martedì, maggio 19, 2009
In Somalia dal 1991, lo staff medico di Msf ha svolto nel 2008 più di 800mila visite ed eseguito oltre 2.700 interventi chirurgici

Radio Vaticana - Rispettare le strutture sanitarie e l'indipendenza dell'azione umanitaria in Somalia: a chiederlo alle parti in conflitto è l’organizzazione Medici senza frontiere, costretta a chiudere una clinica nella zona nord di Mogadiscio dopo la nuova ondata di scontri che da giorni infuria nella capitale e che ha causato numerosi feriti e spinto migliaia di civili a fuggire verso zone più sicure. Nell’ultima settimana il team medico di Msf - riferisce l'agenzia Sir - ha curato 112 feriti da arma da fuoco nell’ospedale a Daynile, nella periferia di Mogadiscio. Tra questi oltre un terzo erano donne e bambini sotto i 14 anni. “Vista la scarsità di centri di salute accessibili, è fondamentale che le persone possano accedere a quelle ancora funzionanti” dichiara Alfonso Laguna, capo Missione Msf in Somalia, assicurando che “appena verranno ristabilite le condizioni di sicurezza minime per il personale”, Msf riaprirà il centro di salute chiuso. In Somalia dal 1991, lo staff medico di Msf ha svolto nel 2008 più di 800mila visite ed eseguito oltre 2.700 interventi chirurgici. Nel Sud del Paese Msf si occupa di assistenza primaria e malnutrizione, e distribuisce acqua (15 milioni di litri all’anno) e generi di prima necessità. Di qui l’appello ai contendenti per “continuare ad assistere i feriti e i malati a prescindere dal loro credo politico, religioso o militare”. (R.P.)


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