Il 2011 sarà un anno di elezioni importanti in Africa, per questo il golpe di Gbagbo non va tollerato. Per questo l'Ecowas si prepara a intervenire.
di Alberto Tundo
PeaceReporter - Hanno lasciato che la minaccia rimanesse sospesa lì, a mezz'aria: intervenire militarmente per rovesciare il governo della Costa d'Avorio dell'ex presidente golpista Laurent Gbagbo. Adesso sembrerebbe che qualcosa si stia muovendo. L'Ecowas, la Comunità di stati dell'Africa occidentale, è passata dalle semplici minacce alla pianificazione strategica. Martedì 18, i vertici militari dei Paesi membri dell'organizzazione si sono incontrati a Bamako, nel Mali, per mettere a punto l'intervento. Il documento perfezionato e sul quale si è giunti ad un accordo ha preso corpo dalla bozza che era stata preparata a dicembre e, per quanto è dato saperne, prevede un'operazione a guida nigeriana, con l'impiego di uno squadrone da combattimento, appoggiato da elicotteri d'attacco e una unità per le comunicazioni. Resta aperta l'opzione di schierare le forze speciali e di predisporre anche un blocco navale, per indurre Gbagbo a più miti consigli. Prima di ogni cosa però, hanno stabilito i generali, è necessaria un'operazione di evacuazone dei civili provenienti dai Paesi che parteciperebbero all'invasione: il rischio che le forze di sicurezza del regime possano rifarsi su di loro, è troppo alto. Proprio a questo scopo, come già scritto da Peacereporter, sarebbe stata fatta avvicinare alla costa ivoriana una nave olandese, l'Amsterdam. La deadline, ammesso che ce ne sia una, non è stata resa pubblica, ma ad Abidjan fonti vicine al presidente legittimo, Alassane Ouattara, confinato in un albergo del centro, danno l'operazione per sicura, fissandone l'inizio a breve.
La posta in gioco, dopotutto, è molto alta e per l'Ecowas il prezzo di un bluff smascherato sarebbe inaccettabile. Lo stesso discorso vale per l'Unione Africana. I sostenitori dell'intervento armato hanno dalla loro buoni argomenti, quelli che fonti diplomatiche hanno confermato a Peacereporter: per l'Ecowas e l'Unione Africana il golpe ivoriano deve rientrare subito e non è tanto una questione di difesa della democrazia in astratto ma un esercizio di comprensibile e pragmatico utilitarismo: il 2011 per l'Africa sarà un anno ad alta tensione, da un punto di vista elettorale. Si terranno infatti ben 27 votazioni in 18 Paesi, alcune delle quali estremamente importanti, come le elezioni di aprile in Nigeria (Parlamento e presidenza), in Egitto (presidenziali di settembre), senza contare quelle in Zambia, per le quali manca ancora una data, ma soprattutto in Zimbabwe, dove il governo di unità nazionale è agonizzante, quando non ancora morto. L'ipotesi sulla quale hanno ragionato politici, diplomatici e analisti è che la Costa d'Avorio possa fornire un precedente pericoloso, che se replicato su vasta scala avrebbe esiti terrificanti per l'intero continente. Qui è avvenuto un cortocircuito: elezioni libere e corrette hanno prodotto un esito che è stato sconfessato dall'esecutivo uscente, il quale, forte del controllo di esercito, polizia e di organi di assoluto rilievo, come la Corte costituzionale, è riuscito a rovesciare il risultato.
La crescita economica ha bisogno di stabilità politica, la quale a sua volta necessita di un consenso diffuso circa le regole della competizione democratica nonché di fiducia reciproca tra gli attori. La violenza nella Rift Valley in Kenya e la guerra civile sfiorata in Zimbabwe nel 2008 dimostrano quanto sia delicata la questione e come sia facile che delle elezioni che pure si sono svolte ordinatamente possano generare un incendio. Non serve, dopo, negoziare soluzioni pasticciate come i governi di unità nazionale: non funzionano. La bomba va disinnescata prima. La Costa d'Avorio è diventata, suo malgrado, un caso test. Lo sa l'Ecowas. Non è un caso, infatti, che il presidente nigeriano Goodluck Jonathan abbia convocato una riunione d'emergenza dei capi di stato dell'organizzazione, svoltasi all'aereoporto di Abuja, non appena si sono avute le prime avvisaglie del golpe in atto. Lo sa bene anche l'Unione Africana, che si è fatta sentire dopo il fallimento della prima missione diplomatica di tre rappresentanti dell'Ecowas. Per questo l'idea di un intervento armato a sostegno del legittimo vincitore è un'ipotesi che prende corpo ogni giorno di più.
di Alberto TundoPeaceReporter - Hanno lasciato che la minaccia rimanesse sospesa lì, a mezz'aria: intervenire militarmente per rovesciare il governo della Costa d'Avorio dell'ex presidente golpista Laurent Gbagbo. Adesso sembrerebbe che qualcosa si stia muovendo. L'Ecowas, la Comunità di stati dell'Africa occidentale, è passata dalle semplici minacce alla pianificazione strategica. Martedì 18, i vertici militari dei Paesi membri dell'organizzazione si sono incontrati a Bamako, nel Mali, per mettere a punto l'intervento. Il documento perfezionato e sul quale si è giunti ad un accordo ha preso corpo dalla bozza che era stata preparata a dicembre e, per quanto è dato saperne, prevede un'operazione a guida nigeriana, con l'impiego di uno squadrone da combattimento, appoggiato da elicotteri d'attacco e una unità per le comunicazioni. Resta aperta l'opzione di schierare le forze speciali e di predisporre anche un blocco navale, per indurre Gbagbo a più miti consigli. Prima di ogni cosa però, hanno stabilito i generali, è necessaria un'operazione di evacuazone dei civili provenienti dai Paesi che parteciperebbero all'invasione: il rischio che le forze di sicurezza del regime possano rifarsi su di loro, è troppo alto. Proprio a questo scopo, come già scritto da Peacereporter, sarebbe stata fatta avvicinare alla costa ivoriana una nave olandese, l'Amsterdam. La deadline, ammesso che ce ne sia una, non è stata resa pubblica, ma ad Abidjan fonti vicine al presidente legittimo, Alassane Ouattara, confinato in un albergo del centro, danno l'operazione per sicura, fissandone l'inizio a breve.
La posta in gioco, dopotutto, è molto alta e per l'Ecowas il prezzo di un bluff smascherato sarebbe inaccettabile. Lo stesso discorso vale per l'Unione Africana. I sostenitori dell'intervento armato hanno dalla loro buoni argomenti, quelli che fonti diplomatiche hanno confermato a Peacereporter: per l'Ecowas e l'Unione Africana il golpe ivoriano deve rientrare subito e non è tanto una questione di difesa della democrazia in astratto ma un esercizio di comprensibile e pragmatico utilitarismo: il 2011 per l'Africa sarà un anno ad alta tensione, da un punto di vista elettorale. Si terranno infatti ben 27 votazioni in 18 Paesi, alcune delle quali estremamente importanti, come le elezioni di aprile in Nigeria (Parlamento e presidenza), in Egitto (presidenziali di settembre), senza contare quelle in Zambia, per le quali manca ancora una data, ma soprattutto in Zimbabwe, dove il governo di unità nazionale è agonizzante, quando non ancora morto. L'ipotesi sulla quale hanno ragionato politici, diplomatici e analisti è che la Costa d'Avorio possa fornire un precedente pericoloso, che se replicato su vasta scala avrebbe esiti terrificanti per l'intero continente. Qui è avvenuto un cortocircuito: elezioni libere e corrette hanno prodotto un esito che è stato sconfessato dall'esecutivo uscente, il quale, forte del controllo di esercito, polizia e di organi di assoluto rilievo, come la Corte costituzionale, è riuscito a rovesciare il risultato.
La crescita economica ha bisogno di stabilità politica, la quale a sua volta necessita di un consenso diffuso circa le regole della competizione democratica nonché di fiducia reciproca tra gli attori. La violenza nella Rift Valley in Kenya e la guerra civile sfiorata in Zimbabwe nel 2008 dimostrano quanto sia delicata la questione e come sia facile che delle elezioni che pure si sono svolte ordinatamente possano generare un incendio. Non serve, dopo, negoziare soluzioni pasticciate come i governi di unità nazionale: non funzionano. La bomba va disinnescata prima. La Costa d'Avorio è diventata, suo malgrado, un caso test. Lo sa l'Ecowas. Non è un caso, infatti, che il presidente nigeriano Goodluck Jonathan abbia convocato una riunione d'emergenza dei capi di stato dell'organizzazione, svoltasi all'aereoporto di Abuja, non appena si sono avute le prime avvisaglie del golpe in atto. Lo sa bene anche l'Unione Africana, che si è fatta sentire dopo il fallimento della prima missione diplomatica di tre rappresentanti dell'Ecowas. Per questo l'idea di un intervento armato a sostegno del legittimo vincitore è un'ipotesi che prende corpo ogni giorno di più.
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