domenica, maggio 29, 2011
La legge sulla cittadinanza è inadeguata e le seconde generazioni ne pagano le conseguenze

della nostra corrispondente Daniela Vitolo

In Italia sono circa un milione i ragazzi e le ragazze della cosiddetta seconda generazione, ovvero figli di immigrati nati però nel nostro Paese, per i quali non è semplice ottenere la cittadinanza. Questo per loro significa vedersi negato il diritto di essere riconosciuti italiani pur sentendosi tali. Ma spesso significa anche vivere e progettare il proprio futuro nell’incertezza e nell’instabilità legate al periodico rinnovo del permesso di soggiorno. Tutto questo in un contesto in cui chi ha gli occhi a mandorla o la pelle scura è ancora considerato uno straniero…

Bassam Elsaid è nato a Torino 24 anni fa da genitori egiziani, ha sempre vissuto a Cuneo, ma non è cittadino italiano. Secondo la legge vigente chi è nato nel nostro Stato da genitori di nazionalità estera non può avere la cittadinanza italiana fino al compimento dei 18 anni. A partire da quel momento ha un anno di tempo per farne richiesta. Perchè la domanda sia accettata è necessario dimostrare di aver risieduto nel territorio nazionale dalla nascita al compimento della maggiore età. I genitori di Bassam hanno vissuto in Italia senza il permesso di soggiorno fino a quando lui ha compiuto un anno di età, dunque secondo i documenti ufficiali ha vissuto in Italia per 17 anni. Per questa ragione gli viene negata la cittadinanza. Non potendo percorrere questa strada il ragazzo ha un’altra possibilità: richiedere la cittadinanza per naturalizzazione, che si ottiene dopo aver risieduto almeno dieci anni nel Paese e dopo avervi lavorato per almeno tre anni accumulando un determinato reddito. Bassam è uno studente universitario e per lui risulta difficile soddisfare quest’ultimo requisito, ma non avendo altra alternativa presenta comunque la domanda che, per ragioni tecniche, non potrà avere risposta prima del 2012. Ma in quella data Bassam potrebbe già essere in carcere in Egitto: avendo attualmente la cittadinanza egiziana infatti, in quel Paese deve rispondere all’obbligo di leva. Nel 2006 ha versato allo Stato egiziano 4500 euro per ottenere una proroga al servizio militare in quanto studente. La proroga scadrà a luglio, al compimento dei 25 anni, ma in quella data a Bassam scadrà anche il passaporto e, di conseguenza, il permesso di soggiorno. A quel punto se dovesse recarsi in Egitto per rinnovare il passaporto sarebbe arrestato in quanto disertore e condannato a un anno di carcere. Restando in Italia diventerebbe clandestino e quindi rischierebbe di essere espulso. Una bella prospettiva!

Bassam, che abbiamo intervistato, ha le idee chiare sulla situazione italiana. Definisce medievale la legge che priva i giovani di seconda generazione di un loro diritto. Sono giovani che, come lui, si sentono italiani ma sono discriminati dalla norma attuale. Per questo ritiene che la legge vada modificata per rendere più facile l’accesso alla cittadinanza, e la modifica dovrebbe riguardare i criteri di attribuzione della cittadinanza che potrebbero fondarsi su requisiti di merito e sul livello di integrazione raggiunto. Una legge maggiormente adatta all’attuale realtà italiana, in cui il numero di figli di immigrati nati e cresciuti nel Paese è destinata ad aumentare, non dovrebbe essere dissociata da un’attenta politica di integrazione cui l’Italia non ha ancora dato vita. Secondo Bassam l’Italia non si è accorta di possedere una grande ricchezza, costituita proprio dalle seconde generazioni. Ognuno dei ragazzi che ne fa parte, infatti, è un prezioso ponte tra due culture e quindi tra due Paesi. Simili figure saranno fondamentali in un mondo sempre più globalizzato e in cui i flussi migratori diventeranno un fenomeno ancora più diffuso e di maggiore intensità.

La storia e le parole di Bassam potrebbero essere una chiara dimostrazione del fatto che è necessario cambiare la legge in materia di acquisizione della cittadinanza se si vuole evitare che una fascia della popolazione italiana rischi di fatto di essere tagliata fuori dalla vita sociale, culturale e politica del Paese. Non bisogna dimenticare che tutti quei giovani che per ragioni burocratiche non ottengono la cittadinanza in quanto stranieri subiscono privazioni e limitazioni notevoli. Ad esempio non possono votare o accedere a cariche pubbliche. Con la norma vigente lo Stato marginalizza e tende ad escludere tali giovani di seconda generazione, e dunque agisce in maniera contraria a qualunque logica dell’integrazione. Quando ci si chiede se l’Italia è un Paese razzista, forse è bene che ci si interroghi sul ruolo che lo Stato svolge a tal proposito: negare la cittadinanza ad una persona che si sente e dimostra di essere italiana significa da un lato dire a questa persona che per l’Italia è uno straniero, dall’altro trasmettere agli italiani un messaggio di chiusura.

È presente 1 commento

driss ha detto...

si,purtroppo anch'io vivo lo stesso problema per i miei figli,sono nati a sesto san giovanni e abito da 22 anni a cinisello balsamo
ho presentato la demanda di cittadinanza nel 2007 fin'adesso nn ho recevuto niente,ma si vado anche sul sito inteno.it niente tuttu ambiguo nn si capice nienteda un anno che leggo la stessa cosa poco chiara e nn dice niente vorrei capire che e che mi pò dare una respostavisto che il numero verde nnva piu

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