosa nostra. Donne lasciate nell’ombra, relegate al ruolo di presenze silenziose e inconsapevoli, che non conoscono le regole del sistema, vittime di sopraffazione, violenza, costrizione e obbedienza.
Questa invisibilità ha assicurato a mogli, figlie e compagne dei boss l’impunità per anni. La prima condanna per reato di associazione mafiosa arriva infatti solo nel 2001. La stagione del pentitismo, tuttavia, innesca un processo di disgregazione di Cosa nostra che impone la trasformazione anche del ruolo delle donne che uscite dall’invisibilità diventano custodi dei disvalori mafiosi. Una invisibilità che spesso è accompagnata dalla consapevolezza di vivere in “famiglie” di mafia.
“Come si cambia per non morire: se le donne si pentono” è stato l’intervento Alessandra Dino che ha raccolto le testimonianze di alcune donne collaboratrici di giustizia. Attraverso le storie di Giusi Vitale e Carmela Ioculano, la professoressa Dino ha tracciato il quadro, drammatico e contraddittorio delle donne che entrano nel sistema mafioso, conducendo esistenze in bilico, sospese, in conflitto fra la dimensione degli affetti e quella degli affari. E quando cercano di uscirne, intraprendono un cammino doloroso, di rinnegazione di una vita precedente alla ricerca di una rinascita.
«L’antimafia è donna». Questa la tesi di Nando Dalla Chiesa che ha voluto menzionare le diverse anime delle donne di che costituiscono i movimenti antimafia: le testimoni di giustizia, le insegnanti, le donne magistrato. Storie collettive vissute al femminile, che poi vengono raccontate spesso solo al maschile. Maggiore distanza dal potere e dai suoi condizionamenti e una conseguente maggiore libertà nelle scelte; maggiore capacità di dare forza politica ai sentimenti; maggiore sentimento di giustizia e uguaglianza. Queste le ragioni della forte partecipazione femminile al movimento antimafia.
Liberainformazione - “Donne di mafia, donne contro le mafie”: questo il titolo del secondo incontro formativo rivolto ai referenti di Libera. Hanno approfondito la tematica Teresa Principato, Procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Alessandra Dino, docente dell’università di Palermo e Nando Dalla Chiesa, docente dell’Università Statale di Milano e Presidente onorario di Libera. Teresa Principato con l’intervento intitolato “Nella buona e nella cattiva sorte: donne boss e donne di boss” ha illustrato il ruolo delle donne all’interno di Cosa nostra. Donne lasciate nell’ombra, relegate al ruolo di presenze silenziose e inconsapevoli, che non conoscono le regole del sistema, vittime di sopraffazione, violenza, costrizione e obbedienza.Questa invisibilità ha assicurato a mogli, figlie e compagne dei boss l’impunità per anni. La prima condanna per reato di associazione mafiosa arriva infatti solo nel 2001. La stagione del pentitismo, tuttavia, innesca un processo di disgregazione di Cosa nostra che impone la trasformazione anche del ruolo delle donne che uscite dall’invisibilità diventano custodi dei disvalori mafiosi. Una invisibilità che spesso è accompagnata dalla consapevolezza di vivere in “famiglie” di mafia.
“Come si cambia per non morire: se le donne si pentono” è stato l’intervento Alessandra Dino che ha raccolto le testimonianze di alcune donne collaboratrici di giustizia. Attraverso le storie di Giusi Vitale e Carmela Ioculano, la professoressa Dino ha tracciato il quadro, drammatico e contraddittorio delle donne che entrano nel sistema mafioso, conducendo esistenze in bilico, sospese, in conflitto fra la dimensione degli affetti e quella degli affari. E quando cercano di uscirne, intraprendono un cammino doloroso, di rinnegazione di una vita precedente alla ricerca di una rinascita.
«L’antimafia è donna». Questa la tesi di Nando Dalla Chiesa che ha voluto menzionare le diverse anime delle donne di che costituiscono i movimenti antimafia: le testimoni di giustizia, le insegnanti, le donne magistrato. Storie collettive vissute al femminile, che poi vengono raccontate spesso solo al maschile. Maggiore distanza dal potere e dai suoi condizionamenti e una conseguente maggiore libertà nelle scelte; maggiore capacità di dare forza politica ai sentimenti; maggiore sentimento di giustizia e uguaglianza. Queste le ragioni della forte partecipazione femminile al movimento antimafia.
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