Lula lo ha dichiarato poco prima di incontrare la senatrice colombiana Cordoba, in Brasile per concretizzare un appoggio nelle trattative di pace
PeaceReporter - Mentre Alvaro Uribe è in Europa per incontri ufficiali con il governo spagnolo e quello italiano, accolto da movimenti di protesta e cene di gala, in Colombia continuano i botta e risposta tra le Forze armate rivoluzionarie colombiane e gli attori delle trattative di liberazione degli ostaggi. Mentre le Farc dimostrano segnali di apertura nei confronti delle imposizioni uribiste, che appaiono sempre più insormontabili aut aut, dal Brasile interviene Luiz Inacio Lula da Silva con un'affermazione che è appare una provocazione, ma che forse non lo è. "Che le Farc entrino in politica", l'America Latina di oggi è aperta a tutti i cambiamenti, anche i più impensabili.
Chiama e rispondi. Le Farc ieri hanno fatto recapitare un messaggio a Colombianas y colombianos por la Paz, dove, oltre a ribadire la necessità che questo gruppo capeggiato dalla senatrice dell'opposizione Piedad Cordoba sia coinvolto nelle trattative di liberazione di Pablo Moncayo )poliziotto catturato 11 anni fa), ha assicurato che non si opporrà alla partecipazione di Croce Rossa e Chiesa cattolica. Le due istituzioni erano state indicate giorni fa dal presidente Alvaro Uribe come le uniche a poter intervenire nella trattativa.
"Non abbiamo obiezioni sulla presenza del Comitato internazionale della Croce rossa e della Chiesa cattolica, solo che la consideriamo insufficiente", spiegano le Farc nella lettera indirizzata alla senatrice che sta dedicando tutta se stessa alla questione, aggiungendo che manterranno l'impegno di liberare Moncayo e di restituire le spoglie del maggiore Julián Guevara, oltre a consegnare le prove di sopravvivenza degli altri 21 ostaggi. Il tutto a una condizione però: che gli accordi e i protocolli di sicurezza delle unità militari che parteciperanno dovranno essere resi pubblici prima, per evitare, così, che non vengano poi rispettate dallo stesso governo.
La provocazione di Lula. Intanto, la senatrice è volata in Brasile per concretizzare l'idea di creare un'area neutrale brasiliana in cui il governo colombiano potrebbe trattare con le Farc per arrivare alla pace. Già in passato il presidente Luiz Inacio Lula da Silva ha dato prezioso appoggio alle trattative di liberazione dei prigionieri in mano alla guerriglia. E, in preparazione all'incontro con la senatrice, il presidente brasiliano ha dichiarato: "Se le Farc vogliono arrivare al potere, sarebbe molto più facile se si trasformassero in un partito politico e vincessero le elezioni. Se questo continente ha permesso che un indio e un operaio metallurgico - il riferimento è al boliviano Evo Morales e a se stesso - diventassero presidenti, perché questo non può accadere per un componente delle Farc?". Una dichiarazione che potrebbe sembrare solo una provocazione, ma che detta da un uomo con il passato di Lula suona più un invito serio e costruttivo quanto coraggioso, visto soprattuto com'è finito l'ultimo tentativo concreto di entrare in politica fatto dalla guerriglia. Negli anni Ottanta, nacque la Union Patriotica (1984), un movimento d'opposizione che appunto doveva permettere alle Farc di rientrare nella vita legale del paese. Risultato: tutti i politici vicini al movimento rivoluzionario sono stati ammazzati. A centinaia. Un vero e proprio sterminio sistematico durato venti anni e i cui mandanti ed esecutori sono tutti a piede libero. Dietro a ogni morto, sembra infatti esserci lo zampino delle bande paramilitari al servizio del potere costituito. Tutti gli omicidi hanno mandanti eccellenti, per questo una verità ufficiale ancora non c'è e per questo è stata creata l'Associazione dei familiari delle vittime del terrorismo di Stato, che indaga per ricostruire caso per caso, in modo da portare alla sbarra esecutori e mandanti. I fini principali sono verità e giustizia, ma prima di tutto si vuole arrivare a veder riconosciuto quello che fu: un genocidio sistematico per ragioni politiche.
Adesso non resta che attendere la risposta delle Farc alla dichiarazione di Lula. Intanto, occhi puntati sull'intervento brasiliano nei casi Moncayo e Guevara, i più imminenti.
Effetto Obama. Dal Brasile, Piedad Cordoba ha anche affermato che ultimamente le Farc vanno auspicando un coinvolgimento degli Stati Uniti nelle più ampie trattative di pace con il governo, da tempo auspicate e sempre franate. Un cambiamento di atteggiamento epocale questo della guerriglia, dovuto all'arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca.
"Gli inviteremo a partecipare alla liberazione del soldato Moncayo, al processo di scambio di prigionieri e a tutto ciò che avverrà dopo", ha dichiarato Cordoba.
Tornando al caso Moncayo, ha precisato che sarebbe imminente la comunicazione delle coordinate per prelevare il giovane poliziotto, dimostrando di non dar peso a quanto ribadito fermamente da Uribe su chi dovrà portare avanti le trattative. La stessa partecipazione del Brasile (che è già avvenuta a febbraio, quando le Farc liberarono due politici e quattro militari fidandosi dell'appoggio logistico brasiliano) è sottomessa all'approvazione da parte di Bogotà, che dovrà autorizzare o meno l'operazione e garantire che non ci saranno operazioni militari nell'area dove i guerriglieri decideranno di rilasciare Moncayo. Tutto è in sospeso dunque, appeso al buonsenso di un capo di Stato in tutt'altre faccende affaccendato.
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"Non abbiamo obiezioni sulla presenza del Comitato internazionale della Croce rossa e della Chiesa cattolica, solo che la consideriamo insufficiente", spiegano le Farc nella lettera indirizzata alla senatrice che sta dedicando tutta se stessa alla questione, aggiungendo che manterranno l'impegno di liberare Moncayo e di restituire le spoglie del maggiore Julián Guevara, oltre a consegnare le prove di sopravvivenza degli altri 21 ostaggi. Il tutto a una condizione però: che gli accordi e i protocolli di sicurezza delle unità militari che parteciperanno dovranno essere resi pubblici prima, per evitare, così, che non vengano poi rispettate dallo stesso governo.
La provocazione di Lula. Intanto, la senatrice è volata in Brasile per concretizzare l'idea di creare un'area neutrale brasiliana in cui il governo colombiano potrebbe trattare con le Farc per arrivare alla pace. Già in passato il presidente Luiz Inacio Lula da Silva ha dato prezioso appoggio alle trattative di liberazione dei prigionieri in mano alla guerriglia. E, in preparazione all'incontro con la senatrice, il presidente brasiliano ha dichiarato: "Se le Farc vogliono arrivare al potere, sarebbe molto più facile se si trasformassero in un partito politico e vincessero le elezioni. Se questo continente ha permesso che un indio e un operaio metallurgico - il riferimento è al boliviano Evo Morales e a se stesso - diventassero presidenti, perché questo non può accadere per un componente delle Farc?". Una dichiarazione che potrebbe sembrare solo una provocazione, ma che detta da un uomo con il passato di Lula suona più un invito serio e costruttivo quanto coraggioso, visto soprattuto com'è finito l'ultimo tentativo concreto di entrare in politica fatto dalla guerriglia. Negli anni Ottanta, nacque la Union Patriotica (1984), un movimento d'opposizione che appunto doveva permettere alle Farc di rientrare nella vita legale del paese. Risultato: tutti i politici vicini al movimento rivoluzionario sono stati ammazzati. A centinaia. Un vero e proprio sterminio sistematico durato venti anni e i cui mandanti ed esecutori sono tutti a piede libero. Dietro a ogni morto, sembra infatti esserci lo zampino delle bande paramilitari al servizio del potere costituito. Tutti gli omicidi hanno mandanti eccellenti, per questo una verità ufficiale ancora non c'è e per questo è stata creata l'Associazione dei familiari delle vittime del terrorismo di Stato, che indaga per ricostruire caso per caso, in modo da portare alla sbarra esecutori e mandanti. I fini principali sono verità e giustizia, ma prima di tutto si vuole arrivare a veder riconosciuto quello che fu: un genocidio sistematico per ragioni politiche.
Adesso non resta che attendere la risposta delle Farc alla dichiarazione di Lula. Intanto, occhi puntati sull'intervento brasiliano nei casi Moncayo e Guevara, i più imminenti.
Effetto Obama. Dal Brasile, Piedad Cordoba ha anche affermato che ultimamente le Farc vanno auspicando un coinvolgimento degli Stati Uniti nelle più ampie trattative di pace con il governo, da tempo auspicate e sempre franate. Un cambiamento di atteggiamento epocale questo della guerriglia, dovuto all'arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca.
"Gli inviteremo a partecipare alla liberazione del soldato Moncayo, al processo di scambio di prigionieri e a tutto ciò che avverrà dopo", ha dichiarato Cordoba.
Tornando al caso Moncayo, ha precisato che sarebbe imminente la comunicazione delle coordinate per prelevare il giovane poliziotto, dimostrando di non dar peso a quanto ribadito fermamente da Uribe su chi dovrà portare avanti le trattative. La stessa partecipazione del Brasile (che è già avvenuta a febbraio, quando le Farc liberarono due politici e quattro militari fidandosi dell'appoggio logistico brasiliano) è sottomessa all'approvazione da parte di Bogotà, che dovrà autorizzare o meno l'operazione e garantire che non ci saranno operazioni militari nell'area dove i guerriglieri decideranno di rilasciare Moncayo. Tutto è in sospeso dunque, appeso al buonsenso di un capo di Stato in tutt'altre faccende affaccendato.
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