Il ragazzo, arrestato ieri, aveva ammesso la sua responsabilità, dichiarando che si era però trattato di un incidente. Oggi, la smentita: la sua confessione sarebbe arrivata sotto coercizione della polizia. Il padre: “Mi dispiace per le vittime dell’incendio, ma mio figlio non pagherà il prezzo di questa tragedia”.
Haifa (AsiaNews/Agenzie) – Ancora non si trovano i responsabili del terribile incendio che ha devastato il monte Carmelo. La polizia israeliana ha rilasciato questa mattina il ragazzo di 14 anni, originario di Usfiya, arrestato ieri perché sospettato di aver appiccato l’incendio. Il giovane, che sembrava aver ammesso la sua responsabilità durante l’interrogatorio, ha dichiarato oggi di aver confessato tutto sotto coercizione.
Il ragazzo aveva raccontato di essersi recato nella foresta il 2 dicembre scorso, quando è scoppiato l’incendio, per fumare il narghilè. Quando si è accorto che il carbone gettato via era ancora acceso e la radura stava prendendo fuoco, è stato colto dal panico: ha detto di essere scappato e corso a scuola, senza raccontare niente a nessuno.
Durante le ore di fermo, il padre del giovane ha sempre ribadito l’innocenza del figlio: “Non so cosa la polizia gli abbia fatto, ma lui aveva paura ed era stressato”, ha raccontato mentre aspettava, fuori dalla stazione di polizia di Haifa, di poter prendere il ragazzo e riportarlo a casa. “All’inizio, non è stato in grado di dire in maniera esatta dove aveva gettato la brace. Questo dimostra che la sua confessione è stata guidata”. E ha aggiunto: “Mi dispiace per le vittime dell’incendio, ma mi rifiuto di lasciare che mio figlio paghi il prezzo di questa tragedia”.
La polizia ha chiesto al giovane di tenersi a disposizione, e ha sottolineato che l’inchiesta non è finita.
Ieri il tribunale di Haifa ha rilasciato due fratelli, 14 e 16 anni, i primi a essere sospettati di aver appiccato il fuoco. I familiari dei giovani, al momento del loro arresto, avevano negato con veemenza la colpevolezza dei figli, definendoli dei “bravi ragazzi”.
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Durante le ore di fermo, il padre del giovane ha sempre ribadito l’innocenza del figlio: “Non so cosa la polizia gli abbia fatto, ma lui aveva paura ed era stressato”, ha raccontato mentre aspettava, fuori dalla stazione di polizia di Haifa, di poter prendere il ragazzo e riportarlo a casa. “All’inizio, non è stato in grado di dire in maniera esatta dove aveva gettato la brace. Questo dimostra che la sua confessione è stata guidata”. E ha aggiunto: “Mi dispiace per le vittime dell’incendio, ma mi rifiuto di lasciare che mio figlio paghi il prezzo di questa tragedia”.
La polizia ha chiesto al giovane di tenersi a disposizione, e ha sottolineato che l’inchiesta non è finita.
Ieri il tribunale di Haifa ha rilasciato due fratelli, 14 e 16 anni, i primi a essere sospettati di aver appiccato il fuoco. I familiari dei giovani, al momento del loro arresto, avevano negato con veemenza la colpevolezza dei figli, definendoli dei “bravi ragazzi”.
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