sabato, maggio 08, 2010
A meno di un mese dei Mondiali di calcio è stata presentata a Roma dall'Unione internazionale delle Superiori generali (Uisg), a cui sono affiliate più di 2000 congregazioni, e dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) una "Campagna di contrasto alla tratta delle persone”; l'iniziativa è della rete internazionale delle suore di Talitha-Kum.

Agenzia Misna - "Diamo un calcio alla tratta delle persone" non è uno slogan ma un grido d'allarme per "mettere in guardia dal pericolo che un grande evento sportivo possa trasformarsi nell'ennesima facile occasione di sfruttamento e di schiavitù sessuale per donne, minori e le persone più povere" dicono le religiose. In concreto, lo sfruttamento potrebbe significare "oltre a quello sessuale anche l'utilizzo di persone che sono state forzate a lavorare per rispondere alla grande richiesta di servizi in Sudafrica" dice a 'Radio Vaticana' la missionaria salesiana Bernadette Sangma, una delle promotrici. I destinatari principali dell’opera di prevenzione sono i tifosi di calcio: per raggiungerli, le religiose hanno redatto quattro lettere indirizzate ai principali club, ai capi religiosi locali, alle potenziali vittime e ai facilitatori inconsapevoli del mercato dello sfruttamento. Sul terreno sono già attive 30 religiose, sia nelle metropoli sudafricane che nelle zone rurali, con attività di sensibilizzazione indirizzate a bambini e giovani nelle scuole e nelle parrocchie. "Rispetto ai precedenti Mondiali, la situazione sudafricana è ben diversa a causa di frontiere più permeabili e dell'assenza di una legge anti-tratta" ha sottolineato un funzionario dell'Oim, dicendosi preoccupato per l'arrivo di almeno mezzo milione di tifosi stranieri. Per le fasce di popolazione più povere "l'evento sportivo è sinonimo di opportunità lavorative che suscitano molte aspettative – avverte suor Sangma – ma chi accetterà di lavorare corre il rischio di essere ingannato e di diventare facile vittima". In un articolo dell’agenzia “Zenit” a firma di MariaElena Finessi, suor Sangma sottolinea: “Da parte nostra ci sentiamo interpellate dalla crescente tendenza a rendere gli eventi sportivi mondiali occasioni di sfruttamento di donne, bambini, giovani e, più in generale, di coloro che vivono una condizione di fragilità, come la povertà e l'emarginazione».


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