martedì, settembre 28, 2010
“Siamo a 15 miglia dalla costa di Gaza, ci seguono due fregate della Marina israeliana” dice alla MISNA Glyn Secker, il capitano del catamarano “Irene” che vuole riportare l’attenzione del mondo sul dramma di un milione e mezzo di palestinesi.

Agenzia Misna - A bordo dell'imbarcazione, salpata Domenica da Cipro, ci sono anche un purificatore d’acqua, un motore fuoribordo per i pescatori e giocattoli per i bambini dei centri di salute mentale. “Più che aiuti – sottolinea Secker – sono simboli: le bombe israeliane hanno distrutto le infrastrutture, avvelenato l’acqua e traumatizzato i bambini; ora rischiano la vita anche i pescatori che si avventurano al largo per sopravvivere”. Secondo il capitano, è probabile che “Irene” sia abbordata dalle fregate prima di entrare nelle acque territoriali della Striscia di Gaza, una regione isolata dal mondo da oltre tre anni a causa dell’embargo imposto da Israele d’accordo con l’Egitto. “Ci chiederanno di far rotta sul porto israeliano di Ashdod – dice Secker - ma ci rifiuteremo; sarà una resistenza passiva, i militari non avranno scuse per ripetere le violenze di Maggio, quando sulla nave turca ‘Mavi Marmara’ furono uccisi nove attivisti per i diritti umani”. A bordo del catamarano ci sono anche Reuven Moshkovitz, un sopravvissuto dell’Olocausto di 82 anni, e Rami Elhanan, un israeliano che ha perso la figlia in un attentato in un centro commerciale di Gerusalemme nel 1997. Nel caso gli israeliani decidessero di non intervenire e di permettere a “Irene” di raggiungere il porto di Gaza City, i membri dell’equipaggio potrebbero ripartire nell’arco di pochi giorni. “Vogliamo permettere ad alcuni abitanti di Gaza di ricevere cure negli ospedali europei o di studiare nelle università migliori – spiega Secker - cose impossibili a causa dell’embargo”. Il viaggio di “Irene” è coordinato da “Jews for Justice for Palestinians” (“Ebrei a favore della giustizia per i palestinesi”), un'organizzazione inglese attiva dal 2002. La speranza è consegnare parte del carico a Eyad Serraj, direttore del Programma di salute mentale della Striscia di Gaza (Gcmhp): le ricerche e l’esperienza del suo gruppo di lavoro indicano che nove bambini su 10 soffrono di disturbi traumatici, portati da una guerra che tra il 2008 e il 2009 ha causato oltre 1400 vittime civili.


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