domenica, ottobre 03, 2010
In questa società sbadata si rischia di perdere il contatto con il senso concreto delle cose, con ciò che merita davvero d’essere ricordato. Inseguendo la superficialità e le correnti effimere, l’abisso che lentamente divora la nostra vita finirà prima o poi per avere il sopravvento...

del nostro collaboratore Stefano Buso

Prima della domenica, c’è il sabato, preludio alla giornata festiva, dove buonumore e allegria dovrebbero strizzare l’occhiolino a tutti. Questo fino a non molto tempo fa. Attualmente le cose sono mutate, e la gente storce il naso dinnanzi a ricorrenze, festività e momenti di piacevolezza collettivi. Considerare la domenica un giorno speciale risulta un’etichetta da sfigati, da popolo minuto ancorato a tradizioni obsolete o, peggio, da inguaribili provinciali. Del resto, persino i guru delle nuove tendenze hanno sdoganato la pausa festiva in virtù della categorica produttività – della serie “il tempo è prezioso e nulla va sprecato!”.

Di domenica, soprattutto al mattino, non veniva meno la consuetudine di incontrasi in piazza per far due chiacchiere in compagnia. Non certo argomentando di massimi sistemi o del pensiero filosofico kantiano. Due parole alla buona, tuttavia schiette, foriere di piacere. Adesso, ci si trova occasionalmente in uno dei tanti social network dove, se tutto va bene, tra click e colpi di mouse “parte” un glaciale buongiorno al dirimpettaio virtuale. Sia ben chiaro, quanto scritto sino ad ora non è un invito implicito ad uscire di casa controvoglia, bensì una benevola esortazione a rispolverare abitudini messe in soffitta troppo presto.

In verità “omaggiare” la domenica equivale a non sciupare l’occasione di stare con i familiari, mangiare un boccone diverso dal solito, fare una passeggiata rilassante o una corsa in bicicletta, e perché no, andare allo stadio a vedere la partita della squadra del cuore. Insomma, investire in noi stessi e in chi è vicino al nostro cuore. Un auspicio per nulla invadente che prende le mosse da un concetto universale, quello della reciprocità e convivenza concreta.

Di frequente le dietrologie sono tediose, e fanno perder tempo utile. Oppure, nascondono altre finalità che nulla hanno a che fare con la riscoperta della ricchezza interiore, troppo spesso soffocata dalla superficialità dilagante. È proprio da queste elementari riflessioni che si è concretizzato questo articolo.

Effettivamente, un tempo, c’era davvero la domenica, adornata di abitudini e vezzi solidali che al momento mancano all’appello, e senza i quali il “settimo giorno” corre il serio pericolo di essere solo una scadenza come un’altra.

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