venerdì, ottobre 29, 2010
Tagli, blocco delle assunzioni, contratti congelati, freni e limitazioni per i lavoratori del settore pubblico: dalla sanità alla scuola, dai ministeri agli enti locali, compreso province, forze dell’ordine e magistratura. Il servizio pubblico rischia di subire pesanti limitazioni causando ritardi e disservizi all’utenza?

del nostro collaboratore redazionale Stefano Buso

Tempi acerbi per chi lavora nel pubblico, a causa delle misure messe in atto dal Governo per contenere la spesa e salvaguardare così il risparmio dello Stato. Si è calcolato che entro tre anni (verosimilmente attorno al 2013) si ridurranno ulteriormente altre decine di migliaia posti di lavoro, tra l’altro già in forte calo da qualche anno. Una cifra importante che alla fine potrebbe penalizzare i servizi erogati dalla pubblica amministrazione. I dati forniti dal Ministero della Funzione Pubblica affiancati alla relazione dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) confermano quanto scritto. Restando nell’ordine di cifre e numeri, la flessione occupazionale sarà circa dell’8%. Naturalmente tale ragionamento si inserisce in uno scenario di cambiamenti mutevoli, perciò questi dettagli potrebbero oscillare ancora.

A differenza di quanto avveniva un tempo, i prossimi pensionamenti non garantiranno quello che in “gergo occupazionale” è detto turn over, in pratica nuove assunzioni necessarie a mantenere un servizio operativo ed efficiente. Questi dati richiamano l’attenzione su quello che è lo “stato di salute” della pubblica amministrazione, infondendo preoccupazione e malcontento.

Il lavoro pubblico è ovviamente disparato, e comprende varie mansioni, ruoli e funzioni in tantissimi contesti: la scuola, gli ospedali, le forze dell’ordine, la magistratura, i ministeri, le regioni, le province e i comuni. Contenere la spesa equivale ad attuare drastici tagli, con le inevitabili ripercussioni per la comunità. È indubbio che per decenni la pubblica collocazione abbia rappresentato un’opportunità d’inserimento per intere generazioni, al punto da sfociare in esuberi e discrepanze. Eppure, non è opportuno escogitare all’improvviso soluzioni che vanno a mettere in difficoltà sia chi resta nel proprio posto di lavoro che l’utenza. Basti pensare ai padiglioni ospedalieri che all’improvviso accuseranno una fuoriuscita di medici, infermieri e operatori sanitari. Con meno personale come faranno per esempio le direzioni sanitarie dei nosocomi a garantire turni, prestazioni e cure ai degenti?

E poi la scuola – da qualche tempo nell’occhio del ciclone per i tagli al personale – gli uffici regionali, provinciali e quelli più decentrati: ridurre i posti di lavoro non rimpiazzando chi va in quiescenza significa metter in difficoltà la macchina amministrativa, e quindi fornire al cittadino-utente un servizio del tutto discutibile e scadente.

Da anni le organizzazioni sindacali propongono un miglior utilizzo delle risorse disponibili attualmente occupate nel comparto pubblico. In particolar modo utilizzando un criterio importante, quello cioè dell’uso corretto dei ruoli e delle rispettive competenze, evitando così di omogeneizzare il lavoro pubblico come un unicum, e valutando altresì problematiche e peculiarità di ogni categoria. Va da sé che il servizio svolto da un tutore dell’ordine o da un infermiere in un ospedale sono differenti da quello del personale impiegatizio. Lavoro, turnazioni, competenze e carichi di lavoro non sono mai uniformi. In ogni caso, deve essere chiaro un aspetto fondamentale: l’efficienza di uno stato moderno si misura dal funzionamento della sua macchina amministrativa, dai servizi erogati, e da tutte le attività ad essa riconducibili. Minori sprechi e parsimonia sono senz’altro un buon intento e un obiettivo da perseguire, come altresì l’uso oculato delle risorse patrimoniali, senza però cagionare crucci e affanni. La strada da percorrere rimane quella della concertazione con le controparti sindacali e i lavoratori e un uso corretto di tutti gli operatori. I servizi pubblici erogati sono senz’altro fondamentali in una società dove diritti e tutele devono esser sempre al primo posto.


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