Ridare speranza ad una città ferita: questo è uno degli obiettivi del Giubileo per Napoli aperto giovedì scorso dal cardinale arcivescovo Crescenzio Sepe con una grande fiaccolata cui hanno partecipato migliaia di persone: rappresentanti di associazioni e movimenti cristiani, ma anche non credenti, persone impegnate nel sociale, immigrati e cittadini comuni.
RadioVaticana - D. - Eminenza, lei nel discorso di apertura ha ricordato che la città di Napoli è sepolta sotto cumuli d’immondizia, sfregiata dalla malavita, offesa dalla piaga della disoccupazione, abusata dall’illegalità diffusa, usata da quanti l’hanno abbandonata al suo degrado ed ha chiesto proprio un impegno programmatico per ridare la speranza del Giubileo alla città. Ci sono già proposte concrete?R. - Sì. Nel discorso ho anche detto che in questo senso noi non partiamo da zero, perché in questi giorni - dopo che è stato fatto l’annuncio del Giubileo - molti si sono offerti per collaborare, per cercare di realizzare dei progetti concreti. Affrontare soprattutto quello che è il dramma dei drammi, se così può essere definita la disoccupazione, la mancanza di lavoro, che possa essere non dico risolto, perché non abbiamo bacchette magiche, ma che certamente si può aiutare ad eliminare, perché questo male affligge un po’ tutta la nostra comunità.
D. - Lei ha detto anche: “Napoli non è solo spazzatura, non è solo camorra, non è solo traffico caotico. Noi sappiamo che esiste ancora la forza di una fede genuina, della condivisione dell’accoglienza”. Su cosa basa questa sua fiducia di pastore?
R. - Dalla constatazione che faccio ogni giorno nel contattare non solo i rappresentanti delle istituzioni ma anche la gente. La gente ha tanta voglia, è disponibile a dare tutta se stessa, perché ha un animo aperto. Ma soprattutto, la mia fiducia si basa sulle tante eccellenze che sono presenti a Napoli e che possono realmente far voltare pagina. Dicevo sì che la città è ferita ma non si tratta di una ferita mortale: ci possiamo riprendere, riscrivere una nuova pagina, aprire le nostre porte per far respirare una nuova primavera alla nostra città.
D. - Concludendo la fiaccolata, giovedì 16 dicembre, lei ha detto anche: “Stasera inizia il tempo di fare rete. Siamo qui perché non vogliamo permettere ad alcuno di rubarci la speranza”. Lei sente forte quest’esigenza di mettere insieme la tanta brava gente che c’è a Napoli e dintorni, che vuole lottare per la dignità ed il decoro del territorio…
R. - E’ una chiamata alla corresponsabilità. La Chiesa si fa cioè promotrice, ma è anche cosciente che da sola non può risolvere i tanti problemi. Se noi interagiamo, se camminiamo insieme e soprattutto se ci sentiamo attori partecipi ed attivi di questo progetto, allora possiamo incidere non solo su quelli che possono essere progetti ma anche sulla sensibilità di uno stile di vita, di un modo di essere, un modo di pensare e di agire che deve sollevarci dal degrado in cui siamo caduti.
D. - L’idea di questo Giubileo è stata molto apprezzata dal capo dello Stato, il presidente Napolitano, come anche da Papa Benedetto XVI, che le ha inviato un messaggio proprio per l’apertura del Giubileo. Nel messaggio, il Papa sottolinea l’urgenza della formazione umana e cristiana dei ragazzi e dei giovani, che sono esposti ai rischi della devianza. So che è anche una sua forte preoccupazione…
R. - Sì. Noi abbiamo avuto un forte sostegno morale sia dal presidente della Repubblica sia dal Santo Padre. Due messaggi fondamentali perché costituiscono certamente la base su cui vogliamo iniziare a costruire. Hanno sostenuto lo spirito ma saranno dei punti di riferimento continui nella nostra programmazione giubilare. E’ tutto incentrato su cosa, in fondo? Su quella che è la sfida educativa, cioè qualcosa che nel magistero di Papa Benedetto XVI - magistero anche dei vescovi italiani - è stato posto al centro come necessità di costruire una città, costruire una persona non sulle sabbie mobili dell’effimero, dell'individualismo o del campanilismo ma sulla roccia, che è Cristo, che dà senso e contenuto a questi valori cristiani, civili e sociali. Quindi, sia l’intervento del presidente della Repubblica sia quello del Santo Padre, per noi, sono stati e saranno una forza per andare avanti con speranza.
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