sabato, ottobre 02, 2010
Il nostro Carlo Mafera ci parla del libro edito dalla Libreria Ateneo Salesiano

«Siamo come nani sulle spalle dei giganti, sì che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non per l'acutezza della nostra vista, ma perché sostenuti e portati in alto dalla statura dei giganti». Questa frase di Bernardo di Chartres sintetizza magnificamente lo stato d’animo di noi contemporanei e uomini del 2010 che abbiamo un grande debito di riconoscenza nei confronti del Medioevo, erroneamente ritenuto come un’epoca caratterizzata da secoli bui. Infatti la più netta e severa condanna del Medio Evo fu espressa nel 700, nell’età dei lumi. Per gli Illuministi soltanto il lume della ragione è in grado di sottrarre gli uomini dalle tenebre dell’ignoranza e della superstizione e di guidarli verso la virtù e la felicità. I filosofi di quel tempo dimostrarono un profondo disprezzo verso l’oscurantismo e la barbarie del Medio Evo, che attribuirono all’insegnamento della chiesa cattolica.

Il Medioevo fu così interpretato come un periodo dominato dal fanatismo religioso e dall’incubo dei saccheggi, fame, pestilenze: “La barbarie, la superstizione e l’ignoranza ricoprivano la faccia della terra” (Voltaire). Tale luogo comune è stato rimesso in discussione da tanti storici e non ultimo è il professore Pierluigi Guiducci che si è inserito felicemente in questo filone di riabilitazione di questo lunghissimo periodo di storia che abbraccia mille anni.
Se pensiamo ai fenomeni del monachesimo nell’Alto Medioevo o a quello più recente della nascita delle Università nel Basso Medioevo e ancora alle figure dei “giganti” (già citati nella frase introduttiva) nella santità o nella cultura e in particolare in quella filosofica, ci renderemmo conto che il nostro sapere contemporaneo sarebbe stato un sapere molto ridotto se non ci fossero stati loro a conservarlo.
Tali istituzioni hanno fatto da cinghia di trasmissione di incommensurabile potenza. Sono state depositarie della cultura classica e anche della storia, della scienza, della filosofia, della teologia arricchendole fortemente. Cito a titolo esemplificativo qualcuno di essi, e così si arriva a capire la vetta raggiunta nel medioevo: San Tommaso d’Aquino dal punto di vista filosofico, e san Francesco da quello spirituale.
Anche esaminando il panorama ecclesiale, l’autore mette in evidenza la grande dinamicità della Chiesa Cattolica, sin dai primi secoli, nell’opera di penetrazione e di evangelizzazione nelle culture germaniche a testimonianza della sua dinamicità e del suo desiderio di apertura e di confronto, nonché di una capacità di rispettare la cultura del luogo, tema che venne poi risolto nei secoli successivi.
Fu un periodo di grandissime interazioni: la prima, quella tra il mondo latino e quello germanico e poi successivamente tra il mondo cristiano e quello mussulmano. Tali interazioni non furono prive di ombre: faccio riferimento per esempio alle Crociate e in particolare alla loro degenerazione quando prevalse più lo spirito di conquista che quello religioso. Ma da tali conflittualità e in particolare da quella del mondo germanico con quello latino nacque quello spirito europeo, frutto di questo incontro che venne poi fecondato dal cristianesimo il cui ruolo prezioso fu quello di un potente collante.
Anche il confronto con il mondo musulmano non fu privo di risultati positivi, come affermato dal grande storico Henry Pirenne. Nel suo saggio lo storico enunciava una teoria nuova e originale secondo cui le invasioni barbariche non avevano introdotto alcunché di nuovo nella struttura dello stato romano. Infatti la cultura, benché degradata, aveva continuato a muoversi nella scia della tradizione greco-romana e l’economia cittadina non era stata ancora sopraffatta da quella rurale. I goti invasori, nonostante le distruzioni perpetrate, si erano lasciati alla fine assimilare al Cristianesimo. Dal V all’VIII secolo è possibile perciò parlare ancora di tardo romano impero.
Proprio l’irruzione dell’Islam sulla scena europea sconvolse e ruppe l’unità culturale del mondo antico. Eppure, paradossalmente proprio in quest’epoca di immane rovina, in un clima di generale decadenza, furono gettate le fondamenta cristiane della nuova Europa. La Chiesa fu spinta, come si diceva, durante il papato di Zaccaria e quello di Stefano II, in seguito alle conquiste arabe, ad un mutamento di rotta ed a spostare l’ago della navigazione verso il nord. Il Vangelo fu così annunciato a popoli primitivi, stanziati nel nord dell’Europa che lentamente si convertirono al cristianesimo. L’Europa occidentale, ristretta territorialmente, si aprì uno spazio geografico, verso nuove frontiere: la Gallia, la Germania e la Britannia, primo nucleo essenziale della futura Europa.
La minaccia araba fece risorgere la parola Europa, secondo la teoria del Pirenne, e le conferì un nuovo significato, non soltanto geografico, ma anche politico e religioso: il termine intendeva comprendere tutti i popoli cristiani latini e germanici del continente. Questo sviluppo della formazione di una nuova identità storica e culturale europea venne profondamente realizzato al tempo di Carlo Magno e del suo sacro romano impero. Nel 799 d.C. un anonimo poeta scriveva: ” L’impero di Carlo Magno ha dato, per la prima volta, forma a ciò che noi chiamiamo Europa”. Il 23 novembre dell’anno 800 Carlo si presentò alle porte di Roma. Leone III gli andò personalmente incontro. E la notte di Natale venne incoronato imperatore del Sacro Romano Impero.
Ed è proprio in questa epoca che l’identità europea trova le sue radici, prende forma, si afferma e il prof. Guiducci spiega in modo semplice tutti i principali momenti chiave di queste interazioni che aprono alla visione della storia come un movimento dinamico di popoli che camminano inconsapevolmente in una prospettiva di fede verso l’unità. (Ut unum sint)


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