sabato, ottobre 30, 2010
del nostro collaboratore Gennaro Iasevoli, psicologo e docente di psicologia giuridica presso l'università Parthenope di Napoli

Per sconfiggere la depressione occorre orientare la mente su nuove piste, dedicandosi allo studio di quello che piace, non deprime e non affatica. Ma la ricerca psicologica sulla depressione, tra le tante che mi hanno appassionato, è stata da me sempre la più trascurata, purtroppo, perché ho sempre avuto una particolare urgenza per la ricerca psicoterapeutica delle psicopatologie di origine genetica, che sono diagnosticate già nei primi anni dell’età evolutiva dei ragazzi. Infatti lo studio della depressione mi è sembrato secondario rispetto ai problemi impellenti che sono presenti alla nascita, poiché generalmente subentra durante o dopo la socializzazione avanzata.

Poi nel proseguire gli studi di psicologia evolutiva, mi sono imbattuto ugualmente nell’osservazione di alcuni giovani affetti da stanchezza mentale, perdita di concentrazione, mancanza di motivazioni e di entusiasmo, con la tendenza ad opporsi ai consigli delle buone pratiche, portati a forme di chiusura, indecisione, disinformazione, decadenza culturale, auto-esclusione sociale, rallentamento dei ritmi motori, diminuzione del tono muscolare, sonnolenza, trascuratezza personale, disturbi dell’alimentazione. Per capire e decriptare questo cumulo di sintomi poco piacevoli ho cercato, per prima cosa, di ordinarli caso per caso, in ordine cronologico secondo la loro comparsa nella storia delle persone, servendomi anche della loro stessa collaborazione, nell’intento di orientarli nel raggiungimento di un miglioramento. Ho osservato molti casi in varie sedi ed in varie occasioni, ma ho scoperto una concomitanza, che voglio riportare per i lettori, derivante dal fatto che quasi tutti i soggetti depressi avevano avuto, od hanno ancora, un deludente rapporto con la formazione scolastica.

Seguendo le osservazioni, mi sono accorto infatti di un deludente rapporto che queste persone hanno avuto con la scuola nel suo complesso a causa del carattere scontroso dei propri insegnanti o delle delusioni causate dai compagni di scuola; discipline poco interessanti, modesta spendibilità del titolo di studio. Pertanto sarebbe utile e semplice chiarire, con colloqui psicologici orientanti, le insoddisfazioni scolastiche che hanno avuto tali soggetti, impegnandosi moltissimo nell’esemplificare ad essi l’importanza dell’attivazione odierna di uno studio supplementare, basato sulla ricerca di un’erudizione personale in un’area disciplinare piacevole, che sia decisamente personalizzata e quindi di proprio gradimento al fine di colmare il vuoto formatosi durante l’età scolare. Semplice, ma vero: l’orientamento può funzionare benissimo ed i sintomi sopra descritti possono quindi svanire, fino a ridursi significativamente e consentire una vita attiva ed integrata. Sarebbe la ricerca teorica personale gradita al soggetto depresso, la “medicina psicologica” utile ad attivare le pulsioni motivazionali del muoversi, dell’agire, della scoperta, della decisione e del lavoro, tanto da ridurre la tendenza alla depressione. I filosofi dell’ottocento già sapevano migliorare la psiche umana, essi selezionavano con grande cura e passione i loro strumenti operativi, affidandosi, con ottimi risultati, allo studio dell’arte, della religione e della filosofia.

Questa breve riflessione spero sia di aiuto o almeno spinga positivamente i ricercatori a risolvere con migliori strumenti sperimentali le questioni scientifiche ancora sospese sulla depressione, riesaminando il valore psicologico dell’esperienza scolastica vissuta dal soggetto. Però restano ancora da affinare i metodi psicologici per orientare la passione allo studio dilettevole ed alla ricerca personale nelle aree di gradimento, anche se trattasi di persone già abbastanza od eccezionalmente colte, affinché riescano a reintegrare più agevolmente le funzioni psichiche compromesse dalla depressione.

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