Dispiegamento di forze speciali nel Kandhamal (Orissa) in occasione della festa di Janmastami. È il primo anniversario dall’omicidio dello Swami Laxmanananda Saraswati da cui hanno avuto origine le violenze contro i cristiani dell’agosto scorso.
Bhubaneshwar, India (AsiaNews) - Dodici plotoni dell’Orissa State Armed Police force e 500 funzionari delle forze speciali di polizia dispiegati nel Kandhamal per la festa indù di Janmastami. Nell’estate del 2008 la ricorrenza era stata segnata dall’omicidio dello Swami Laxmanananda Saraswati, avvenuto il 23 agosto, da cui hanno avuto origine le violenze indù contro le comunità cristiane dell’Orissa. Quest’anno il Janmastami cade il 13 ed è considerato dai fedeli indù come il primo anniversario dell’omicidio dello Swami. Tutte le stazioni di polizia del Kandhamal sono in stato di massima allerta e una compagnia del Central Reserve Police Force (Crpf) staziona nel distretto. Tra i cristiani della regione c’è il timore che la ricorrenza possa portare a nuove violenze e nei villaggi teatro degli scontri più cruenti di un anno fa. Il ricordo degli assalti dell’agosto scorso è ancora vivo ed è causa di paura tra religiosi e laici che hanno subito le violenze del fanatismo indù.
Suor Suma, Missionaria della Carità nella parrocchia di Shankarakole, spiega ad AsiaNews che il loro villaggio “è in una zona molto delicata, vicinissima al Samadhi di Guruji, il luogo di sepoltura dello Swami”. Il 25 agosto scorso la parrocchia è stata una delle prime a subire gli attacchi indù. Gli scontri causarono la morte di p. Bernard Digal, picchiato per ore dai fondamentalisti e deceduto due mesi dopo per le ferite riportate nell’assalto. Il sacerdote era andato a Shankarakole per incontrare il parroco, p. Alexander Chandi, il quale oggi lo ricorda affermando: “P. Bernard ora sta intercedendo dal cielo per tutto il Kandhamal e soprattutto per tutti i sacerdoti”. P. Chandi è sopravvissuto alle violenze e oggi continua a vivere tra la gente del villaggio “dopo un anno non privo di tribolazioni e sofferenze, ma in cui la comunità e i preti hanno potuto sperimentare la grazia e l’amore di Dio nella loro vita”.
Il parroco di Shankarakole ha ripreso da tempo la sua missione nel villaggio “per portare l’amore di Dio alla gente, aiutarla a ricostruire la loro vita e la comunità, e prepararsi a nuove prove se queste dovranno arrivare”.
Dall’agosto 2008 ad oggi gli attacchi contro i cristiani del Kandhamal non sono mai finiti. Dopo i primi feroci assalti, che hanno causato centinaia di morti e migliaia di rifugiati, le aggressioni si sono attenuate, ma violenze piccoli e grandi si sono succedute lungo tutto il 2009.
Il clima di minaccia e insicurezza continua ad essere palpabile in molti villaggi del distretto e la situazione non è diversa in altri Stati indiani. È dell’11 agosto la notizia diffusa dall’All India Christian Council di un assalto ad alcune opere caritative della comunità protestante del distretto di Annigere Gadag, nel Karnataka. Attivisti del movimento indù Rashtriya Swayamsevak Sangh hanno attaccato i locali dove la Chiesa evangelica svolge un programma di assistenza ai bambini accusando i presenti di compiere conversioni forzate.
di Nirmala Carvalho
Bhubaneshwar, India (AsiaNews) - Dodici plotoni dell’Orissa State Armed Police force e 500 funzionari delle forze speciali di polizia dispiegati nel Kandhamal per la festa indù di Janmastami. Nell’estate del 2008 la ricorrenza era stata segnata dall’omicidio dello Swami Laxmanananda Saraswati, avvenuto il 23 agosto, da cui hanno avuto origine le violenze indù contro le comunità cristiane dell’Orissa. Quest’anno il Janmastami cade il 13 ed è considerato dai fedeli indù come il primo anniversario dell’omicidio dello Swami. Tutte le stazioni di polizia del Kandhamal sono in stato di massima allerta e una compagnia del Central Reserve Police Force (Crpf) staziona nel distretto. Tra i cristiani della regione c’è il timore che la ricorrenza possa portare a nuove violenze e nei villaggi teatro degli scontri più cruenti di un anno fa. Il ricordo degli assalti dell’agosto scorso è ancora vivo ed è causa di paura tra religiosi e laici che hanno subito le violenze del fanatismo indù.Suor Suma, Missionaria della Carità nella parrocchia di Shankarakole, spiega ad AsiaNews che il loro villaggio “è in una zona molto delicata, vicinissima al Samadhi di Guruji, il luogo di sepoltura dello Swami”. Il 25 agosto scorso la parrocchia è stata una delle prime a subire gli attacchi indù. Gli scontri causarono la morte di p. Bernard Digal, picchiato per ore dai fondamentalisti e deceduto due mesi dopo per le ferite riportate nell’assalto. Il sacerdote era andato a Shankarakole per incontrare il parroco, p. Alexander Chandi, il quale oggi lo ricorda affermando: “P. Bernard ora sta intercedendo dal cielo per tutto il Kandhamal e soprattutto per tutti i sacerdoti”. P. Chandi è sopravvissuto alle violenze e oggi continua a vivere tra la gente del villaggio “dopo un anno non privo di tribolazioni e sofferenze, ma in cui la comunità e i preti hanno potuto sperimentare la grazia e l’amore di Dio nella loro vita”.
Il parroco di Shankarakole ha ripreso da tempo la sua missione nel villaggio “per portare l’amore di Dio alla gente, aiutarla a ricostruire la loro vita e la comunità, e prepararsi a nuove prove se queste dovranno arrivare”.
Dall’agosto 2008 ad oggi gli attacchi contro i cristiani del Kandhamal non sono mai finiti. Dopo i primi feroci assalti, che hanno causato centinaia di morti e migliaia di rifugiati, le aggressioni si sono attenuate, ma violenze piccoli e grandi si sono succedute lungo tutto il 2009.
Il clima di minaccia e insicurezza continua ad essere palpabile in molti villaggi del distretto e la situazione non è diversa in altri Stati indiani. È dell’11 agosto la notizia diffusa dall’All India Christian Council di un assalto ad alcune opere caritative della comunità protestante del distretto di Annigere Gadag, nel Karnataka. Attivisti del movimento indù Rashtriya Swayamsevak Sangh hanno attaccato i locali dove la Chiesa evangelica svolge un programma di assistenza ai bambini accusando i presenti di compiere conversioni forzate.
di Nirmala Carvalho
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