venerdì, ottobre 01, 2010
“Monsignor (‘Dom’) Erwin Krautler è da lungo tempo uno dei ‘guardiani’ dei diritti umani dei popoli della foresta amazzonica. Mi rallegro di questo riconoscimento che va a una persona che ha donato la sua vita per la Chiesa e per il popolo del Brasile, se lo merita pienamente”.

Agenzia Misna - Raggiunto dalla MISNA a Brasilia, monsignor Daniel Lagni, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie del Brasile, non nasconde la sua felicità per l’assegnazione del ‘Right Livelihood Award’, il cosiddetto Nobel Alternativo, a monsignor Erwin Krautler, appartenente alla Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue (Cpps), vescovo della prelazia amazzonica dello Xingu, la più vasta del paese. “E’ il momento di riconoscere il suo lavoro: ‘Dom’ Erwin da anni è minacciato di morte e perseguitato perché porta una bandiera, che non è personale ma rappresenta una causa sociale, la difesa dei più piccoli, dei poveri dell’Amazzonia. Lui è un simbolo ma la sua ‘battaglia’ è ben più grande. E’ un ideale, una proposta profondamente evangelica, non politica, perché significa mettersi accanto agli indifesi per la giustizia sociale” aggiunge monsignor Lagni. Il nostro interlocutore ricorda che monsignor Krautler, classe 1939, nato in Austria, è stato uno dei primi vescovi brasiliani del nord a chiedere l’impegno congiunto delle diocesi del centro e del sud del paese mettersi al servizio dell’Amazzonia. “Per due mandati è stato anche presidente del Consiglio missionario nazionale (Comina) e del Consiglio indigenista missionario (Cimi). Riveste un peso di rilievo all’interno della Chiesa e dell’episcopato ma anche all’esterno, tra la gente, per questo è minacciato da chi non vuole sentire la verità”. Annunciare il Vangelo, sottolinea ancora monsignor Lagni, “implica anche annunciare la difesa della vita umana e di tutta la natura, dell’ecosistema che ci circonda. Rispettare l’opera della creazione, opera buona di Dio”. Quando ‘dom’ Erwin sbarcò per la prima volta in Amazzonia era ancora seminarista, ricorda padre Savio Corinaldesi, missionario saveriano in Brasile da 42 anni, gran parte dei quali trascorsi al fianco della gente del ‘polmone’ del pianeta. “Ha passato tutta la vita in quella regione portandone sulle spalle anche la sofferenza fisica. Prima da prete, poi da vescovo, ‘dom’ Erwin è stato letteralmente risucchiato dall’Amazzonia, ne è diventato il difensore, l’amico” dice alla MISNA padre Corinaldesi. In Amazzonia, “ha trovato la sua patria, la sua terra e la sua vita. Questo è un premio meritato, perché non è solo per lui ma per tutti quelli che hanno lottato con lui” aggiunge il missionario. Il pensiero, tra gli altri, va a suor Dorothy Stang, la missionaria statunitense naturalizzata brasiliana uccisa il 12 febbraio 2005 ad Anapu, nello stato amazzonico del Pará. “La nostra martire ‘irma’ Dorothy – nelle parole dello stesso monsignor Krautler - uccisa perché credeva in un sogno diverso per l’Amazzonia, perché difendeva i progetti di sviluppo sostenibile e lottava per ‘l’asentamiento’ (insediamento) dei semplici coloni che avevano bisogno di coltivare e di vivere. Si opponeva all’idea di crescita infinita del latifondo che, per ampliarsi non accetta le voci contrarie”. Per il fatto di essere vicini alle persone, “i missionari sentono con particolare urgenza e forza il problema della devastazione dell’Amazzonia, delle invasioni delle terre indigene a opera delle grandi compagnie o dei ricchi ‘fazendeiros’ che portano all’espulsione dei suoi abitanti. Sentono di certo molto di più la tragedia delle vittime che non le ragioni dei concentratori di terre e potere” sottolinea alla MISNA padre Corinaldesi. “In questo senso, la Chiesa in Amazzonia, con tutti i suoi limiti, è una delle voci che si alza più forte in sua difesa”. L’ultima battaglia, in ordine di tempo, di ‘dom’ Erwin, è quella contro la costruzione una gigantesca e controversa centrale idroelettrica, quella di Belo Monte, che in piena Amazzonia è concepita per diventare la terza al mondo con una potenza di 11.233 megawatt e contro la quale si batte un vasto fronte di organizzazioni della società civile. “Nessuno dubita che il Brasile possieda il ‘know how’ necessario per installare centrali idroelettriche – ha scritto di recente monsignor Krautler al presidente dell’Istituto brasiliano per l’Ambiente, Roberto Messias Franco - ma ho l’assoluta certezza che sotto l´aspetto socio-ambientale gli studi elaborati lasciano molto a desiderare e richiedono un maggiore approfondimento. Poiché non si tratta di macchine e dighe, di pareti di cemento e canali di derivazione, ma di persone umane, in carne e ossa, che conosco, di donne e uomini, bambini, adulti e anziani, che ne soffriranno gli impatti”. Parlando con la MISNA a Roma lo scorso Aprile, in occasione della visita ‘ad limina’ dei vescovi della regione Norte II al papa, ‘dom’ Erwin ha lasciato anche ai giornalisti una consegna chiara: “Veicolare l’informazione è la principale cosa che la comunità internazionale può fare per aiutare l’Amazzonia e impedirne la distruzione. Non è un problema solo brasiliano: se l’Amazzonia è minacciata, lo è il mondo intero”. (Interviste di Francesca Belloni)

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