Un rapporto di Chrd denuncia l’assoluto controllo sulla vita delle donne a causa della legge del figlio unico: visite ginecologiche forzate; aborti fino al nono mese; sterilizzazioni; impianti contraccettivi. L’arbitrio dei capi locali che usano le multe per arricchirsi. La legge del figlio unico “ancora per 5 anni” almeno.
Pe
chino (AsiaNews/Agenzie) – Le donne cinesi non hanno alcun potere di scelta sul loro corpo e sono sottoposte a continue umiliazioni e sofferenze a causa della legge sul figlio unico. Almeno tre volte all’anno devono presentarsi obbligatoriamente a una visita ginecologica (per verificare che non siano incinte); dopo il primo figlio, sono forzate a usare la spirale intrauterina; sono costrette alla sterilizzazione e all’aborto forzato (anche fino a nove mesi del feto).
È il quadro agghiacciante che emerge da un rapporto pubblicato ieri dal Chrd (China Human Rights Defenders), dal titolo “Non ho alcuna scelta sul mio proprio corpo”, che elenca le violazioni ai diritti umani subiti da uomini e donne – ma soprattutto dalle donne - a causa della legge sul figlio unico, varata 30 anni fa per il controllo drastico della popolazione.
La pubblicazione verifica la sua incidenza negli ultimi cinque anni. Sebbene da molte parti si parla di una sua edulcorazione, e vi sono voci su una sua possibile cancellazione, il rapporto mostra invece che il controllo sulla popolazione e la legge sul figlio unico sono tuttora attuati con violenza.
Il rapporto è pieno di testimonianze che mostrano:
a) la pressione che si esercita sulle donne maritate e già con un figlio, perché inseriscano la spirale o si facciano sterilizzare, privandole di ogni scelta sulla scelta dei metodi di controllo delle nascite;
b) una lunga serie di aborti forzati per tutte le donne incinte fuori delle quote previste dagli uffici per il controllo della popolazione. Molte ragazze adolescenti, coinvolte in rapporti prematrimoniali sono costrette ad abortire anche al sesto o nono mese di gravidanza. Il rapporto cita l’esempio di Liu Dan, una ragazza di Liuyang (Hunan), incinta prima dell’età del matrimonio. Il suo bambino avrebbe dovuto nascere il 5 marzo 2009. Una settimana prima di quella data, Liu è stata presa dagli impiegati del family planning e forzata ad abortire. Liu e suo figlio sono morti sul lettino della sala operatoria.
c) Uomini e donne che hanno violato la legge del figlio unico sono stati puniti con detenzioni arbitrarie, battiture, multe, esproprio di beni; altri sono stati licenziati; ai loro bambini nati fuori dalla “quota” viene negata la registrazione anagrafica (e l’esclusione dalle cure sanitarie, dalla scuola, ecc..). Spesso le punizioni vengono operate anche su tutti i familiari. Tutto ciò mostra che – contrariamente a quanto la Cina giura nelle assemblee internazionali – la politica del figlio unico e il controllo sulla popolazione avviene ancora attraverso mezzi coercitivi.
Nel rapporto, si mostra che la legge non è applicata ovunque allo stesso modo, e la sua interpretazione è lasciata al volere o al sentimento dei capi locali. Ma ovunque i burocrati del family planning ricevono premi e incentivi se riescono a raggiungere le quote stabilite in sterilizzazioni, aborti, spirali, ecc…: un vero mercato sulla pelle delle persone.
Anche le multe che vengono comminate differiscono da luogo a luogo, ma rimangono una fonte importante di introiti per i governi locali, soprattutto nelle zone rurali. L’arbitrio con cui vengono maneggiate le multe apre un ampio spazio alla corruzione.
Chrd conclude il suo rapporto domandando al governo cinese di perseguire i burocrati che hanno violato i diritti dei cittadini con la scusa di attuare la legge del figlio unico, e di abolire il programma di controllo sulla popolazione.
Tale programma ha di fatto distorto la demografia della Cina, creando un grave sbilanciamento nell’equilibrio fra maschi e femmine e un rapido invecchiamento della popolazione.
Proprio alcuni giorni fa, il 20 dicembre, il capo del family planning a Pechino, Li Bin, ha ribadito che la politica del figlio unico resterà immutata almeno “per i prossimi cinque anni”.
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chino (AsiaNews/Agenzie) – Le donne cinesi non hanno alcun potere di scelta sul loro corpo e sono sottoposte a continue umiliazioni e sofferenze a causa della legge sul figlio unico. Almeno tre volte all’anno devono presentarsi obbligatoriamente a una visita ginecologica (per verificare che non siano incinte); dopo il primo figlio, sono forzate a usare la spirale intrauterina; sono costrette alla sterilizzazione e all’aborto forzato (anche fino a nove mesi del feto).È il quadro agghiacciante che emerge da un rapporto pubblicato ieri dal Chrd (China Human Rights Defenders), dal titolo “Non ho alcuna scelta sul mio proprio corpo”, che elenca le violazioni ai diritti umani subiti da uomini e donne – ma soprattutto dalle donne - a causa della legge sul figlio unico, varata 30 anni fa per il controllo drastico della popolazione.
La pubblicazione verifica la sua incidenza negli ultimi cinque anni. Sebbene da molte parti si parla di una sua edulcorazione, e vi sono voci su una sua possibile cancellazione, il rapporto mostra invece che il controllo sulla popolazione e la legge sul figlio unico sono tuttora attuati con violenza.
Il rapporto è pieno di testimonianze che mostrano:
a) la pressione che si esercita sulle donne maritate e già con un figlio, perché inseriscano la spirale o si facciano sterilizzare, privandole di ogni scelta sulla scelta dei metodi di controllo delle nascite;
b) una lunga serie di aborti forzati per tutte le donne incinte fuori delle quote previste dagli uffici per il controllo della popolazione. Molte ragazze adolescenti, coinvolte in rapporti prematrimoniali sono costrette ad abortire anche al sesto o nono mese di gravidanza. Il rapporto cita l’esempio di Liu Dan, una ragazza di Liuyang (Hunan), incinta prima dell’età del matrimonio. Il suo bambino avrebbe dovuto nascere il 5 marzo 2009. Una settimana prima di quella data, Liu è stata presa dagli impiegati del family planning e forzata ad abortire. Liu e suo figlio sono morti sul lettino della sala operatoria.
c) Uomini e donne che hanno violato la legge del figlio unico sono stati puniti con detenzioni arbitrarie, battiture, multe, esproprio di beni; altri sono stati licenziati; ai loro bambini nati fuori dalla “quota” viene negata la registrazione anagrafica (e l’esclusione dalle cure sanitarie, dalla scuola, ecc..). Spesso le punizioni vengono operate anche su tutti i familiari. Tutto ciò mostra che – contrariamente a quanto la Cina giura nelle assemblee internazionali – la politica del figlio unico e il controllo sulla popolazione avviene ancora attraverso mezzi coercitivi.
Nel rapporto, si mostra che la legge non è applicata ovunque allo stesso modo, e la sua interpretazione è lasciata al volere o al sentimento dei capi locali. Ma ovunque i burocrati del family planning ricevono premi e incentivi se riescono a raggiungere le quote stabilite in sterilizzazioni, aborti, spirali, ecc…: un vero mercato sulla pelle delle persone.
Anche le multe che vengono comminate differiscono da luogo a luogo, ma rimangono una fonte importante di introiti per i governi locali, soprattutto nelle zone rurali. L’arbitrio con cui vengono maneggiate le multe apre un ampio spazio alla corruzione.
Chrd conclude il suo rapporto domandando al governo cinese di perseguire i burocrati che hanno violato i diritti dei cittadini con la scusa di attuare la legge del figlio unico, e di abolire il programma di controllo sulla popolazione.
Tale programma ha di fatto distorto la demografia della Cina, creando un grave sbilanciamento nell’equilibrio fra maschi e femmine e un rapido invecchiamento della popolazione.
Proprio alcuni giorni fa, il 20 dicembre, il capo del family planning a Pechino, Li Bin, ha ribadito che la politica del figlio unico resterà immutata almeno “per i prossimi cinque anni”.
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