mercoledì, giugno 15, 2011
L'on. Ermete Realacci, esponente del Partito Democratico e presidente onorario di Legambiente, commenta per noi, al microfono di Sagida Syed, i possibili scenari futuri per l'Italia in materia di politiche ambientali dopo la vittoria del 'SI' nei referendum.

di Sagida Syed

Onorevole, in calce alla nostra intervista della settimana scorsa disse che sarebbe stato difficile ma non impossibile raggiungere il quorum. Secondo lei gli italiani hanno voluto inviare un messaggio politico al Governo con il loro voto?

E’ stato un risultato superiore alle migliori aspettative. Basta guardare i numeri assoluti per capire che a questi referendum ha votato anche la maggioranza di quanti votarono per il centro destra alle elezioni del 2008. E’ una straordinaria vittoria del senso civico degli italiani e della voglia di cambiamento, nata anche da un eccezionale impegno della società civile anche fuori dai partiti politici. E’ un voto che chiede un’Italia migliore, che punta sull’ambiente, sulla ricerca, sull’innovazione, sulla green economy, dove la legge è uguale per tutti. Con questo voto gli italiani hanno dimostrato di essere stanchi degli annunci ad effetto, delle balle e delle leggi ritagliate sugli interessi di parte. I cittadini chiedono una politica che affronti e risolva le tante questioni aperte e torni a far crescere il paese. Guai a deludere questa domanda

Lei ha affermato che ora bisogna investire nelle tre "R": Risparmio Energetico, Ricerca, Rinnovabili. Ritiene che con i soldi che il Governo risparmierà dalla bocciatura del progetto nucleare si possano raggiungere in tempo relativamente breve delle forme di energia alternativa, più verde e in grado di coprire il fabbisogno energetico di cui il nostro paese ha bisogno?

Ovviamente mi auguro che sgombrato il campo dall’ingombrante feticcio nucleare ora non si perda più tempo e si proceda speditamente verso la green economy. Certo quanto è stato fatto finora dal Governo su questo fronte non lascia ben sperare. Per tutto il mondo siamo “il paese del sole”, ma in casa facciamo molta fatica a dimostrarlo. Negli anni passati, per esempio, abbiamo speso tra i 40 e i 50 miliardi di euro per finanziare i combustibili fossili e la chiusura del vecchio nucleare, tutte risorse che ben spese ci avrebbero reso un paese leader nel campo delle rinnovabili. E anche recentemente il Governo ha rischiato di affossare un comparto che già oggi vale come occupati dieci volte la Fiat di Mirafiori. Ora speriamo che il nuovo provvedimento, il cosiddetto quarto conto energia, serva a far ripartire il settore delle rinnovabili. Uno dei pochi che in controtendenza e in piena crisi economica ha aumentato l'occupazione. Sono attive circa 85mila aziende, per lo più fatte da giovani, con un volume d’affari stimato di circa 35 miliardi di euro, il 2% del Pil italiano. Senza le rinnovabili lo scorso anno la crescita nella nostra economia sarebbe stata negativa.

Quale azione dovrebbe prendere il governo
per il bene del paese? Ed eventualmente, il PD sarebbe disposto a collaborare nell'ambito, per esempio, della gestione dell'acqua e delle forme di energia alternativa secondo i criteri della Green Economy di cui lei è portavoce?

La difficile crisi che stiamo attraversando va affrontata cogliendola anche come una grande occasione di cambiamento, un’opportunità per affrontare questioni aperte da tempo. E’ questo il senso della green economy, intesa non solo come insieme delle attività direttamente connesse alle questioni ambientali, ma con qualcosa che per l’Italia significa molto di più. Si incrocia, in tutti i campi, con la scommessa della qualità e della bellezza, con l’innovazione e la ricerca, con la valorizzazione delle risorse umane, con il legame con il territorio e la coesione sociale. Già oggi c’è molto più “green” nella nostra economia di quanto si possa immaginare. Nel 2009 secondo un’indagine condotta dalla fondazione Symbola e da Unioncamere, in piena crisi, il 30% delle PMI hanno investito in green economy, una percentuale che sale al 45% nelle PMI che esportano e puntano su innovazione e capitale umano. Se dal Governo arrivasse finalmente una concreta proposta in tal senso , non potremmo che appoggiarla.

Onorevole, tra i paesi dell'Unione Europea ne esiste uno che lei considera come 'modello' a cui l'Italia dovrebbe guardare con particolare attenzione per lo sviluppo e l'applicazione delle energie alternative nel nostro paese?

Sicuramente la Germania, che è il più grande paese manifatturiero d’Europa e cresce quattro volte più dell’Italia. Ebbene la Germania punta tutto sulla green economy e si conferma motore dell’economia del futuro. Non solo fermerà il nucleare per il 2022, ma nel fotovoltaico, pur non potendo contare sul nostro sole, alla fine del 2010 aveva installato oltre 16000 MW di fotovoltaico – noi 3000 - e il suo obiettivo al 2020 è 52000 MW.

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