martedì, agosto 10, 2010
Questi sono davvero giorni caotici. Valigie che si chiudono e aprono, riposo estivo, divertimento e, ciliegina sulla torta, la traballante scena politica nazionale. Un teatrino mediatico tracimante “di personaggi in cerca di autore”che sembra non voglia chiudere il necessario sipario. Tuttavia, manca qualcosa ad infoltire la cronaca, già satura di eventi e calamità. Infatti, poco o nulla si è scritto su coloro in vacanza non ci vanno, ad esempio, la manodopera agricola degli sfruttati che nonostante il solleone continua a raccogliere pomodori per pochi denari…

del nostro collaboratore redazionale Stefano Buso

Non fanno più notizia le maestranze per lo più straniere impiegate nella raccolta dei pomodori. Eppure, vagando fra le campagne sotto l’inclemente canicola, li scorgi curvi, con la pelle ambrata dagli strati di abbronzatura, e grondanti di sudore. Una condizione che richiede parecchia tenacia, sacrificio e dispendio di energie. E ciò nonostante regalano ugualmente un sorriso genuino, foriero di serenità e allo stesso tempo di evidente rassegnazione. I campi tutt’attorno sembrano un’unica distesa di color scarlatto dove voci e imprecazioni in lingue differenti danno all’ambiente un curioso sapore cosmopolita.

Le zone dove sono impegnati i raccoglitori dell’oro rosso sono le campagne italiane, specie quelle del Mezzogiorno. Secondo una fonte INEA (Istituto Nazionale di Economia Agraria) datata 2009, tra il 1989 e il 2007 c'è stato un aumento di oltre il 700% di cittadini non comunitari impiegati nell'agricoltura locale, passati dalle 23mila persone dell‘’89 alle circa 172mila del 2007. Questa mal pagata manodopera, costretta a orari e mansioni che nessun italiano si augurerebbe di intraprendere, diventa l’acerbo paradigma dell’aspetto peggiore del Paese, dove l’occupazione continua ad esprimere inquietanti differenziazioni. In termini salariali, contrattuali e di determinante qualità della vita.

La quasi totalità dei braccianti vive in tendopoli nascoste o accampate con mezzi di fortuna nei pressi dei campi di raccolta, originando dei veri e propri bivacchi a cielo aperto. In questi luoghi regnano miseria e sporcizia, oltre ad una puzza resa ancor più insopportabile dalla calura. Accampamenti privi di servizi igienici, acqua corrente, elettricità, circondati da pattume senza il benché minimo decoro... va da sé, in palese violazione delle norme igienico-sanitarie previste dalle disposizioni vigenti. Ispezioni e controlli invece sono applicati, come non mancano gli sgomberi e le repressioni di tutte le attività abusive e fraudolente.

Purtroppo la fame, quella pulsante, spinge di nuovo questi disgraziati a supplicare lavoro ai caporali senza scrupoli disposti ad arruolare manodopera clandestina. Non sono passati tantissimi mesi dai cruenti fatti di Rosarno (Calabria), e un po’ tutti c’eravamo indignati e augurati di non assistere più ad incidenti e tensioni sociali così terribili, auspicando invano convivenza serena e tranquillità.

Qualcuno, seguendo itinerari sibillini, potrebbe giustificare queste evidenti ingiustizie con l’ausilio della filosofia, del limite umano nel mutar destini e vicissitudini. È possibile definire queste macro discrepanze quali sciagurati effetti collaterali di tutte le società moderne dove, sullo stesso piano del benessere, convivono aspetti diametralmente opposti, talvolta irreversibili… E’ giusto così?

È presente 1 commento

ANNA MARIA PELLEGRINO ha detto...

No, no è affatto giusto. Inoltre altre sono le aberrazioni legate al fenomeno dello sfruttamento della manodopera: l'elevato tasso di disoccupazione tra i locali, la presenza massiccia di un'economia sommersa, i controlli vigili solo quando si tratta di cacciare i clandestini, l'assenza di una coscienza civica tra i consumatori che, come accade per i prodotti coltivati nei territori palestinesi occupati, possono decidere di acquistare o meno tutti quei prodotti che non sono buoni, puliti e giusti.
Grazie per questa riflessione.

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