Ben Alì in fuga, poteri al premier ed elezioni in sessanta giorni. Troppo presto per capire se il futuro, per i tunisini, è adesso.
di Christian Elia
PeaceReporter - Nuove elezioni presidenziali in Tunisia si "dovranno tenere entro i prossimi sessanta giorni". Lo afferma il consiglio costituzionale tunisino. Partire da qui, per ricominciare. Sembra essere questo l'unico punto fermo, assieme alla partenza di Ben Alì, della situazione in Tunisia. Il resto è molto fluido. Le ultime, convulse, ore di ieri hanno portato al potere prima il primo ministro tunisino Mohamed Ghannouchi e oggi il presidente del Parlamento di Tunisi, Fouad Mebazaa. Una svolta, quindi, nel rispetto delle regole. La stessa procedura che, a metà degli anni Ottanta, permise all'allora premier Ben Alì di prendere il posto del padre della patria Habib Bourghiba. Quella dell'impedimento a governare. Temporaneamente, però, come ha tenuto a sottolineare Ghannouchi. Il messaggio è chiaro, per chi lo vuole leggere: non è finita. Sarebbe un errore pensare che il clan Ben Alì, che ruota attorno alla seconda moglie Leila e la sua famiglia, i Trabelsi, si rassegni senza colpo ferire alla fine di un impero che è soprattutto economico. Questo sistema di potere non si può essere dissolto in una notte. La sensazione è che Ben Alì, messo di fronte all'impossibilità di tenere buona la piazza rabbiosa, abbia deciso o sia stato convinto - con le buone o con le cattive - a lasciare il Paese.
Dal suo stesso entourage. In particolare dai militari che, nelle prime ore del sommovimento e ancora oggi, pare su posizioni differenti da quelle del ministero degli Interni e della polizia. Per tutta la notte, a Tunisi e altrove, si è sparato ancora. Scontri e saccheggi, ma la gente su Facebook e Twitter, invitava i militari a proteggerla. Le immagini dei soldati che solidarizzano con la popolazione non apparivano affatto casuali. Cosa succederà adesso? Difficile dirlo, anche perché Ben Alì non svanirà come nebbia al mattino.
Aspettare, dunque. Solo i prossimi giorni chiariranno la storia di questi giorni, dei quali per ora restano i cento morti, e la cronologia della lunga notte di ieri. A un certo punto di Ben Alì non si sapeva più nulla. Un mistero che coinvolge anche l'Italia. Un volo misterioso è arrivato a Cagliari, circondato dalla polizia italiana, ed è ripartito. Si parlava del charter del presidente, rifiutato da Malta e Francia, mentre adesso è in Arabia Saudita. La conferma è arrivata questa mattina: "Abbiamo accolto Sua Eccellenza Ben Alì e la sua famiglia nel regno", riferisce un comunicato del governo citato dall'agenzia stampa ufficiale Saudi Press Agency.
Difficile orientarsi, nella giungla delle notizie incontrollate che si inseguivano nella rete e sulle radio. Resta la notizia più importante: il popolo tunisino, da ieri, sente di aver urlato tutta la sua rabbia. Un segnale positivo, che avrà fatte trmare i polsi di tante dittature sclerotizzate. I tempi, però, sono davvero troppo fluidi per capire se fu vera 'rivoluzione dei gelsomini'.
di Christian EliaPeaceReporter - Nuove elezioni presidenziali in Tunisia si "dovranno tenere entro i prossimi sessanta giorni". Lo afferma il consiglio costituzionale tunisino. Partire da qui, per ricominciare. Sembra essere questo l'unico punto fermo, assieme alla partenza di Ben Alì, della situazione in Tunisia. Il resto è molto fluido. Le ultime, convulse, ore di ieri hanno portato al potere prima il primo ministro tunisino Mohamed Ghannouchi e oggi il presidente del Parlamento di Tunisi, Fouad Mebazaa. Una svolta, quindi, nel rispetto delle regole. La stessa procedura che, a metà degli anni Ottanta, permise all'allora premier Ben Alì di prendere il posto del padre della patria Habib Bourghiba. Quella dell'impedimento a governare. Temporaneamente, però, come ha tenuto a sottolineare Ghannouchi. Il messaggio è chiaro, per chi lo vuole leggere: non è finita. Sarebbe un errore pensare che il clan Ben Alì, che ruota attorno alla seconda moglie Leila e la sua famiglia, i Trabelsi, si rassegni senza colpo ferire alla fine di un impero che è soprattutto economico. Questo sistema di potere non si può essere dissolto in una notte. La sensazione è che Ben Alì, messo di fronte all'impossibilità di tenere buona la piazza rabbiosa, abbia deciso o sia stato convinto - con le buone o con le cattive - a lasciare il Paese.
Dal suo stesso entourage. In particolare dai militari che, nelle prime ore del sommovimento e ancora oggi, pare su posizioni differenti da quelle del ministero degli Interni e della polizia. Per tutta la notte, a Tunisi e altrove, si è sparato ancora. Scontri e saccheggi, ma la gente su Facebook e Twitter, invitava i militari a proteggerla. Le immagini dei soldati che solidarizzano con la popolazione non apparivano affatto casuali. Cosa succederà adesso? Difficile dirlo, anche perché Ben Alì non svanirà come nebbia al mattino.
Aspettare, dunque. Solo i prossimi giorni chiariranno la storia di questi giorni, dei quali per ora restano i cento morti, e la cronologia della lunga notte di ieri. A un certo punto di Ben Alì non si sapeva più nulla. Un mistero che coinvolge anche l'Italia. Un volo misterioso è arrivato a Cagliari, circondato dalla polizia italiana, ed è ripartito. Si parlava del charter del presidente, rifiutato da Malta e Francia, mentre adesso è in Arabia Saudita. La conferma è arrivata questa mattina: "Abbiamo accolto Sua Eccellenza Ben Alì e la sua famiglia nel regno", riferisce un comunicato del governo citato dall'agenzia stampa ufficiale Saudi Press Agency.
Difficile orientarsi, nella giungla delle notizie incontrollate che si inseguivano nella rete e sulle radio. Resta la notizia più importante: il popolo tunisino, da ieri, sente di aver urlato tutta la sua rabbia. Un segnale positivo, che avrà fatte trmare i polsi di tante dittature sclerotizzate. I tempi, però, sono davvero troppo fluidi per capire se fu vera 'rivoluzione dei gelsomini'.
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