Un tribunale nel nord dell'Argentina ha condannato all'ergastolo otto ex-ufficiali accusati di aver ucciso degli attivisti disarmati negli anni in cui il Paese era guidato dalla Giunta militare
PeaceReporter - Il 13 dicembre 1976, ventidue persone - per la maggior parte membri del gruppo dei Montoneros - sono stati torturati e uccisi dopo essersi arresi all'esercito. L'episodio del massacro prende il nome dall città di Margarita Belen, dove si è verificato. Il processo è durato circa un anno, al termine del quale il tribunale della provincia di Chaco ha inflitto agli imputati la massima pena, con accuse di crimini contro l'umanità. La difesa ha cercato a lungo di dimostrare che le vittime erano in realtà ribelli armati, che hanno teso un'imboscata a un convoglio dell'esercito. Durante il processo è emerso invece che l'esercito ha riunito un gruppo di guerriglieri disarmati e di attivisti, portati nella periferia di Margarita Belen e poi uccisi.
Applausi in aula quando i giudici hanno letto la sentenza. "Alcuni settori della società - ha commentato Dafne Zamudio, figlia di una delle vittime - credevano alla versione dell'imboscata e giustificavano le uccisioni. Questo processo ha dimostrato che sono stati freddati".
PeaceReporter - Il 13 dicembre 1976, ventidue persone - per la maggior parte membri del gruppo dei Montoneros - sono stati torturati e uccisi dopo essersi arresi all'esercito. L'episodio del massacro prende il nome dall città di Margarita Belen, dove si è verificato. Il processo è durato circa un anno, al termine del quale il tribunale della provincia di Chaco ha inflitto agli imputati la massima pena, con accuse di crimini contro l'umanità. La difesa ha cercato a lungo di dimostrare che le vittime erano in realtà ribelli armati, che hanno teso un'imboscata a un convoglio dell'esercito. Durante il processo è emerso invece che l'esercito ha riunito un gruppo di guerriglieri disarmati e di attivisti, portati nella periferia di Margarita Belen e poi uccisi.Applausi in aula quando i giudici hanno letto la sentenza. "Alcuni settori della società - ha commentato Dafne Zamudio, figlia di una delle vittime - credevano alla versione dell'imboscata e giustificavano le uccisioni. Questo processo ha dimostrato che sono stati freddati".
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