La via dell'inferno (old economy) è lastricata di buone intenzioni (green economy). Così, senza un nuovo paradigma economico sul quale tutti lavorano o dovrebbero lavorare (la famosa governance), vale la legge del pendolo, e dopo le belle parole dei leader mondiali gli investitori (Wall street insegna) tornano a puntare forte sulle materie prime (oro in particolare), che in sostanza significa che nulla è cambiato sul fronte economico (crisi o non crisi) e su quello ecologico.
GreenReport - Il Sole24Ore dedica una paginata intera (domenica) alla questione che, per converso, è per noi la cartina di tornasole per capire la distanza che ancora esiste nella pratica del modello economico imperante dissipatore di energia e di materia e quella necessaria (perché auspicabile è riduttivo) e fondata su un diverso modello ovvero sulla sostenibilità ambientale e sociale, in grado di tenere in conto sia del capitale naturale sia di quello umano. Il quotidiano di Confindustria punta sul dilemma del mercato identificandolo in "Caterpillar" e specialmente nelle sue macchine movimento terra. «Il titolo del gigante della old economy - scrive il Sole - è più che triplicato in marzo. Negli ultimi giorni, però, ha perso terreno. E l'azienda ha denunciato continui cali degli ordini rispetto all'anno scorso, nel trimestre a fine ottobre, del 50% su scala globale e del 58% in Nordamerica».
Si parla quindi di un "dilemma Caterpillar" come generalizzabile in quanto «tra i titoli issati sugli scudi dagli investitori brillano ancora di recente altri protagonisti di settori della vecchia economia scottata dalla crisi e che auspica il consolidamento della ripresa». Come leggere questa informazione? Non siamo economisti, ma è evidente che se in questa fase di crisi (post crisi ci pare affrettato, almeno per l'economia reale) si torna ad investire sulle materie prime e quindi sulle aziende che hanno prodotti per ‘scavare', significa che si sta pensando fortemente che i migliori dividendi arriveranno da qui. O almeno lo si spera. Questo però significa che scommettono sul fatto che si tornerà a consumare fortemente materia, dunque le azioni Caterpillar sono-in proporzione inversa- quasi un indicatore di sostenibilità ambientale.
Il rapporto - visto che si parla di economia finanziaria - non può essere causa effetto, ma dà il trend. E quindi c'è da aspettarsi che presto torneranno a salire i titoli del cemento, anche questo (sempre con la stessa proporzione un bell'indicatore ambientale (leggi flussi di materia, consumo di suolo e via dicendo).
Dalla crisi quindi - in molti già pensano - si uscirà reinvestendo sullo stesso modello che alla crisi ci ha portato e c'è poco dunque da stare allegri. Anche in Italia il dibattito è un po' alle solite: tra strappi in avanti a parole e impasse totale nelle azioni. Un esempio ne è quanto detto dal presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia: «Sono convinta - ha affermato - che in futuro molta crescita verrà dall'applicazione trasversale di processi di risparmio energetico, non solo come core business».
Certo su Copenhagen è stata come sempre ‘pragmatica': «Anche senza accordo non è un fallimento. L'importante è che cominci un percorso e che ci sia un termine, magari entro i prossimi mesi del 2010», ma è significativo che si dica sul Sole che «comunque, bisogna andare avanti: sul tavolo c'è un diverso modello di sviluppo» e che Marcegaglia chiosi così: «Trincerarsi dietro il passato sarebbe un errore imperdonabile». Un'apertura quindi a un nuovo modello di sviluppo? Può darsi, ma poi si va a leggere quello che chiedono le aziende (sempre sul Sole) al governo per rilanciarsi per scoprire che tutto è orientato all'old economy, anche se con qualche travestimento.
Così come non aiuta molto sapere che nell'incontro organizzato a Washington dal noto economista Moisés Naím «per scambiare alcune idee sulle maggiori tendenze mondiali in atto», nessuno tra i «famosi analisti di economia e politica internazionale, alti funzionari del governo statunitense, politici, presidenti di organismi multilaterali, direttori di diversi think tanks, direttori di giornali e riviste europee ed americane, professori e dirigenti di alcune grandi aziende» presenti, abbia nominato neppure accidentalmente non la sostenibilità (sarebbe troppo...), ma neppure le questioni cosiddette ambientali.
Lo spettro di Atlantide, per usare l'espressione adoperata da Naim, non riguarda quindi solo l'Europa che come la famosa isola che «in un solo giorno e una sola notte di disgrazia» sparirà dalle mappe della politica e dell'economia mondiale durante questo secolo, ma più pessimisticamente riguarderà l'intera popolazione del pianeta se non sarà in grado di darsi regole diverse, cioè di sostenibilità.
Si parla quindi di un "dilemma Caterpillar" come generalizzabile in quanto «tra i titoli issati sugli scudi dagli investitori brillano ancora di recente altri protagonisti di settori della vecchia economia scottata dalla crisi e che auspica il consolidamento della ripresa». Come leggere questa informazione? Non siamo economisti, ma è evidente che se in questa fase di crisi (post crisi ci pare affrettato, almeno per l'economia reale) si torna ad investire sulle materie prime e quindi sulle aziende che hanno prodotti per ‘scavare', significa che si sta pensando fortemente che i migliori dividendi arriveranno da qui. O almeno lo si spera. Questo però significa che scommettono sul fatto che si tornerà a consumare fortemente materia, dunque le azioni Caterpillar sono-in proporzione inversa- quasi un indicatore di sostenibilità ambientale.
Il rapporto - visto che si parla di economia finanziaria - non può essere causa effetto, ma dà il trend. E quindi c'è da aspettarsi che presto torneranno a salire i titoli del cemento, anche questo (sempre con la stessa proporzione un bell'indicatore ambientale (leggi flussi di materia, consumo di suolo e via dicendo).
Dalla crisi quindi - in molti già pensano - si uscirà reinvestendo sullo stesso modello che alla crisi ci ha portato e c'è poco dunque da stare allegri. Anche in Italia il dibattito è un po' alle solite: tra strappi in avanti a parole e impasse totale nelle azioni. Un esempio ne è quanto detto dal presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia: «Sono convinta - ha affermato - che in futuro molta crescita verrà dall'applicazione trasversale di processi di risparmio energetico, non solo come core business».
Certo su Copenhagen è stata come sempre ‘pragmatica': «Anche senza accordo non è un fallimento. L'importante è che cominci un percorso e che ci sia un termine, magari entro i prossimi mesi del 2010», ma è significativo che si dica sul Sole che «comunque, bisogna andare avanti: sul tavolo c'è un diverso modello di sviluppo» e che Marcegaglia chiosi così: «Trincerarsi dietro il passato sarebbe un errore imperdonabile». Un'apertura quindi a un nuovo modello di sviluppo? Può darsi, ma poi si va a leggere quello che chiedono le aziende (sempre sul Sole) al governo per rilanciarsi per scoprire che tutto è orientato all'old economy, anche se con qualche travestimento.
Così come non aiuta molto sapere che nell'incontro organizzato a Washington dal noto economista Moisés Naím «per scambiare alcune idee sulle maggiori tendenze mondiali in atto», nessuno tra i «famosi analisti di economia e politica internazionale, alti funzionari del governo statunitense, politici, presidenti di organismi multilaterali, direttori di diversi think tanks, direttori di giornali e riviste europee ed americane, professori e dirigenti di alcune grandi aziende» presenti, abbia nominato neppure accidentalmente non la sostenibilità (sarebbe troppo...), ma neppure le questioni cosiddette ambientali.
Lo spettro di Atlantide, per usare l'espressione adoperata da Naim, non riguarda quindi solo l'Europa che come la famosa isola che «in un solo giorno e una sola notte di disgrazia» sparirà dalle mappe della politica e dell'economia mondiale durante questo secolo, ma più pessimisticamente riguarderà l'intera popolazione del pianeta se non sarà in grado di darsi regole diverse, cioè di sostenibilità.
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