domenica, marzo 07, 2010

di Monica Cardarelli

“La donna entra nella stanza, entra in una stanza. Le stanze sono così diverse l’una dall’altra; sono tranquille o tempestose; affacciate sul mare o, al contrario, sul cortile di un carcere; con il bucato appeso ad asciugare; o risplendenti di opali e di sete; sono dure come crine di cavallo o soffici come piume – basta entrare in qualunque stanza di qualunque strada perché salti agli occhi tutta quella forza, estremamente complessa, che è la femminilità. (…)
Ma tale forza creativa differisce enormemente dalla forza creativa degli uomini. E si deve concludere che sarebbe mille volte un peccato se essa venisse ostacolata o sciupata. (…) Sarebbe mille volte un peccato se le donne scrivessero come gli uomini o vivessero come gli uomini o assumessero l’aspetto di uomini, perché se due sessi sono insufficienti, considerata la vastità e varietà del mondo, come faremmo mai con uno solo? Non dovrebbe forse l’istruzione fare emergere e rendere più salde le differenze anziché le somiglianze? Perché di somiglianze ne abbiamo già troppe. (…)” (Virginia Woolf, ‘Una stanza tutta per sé’)

Così Virginia Woolf scriveva in occasione di una conferenza tenuta presso la Arts Society di Newnham e la Odtaa di Girton nell’ottobre del 1928.
La donna entra nella stanza, nella sua intimità, nel suo essere.
Esistono tante stanze, tanti modi ed espressioni di femminile anche in una stessa donna.
C’è un mondo complesso e ricco, denso di sfumature che potrebbero anche essere interpretate come volubilità dettata dalla luna. Ma non si tratta di questo; la femminilità è molto di più.
Esistono tante donne, mille modi di essere del ‘femminile’.
Prima di tutto però, la donna entra nella stanza. Conosce. Vede e conosce. È una conoscenza che passa attraverso tutti i sensi, la vista, l’olfatto, l’udito e il tatto.
Una conoscenza intuitiva, corporea - fatta anche di sensazioni, odori rimasti sulla pelle, suoni e rumori che restano e risuonano dentro, nella mente e nelle viscere - e non solo intellettiva. Una conoscenza completa che necessita di molto tempo, a volte tutta una vita, per essere raggiunta.
Così, la donna prende coscienza di sé. Ora conosce le stanze in cui potersi, di volta in volta, rilassare su una comoda poltrona o piangere in un angolo buio. Stanze in cui poter gioire e soffrire, amare e odiare.
Quando una donna raggiunge questa consapevolezza di sé, scopre anche quella forza unica e inesauribile della femminilità. E tale “forza creativa differisce enormemente dalla forza creativa degli uomini”. Non deve esserci competizione, ma semplicemente la differenza è un dato di fatto e come tutte le diversità, è ricchezza.
Solo con la consapevolezza dell’essenza del femminile si può valorizzarne l’unicità. Non si tratta di abolire le differenze, uniformando, ma di esaltare le particolarità.
Ciò vale non solo nel rapporto femminile/maschile ma anche nella conoscenza personale. Ogni persona è un mondo a sé, ogni persona racchiude un’infinità di intersezioni di emozioni e sentimenti, di stati d’animo e paure, di ricordi e speranze, di passato e promesse.
Creatività e accoglienza. Forza e fecondità. Tante le caratteristiche e le contraddizioni proprie del femminile che possono essere mescolate in vari binomi intersecandosi fra loro. Fecondità creativa; forza e accoglienza, e tanti altri modi ma anche solo elencarli o cercare delle soluzioni è limitativo.
Certo è che l’espressione creativa della donna è inimmaginabile, perfino alle stesse donne. Si tratta di una creatività espressa in una miriade di modi diversi e che passa attraverso molteplici concretizzazioni: dal teatro alla scienza; dalla scrittura alla ricerca; dalla maternità all’arte in genere.
Quando la donna riesce a mettere del ‘femminile’ in tutto ciò che genera, allora esprime il ‘carattere’, l’unicità del femminile e del proprio essere, la ricchezza che porta dentro.
Sono quelli i momenti in cui la donna apre le porte delle stanze che abita e lascia fluire una comunicazione con il mondo.

Se nel 1928 Virginia Woolf scriveva “Non dovrebbe forse l’istruzione fare emergere e rendere più salde le differenze anziché le somiglianze?” forse, oggi, potremmo augurarci con Rainer Maria Rilke: “Questa umanità della donna sopportata in dolori e umiliazioni, quando avrà gettate da sé le convenzioni della esclusiva femminilità nelle metamorfosi del suo stato esteriore, verrà alla luce, e gli uomini che non la sentono oggi ancora venire, ne saranno sorpresi e colpiti.
Un giorno esisterà la fanciulla e la donna, il cui nome non significherà più soltanto un contrapposto al maschile, ma qualcosa per sé, qualcosa per cui non si penserà a complemento e confine, ma solo a vita reale: l’umanità femminile.
Questo progresso trasformerà l’esperienza dell’amore, che ora è piena d’errore, la muterà dal fondo, la riplasmerà in una relazione intesa da uomo a uomo non più da maschio a femmina.



E questo più umano amore somiglierà a quello che noi con lotta faticosa prepariamo, all’amore che in questo consiste, che due solitudini si custodiscano, delimitino e salutino a vicenda.” (Rainer Maria Rilke, ‘Lettera e un giovane poeta’)

tratto da:
"Terza Pagina" - Trimestrale di editoria e cultura, Numero 19, Giugno 2009. Sovera.


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