In seguito allo stupro la donna è rimasta incinta. A causa delle dure condizioni delle carceri saudite ha perso il bambino. La legge coranica proibisce i rapporti extra-coniugali e non vi sono differenze per le violenze sessuali.
Riyadh (AsiaNews/Agenzie) – Imprigionata nelle carceri saudite dopo essere stata vittima di uno stupro, ora una donna filippina rischia una condanna a 100 frustate. È la terribile vicenda di Camille – il nome è di fantasia, ndr – 35enne emigrata, rinchiusa nelle carceri del Regno dal settembre scorso. Al suo dramma si aggiunge un ulteriore elemento: in seguito alla violenza sessuale la donna è rimasta incinta, ma il duro regime carcerario le ha indotto un aborto spontaneo. In Arabia Saudita vige una rigida applicazione della Shariah, la legge islamica, che proibisce rapporti sessuali al di fuori del matrimonio. E non vi sono differenze se vi è o meno il consenso della donna: anche lo stupro, infatti, viene punito seguendo i dettami del Corano.
A raccontare i dettagli della vicenda è la madre della giovane, in un’intervista al giornale filippino GMANews.Tv. La primavera scorsa Camille è emigrata in Arabia Saudita, in cerca di lavoro, per mantenere gli studi dei tre figli di 15, 14 e cinque anni. Assunta in uno studio dentistico, ad agosto la donna è stata violentata da un collega proveniente dal Bangladesh.
Sapendo che i rapporti extra-coniugali vengono puniti dalla legge saudita, Camille non ha voluto sporgere denuncia, ha cercato di lasciare il Paese e rientrare nelle Filippine. Durante la visita medica di routine che gli espatriati devono sostenere prima di partire, i medici hanno scoperto che la donna era incinta. Le autorità hanno emesso un mandato d’arresto e dall’11 settembre scorso la donna è rinchiusa nella prigione centrale di Hafer Al Baten.
Per le dure condizione delle carceri saudite, nel dicembre scorso la donna ha avuto un aborto spontaneo. Secondo quanto riferito dalla madre, entro un mese Camille dovrà comparire davanti ai giudici, che potrebbero comminarle una pena di 100 frustate visto che la donna non è più incinta.
Riyadh (AsiaNews/Agenzie) – Imprigionata nelle carceri saudite dopo essere stata vittima di uno stupro, ora una donna filippina rischia una condanna a 100 frustate. È la terribile vicenda di Camille – il nome è di fantasia, ndr – 35enne emigrata, rinchiusa nelle carceri del Regno dal settembre scorso. Al suo dramma si aggiunge un ulteriore elemento: in seguito alla violenza sessuale la donna è rimasta incinta, ma il duro regime carcerario le ha indotto un aborto spontaneo. In Arabia Saudita vige una rigida applicazione della Shariah, la legge islamica, che proibisce rapporti sessuali al di fuori del matrimonio. E non vi sono differenze se vi è o meno il consenso della donna: anche lo stupro, infatti, viene punito seguendo i dettami del Corano.A raccontare i dettagli della vicenda è la madre della giovane, in un’intervista al giornale filippino GMANews.Tv. La primavera scorsa Camille è emigrata in Arabia Saudita, in cerca di lavoro, per mantenere gli studi dei tre figli di 15, 14 e cinque anni. Assunta in uno studio dentistico, ad agosto la donna è stata violentata da un collega proveniente dal Bangladesh.
Sapendo che i rapporti extra-coniugali vengono puniti dalla legge saudita, Camille non ha voluto sporgere denuncia, ha cercato di lasciare il Paese e rientrare nelle Filippine. Durante la visita medica di routine che gli espatriati devono sostenere prima di partire, i medici hanno scoperto che la donna era incinta. Le autorità hanno emesso un mandato d’arresto e dall’11 settembre scorso la donna è rinchiusa nella prigione centrale di Hafer Al Baten.
Per le dure condizione delle carceri saudite, nel dicembre scorso la donna ha avuto un aborto spontaneo. Secondo quanto riferito dalla madre, entro un mese Camille dovrà comparire davanti ai giudici, che potrebbero comminarle una pena di 100 frustate visto che la donna non è più incinta.
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