Si è svolta oggi a Dresda, in Germania, la Messa di Beatificazione di Alois Andritzki, sacerdote diocesano, martire nel lager di Dachau: presente, a nome del Papa, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Il servizio di Sergio Centofanti.
Radio Vaticana - Alois Andritzki è stato uno dei tanti sacerdoti morti nel campo di concentramento di Dachau: tra il 1933 e il 1945 furono imprigionati in questo lager circa 2.700 religiosi cattolici: più di mille persero la vita. Alois nasce a Radibor, in Sassonia, nel 1914, appartiene alla piccola minoranza slava dei sorabi. Nel buio del regime nazista decide, insieme con un fratello, di farsi sacerdote cattolico. Viene ordinato a 25 anni: un mese dopo le truppe di Hitler invadono la Polonia. Esplode la Prima Guerra Mondiale. Lavora nella pastorale giovanile in tempi difficili, la propaganda del regime imperversa: diventa direttore dei Pueri Cantores. I giovani lo ammirano per la sua coerenza, per la freschezza della fede, la forza della sua speranza: Cristo è la sua roccia.
E’ un prete che proclama senza paura il Vangelo: tanto che il regime nazista considera “malefica” la sua influenza sui giovani. Così a 27 anni viene deportato a Dachau. Nell’inferno del lager cerca di portare un po’ di serenità tra gli altri prigionieri: organizza incontri di preghiera e letture bibliche, ma anche giochi: fa l’acrobata, cammina sulle mani. Incoraggia tutti, aiuta i più deboli. Con un amico prete prende questo impegno: «Non ci lamenteremo mai. Non dimenticheremo neanche per un attimo il nostro sacerdozio». Si ammala di tifo: in fin di vita chiede di prendere la Comunione. Il carceriere risponde: “Vuoi Cristo? Riceverai un’iniezione letale”. Alois viene ucciso il 3 febbraio 1943: ha 28 anni. Il Papa ieri al Regina Caeli lo ha ricordato così:
“Lodiamo il Signore per questo eroico testimone della fede, che si aggiunge alla schiera di quanti hanno dato la vita nel nome di Cristo nei campi di concentramento. Vorrei affidare alla loro intercessione … la causa della pace nel mondo”.
Padre Stephan Delan, parroco di Radibor, così risponde a chi definisce il nuovo Beato un campione della Resistenza:
R. – Ein Widerstandskämpfer? Na gut und schön, aber das ist ein biβchen wenig, …
Un campione della Resistenza? Sì, ma è un po’ poco. Così non lo si comprende. Non è uno che sale armato sulle barricate, al contrario. Era una persona buona, buono e aperto nei riguardi di tutti, ma anche una persona critica, che ha analizzato a fondo quello che stava accadendo. La sua è una resistenza che nasce dalla fede, perché lui vedeva che quel regime dava un’immagine dell’uomo che non era quella giusta, e in quanto cristiano non poteva che rifiutarla!
Alois Andritzki, un anno prima della morte, così scrive dal lager al suo parroco di Radibor:
«Se il Signore apparentemente ha allontanato il suo volto da noi e veniamo per così dire schiacciati a terra, non lasciamoci smarrire nell’amore del nostro Padre Celeste. Se ora non possiamo essere i seminatori cerchiamo di essere almeno il seme, per portare abbondanza di frutti al tempo della raccolta».
Radio Vaticana - Alois Andritzki è stato uno dei tanti sacerdoti morti nel campo di concentramento di Dachau: tra il 1933 e il 1945 furono imprigionati in questo lager circa 2.700 religiosi cattolici: più di mille persero la vita. Alois nasce a Radibor, in Sassonia, nel 1914, appartiene alla piccola minoranza slava dei sorabi. Nel buio del regime nazista decide, insieme con un fratello, di farsi sacerdote cattolico. Viene ordinato a 25 anni: un mese dopo le truppe di Hitler invadono la Polonia. Esplode la Prima Guerra Mondiale. Lavora nella pastorale giovanile in tempi difficili, la propaganda del regime imperversa: diventa direttore dei Pueri Cantores. I giovani lo ammirano per la sua coerenza, per la freschezza della fede, la forza della sua speranza: Cristo è la sua roccia.E’ un prete che proclama senza paura il Vangelo: tanto che il regime nazista considera “malefica” la sua influenza sui giovani. Così a 27 anni viene deportato a Dachau. Nell’inferno del lager cerca di portare un po’ di serenità tra gli altri prigionieri: organizza incontri di preghiera e letture bibliche, ma anche giochi: fa l’acrobata, cammina sulle mani. Incoraggia tutti, aiuta i più deboli. Con un amico prete prende questo impegno: «Non ci lamenteremo mai. Non dimenticheremo neanche per un attimo il nostro sacerdozio». Si ammala di tifo: in fin di vita chiede di prendere la Comunione. Il carceriere risponde: “Vuoi Cristo? Riceverai un’iniezione letale”. Alois viene ucciso il 3 febbraio 1943: ha 28 anni. Il Papa ieri al Regina Caeli lo ha ricordato così:
“Lodiamo il Signore per questo eroico testimone della fede, che si aggiunge alla schiera di quanti hanno dato la vita nel nome di Cristo nei campi di concentramento. Vorrei affidare alla loro intercessione … la causa della pace nel mondo”.
Padre Stephan Delan, parroco di Radibor, così risponde a chi definisce il nuovo Beato un campione della Resistenza:
R. – Ein Widerstandskämpfer? Na gut und schön, aber das ist ein biβchen wenig, …
Un campione della Resistenza? Sì, ma è un po’ poco. Così non lo si comprende. Non è uno che sale armato sulle barricate, al contrario. Era una persona buona, buono e aperto nei riguardi di tutti, ma anche una persona critica, che ha analizzato a fondo quello che stava accadendo. La sua è una resistenza che nasce dalla fede, perché lui vedeva che quel regime dava un’immagine dell’uomo che non era quella giusta, e in quanto cristiano non poteva che rifiutarla!
Alois Andritzki, un anno prima della morte, così scrive dal lager al suo parroco di Radibor:
«Se il Signore apparentemente ha allontanato il suo volto da noi e veniamo per così dire schiacciati a terra, non lasciamoci smarrire nell’amore del nostro Padre Celeste. Se ora non possiamo essere i seminatori cerchiamo di essere almeno il seme, per portare abbondanza di frutti al tempo della raccolta».
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