Due giornate di protesta pacifica per chiedere condizioni di detenzione più umane
PeaceReporter - Due giornate di protesta pacifica e sciopero della fame per dire basta alle condizioni disumane di detenzione. Queste le iniziative dei detenuti italiani, in programma il primo e il dieci dicembre, per riportare l’attenzione sul sistema carcerario e chiedere l’attuazione di una riforma. I giorni della protesta pacifica non sono stati scelti a caso, ma si ricollegano a due date significative. La prima, istituita appunto l'uno dicembre, vuole ricordare le mobilitazioni avvenute nei penitenziari nel 2007 e nel 2008, mentre la seconda avverrà il dieci dicembre, in concomitanza della giornata internazionale dei diritti umani.Sfibrati e consumati dalle dure condizioni di detenzione, i carcerati chiedono l’applicazione di misure alternative e trattamenti più equi. Secondo i dati dell’Osservatorio permanente per le morti in carcere, al mese di novembre di quest'anno i decessi sono 160, di cui 66 per suicidio, l’ultimo dei quali avvenuto pochi giorni fa nel penitenziario di Sondrio. A togliersi la vita è stato Massimiliano Menardo, di soli 36 anni. Al dieci novembre 2009, stando alle elaborazioni del Centro Studi di Ristretti Orizzonti su fonte del Ministero della Giustizia – Dap (Dipartimento di amministrazione penitenziaria), i detenuti rinchiusi nelle carceri italiane sono 65.355, mentre la capienza regolamentare delle prigioni è pari a 43.074 unità, 64.111 quella tollerabile. Dei 65.335 carcerati, 24.190, il 37 percento è straniero. E’ questa l’agghiacciante fotografia delle nostri carceri: oltre mille persone al di sopra del limite della tollerabilità massima. Nonostante il Viminale riferisca di un calo generalizzato dei reati, le prigioni continuano a riempirsi. La detenzione si afferma come la soluzione ad ogni problema, a discapito dell’applicazione delle misure alternative.
Anche il ricorso alla custodia cautelare, un tempo considerata come un provvedimento eccezionale, sta diventando una prassi di routine. Alla fine di settembre 2009 i detenuti in attesa di processo erano oltre 31mila. Dato che obbliga a una riflessione, specie perché le morti sono più frequenti tra i prigionieri in attesa di giudizio rispetto ai condannati. Ogni anno in carcere vengono a mancare circa 90 persone ancora da giudicare con sentenza definitiva. Fino al 2006 inoltre il numero dei carcerati e quello degli affidati alle misure alternative era più o meno uguale. Oggi, invece, i detenuti superano le 65mila unità e delle misure alternative usufruiscono solo 13mila persone. Altro indicatore che offre uno spaccato della drammatica situazione carceraria italiana è costituito dall’accesso al lavoro. Al 30 giugno 2009 i detenuti lavoranti erano 13.408, di cui 12.547 uomini e 861 donne. Di questi 11.610 sono alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e 1.798 sono gestiti da altri datori di lavoro. Cifre insignificanti rispetto al totale della popolazione carceraria. La maggior parte dei detenuti trascorre le giornate nel nulla e la rieducazione o il possibile reinserimento nella società si trasformano in miraggi, in speranze che si infrangono sui tristi muri delle prigioni.
Non è raro, poi, che chi finisce in galera non sia colpevole. L’errore è umano e può capitare di mandare in cella un innocente. Tra il 2004 e il 2007 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha erogato 212.979.100 euro per la riparazione della riconosciuta ingiusta detenzione ed errore giudiziario. In particolare 206.632.784 euro sono stati spesi per custodia cautelare ingiusta, mentre 6.346.316 per errore giudiziario. Soldi che sarebbe stato meglio spendere per avviare progetti, ristrutturare le strutture penitenziarie, assumere nuovo personale.
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