“Una nuova amicizia tra Haiti e la Repubblica Dominicana?” è l'interrogativo con cui il sito web svizzero ‘DroitsHumains’ intitola un articolo che, a due settimane dal terremoto, affronta la questione dei soccorsi dal punto di vista dei ‘vicini’ dominicani.
Agenzia Misna - “Il sisma del 12 Gennaio è uno degli eventi più complessi mai verificatasi nella regione negli ultimi decenni per via delle tante sensibilità socio-politiche in gioco” ha detto da Santo domingo, al servizio d'informazioni dell'Onu 'Irinnews', Edwin Luciano, direttore dei servizi di soccorso alle vittime di catastrofi naturali. Haiti e la Repubblica Dominicana coabitano su un’isola di 78.000 chilometri quadrati, separati da una frontiera lunga 380 chilometri, segnata da un passato di violenze, espulsioni e rimpatri forzati di cittadini haitiani, oggi definita dagli operatori umanitari “un’ancora di salvezza”, dove transitano feriti del sisma e convogli di aiuti destinati a Port-au-Prince. Due settimane dopo il terremoto la Repubblica Dominicana è diventata la principale base logistica delle operazioni umanitarie: dall’aeroporto dominicano di Barahona (sulla costa meridionale) e dalla base militare di San Isidro sono partiti i primi voli umanitari; da Barahona verranno trasportati gli aiuti destinati a Jacmel, la quarta città haitiana, duramente colpita dal sisma, mentre aiuti d’emergenza provenienti dagli Stati Uniti saranno stoccati all’aeroporto ‘Las Americas’ di Santo Domingo.
Quella storicamente nota come la ‘strada della morte’ – l’arteria che collega le due capitali – è stata trasformata in un vero e proprio corridoio umanitario, unica alternativa valida al traffico aereo, spesso saturo, per recapitare gli aiuti ai terremotati. La ‘lunga catena della speranza’, formata da convogli di camioncini, autobus e altri mezzi noleggiati dalle organizzazioni umanitarie internazionali che ogni giorno percorrono la strada tra Santo Domingo e Port-au-Prince, deve fare i conti con tratti spesso non asfaltati, soprattutto dopo Jimani, a pochi chilometri dal confine con Haiti. Jimani, colpita dalle inondazioni del 2004, città emblematica della rivalità storica tra i due stati dell’isola di Hispaniola, ha aperto gli ospedali agli haitiani feriti: quello pubblico di Melanciano, con una capacità di 70 posti letto, ne ha curati per più giorni almeno 700. Alle porte di Santo Domingo, l’ospedale di Darío Contreras ha accolto, col sostegno dell'Unicef, le piccole vittime del terremoto, bambini tra uno e 14 anni di età. “Lavoriamo come se fossimo in una situazione di guerra” dicono dalla struttura ospedaliera della capitale dominicana.
Agenzia Misna - “Il sisma del 12 Gennaio è uno degli eventi più complessi mai verificatasi nella regione negli ultimi decenni per via delle tante sensibilità socio-politiche in gioco” ha detto da Santo domingo, al servizio d'informazioni dell'Onu 'Irinnews', Edwin Luciano, direttore dei servizi di soccorso alle vittime di catastrofi naturali. Haiti e la Repubblica Dominicana coabitano su un’isola di 78.000 chilometri quadrati, separati da una frontiera lunga 380 chilometri, segnata da un passato di violenze, espulsioni e rimpatri forzati di cittadini haitiani, oggi definita dagli operatori umanitari “un’ancora di salvezza”, dove transitano feriti del sisma e convogli di aiuti destinati a Port-au-Prince. Due settimane dopo il terremoto la Repubblica Dominicana è diventata la principale base logistica delle operazioni umanitarie: dall’aeroporto dominicano di Barahona (sulla costa meridionale) e dalla base militare di San Isidro sono partiti i primi voli umanitari; da Barahona verranno trasportati gli aiuti destinati a Jacmel, la quarta città haitiana, duramente colpita dal sisma, mentre aiuti d’emergenza provenienti dagli Stati Uniti saranno stoccati all’aeroporto ‘Las Americas’ di Santo Domingo.Quella storicamente nota come la ‘strada della morte’ – l’arteria che collega le due capitali – è stata trasformata in un vero e proprio corridoio umanitario, unica alternativa valida al traffico aereo, spesso saturo, per recapitare gli aiuti ai terremotati. La ‘lunga catena della speranza’, formata da convogli di camioncini, autobus e altri mezzi noleggiati dalle organizzazioni umanitarie internazionali che ogni giorno percorrono la strada tra Santo Domingo e Port-au-Prince, deve fare i conti con tratti spesso non asfaltati, soprattutto dopo Jimani, a pochi chilometri dal confine con Haiti. Jimani, colpita dalle inondazioni del 2004, città emblematica della rivalità storica tra i due stati dell’isola di Hispaniola, ha aperto gli ospedali agli haitiani feriti: quello pubblico di Melanciano, con una capacità di 70 posti letto, ne ha curati per più giorni almeno 700. Alle porte di Santo Domingo, l’ospedale di Darío Contreras ha accolto, col sostegno dell'Unicef, le piccole vittime del terremoto, bambini tra uno e 14 anni di età. “Lavoriamo come se fossimo in una situazione di guerra” dicono dalla struttura ospedaliera della capitale dominicana.
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