Sit-in ecumenico a New Delhi: centinaia di religiosi protestano contro le violenze ai danni della popolazione tamil. Sotto accusa anche il governo di New Delhi che “sta fornendo personale e assistenza tecnica all’esercito dello Sri Lanka e nel frattempo fa appelli per la fine della guerra”.
New Delhi (AsiaNews) - Un sit-in ecumenico per protestare contro il genocidio in Sri Lanka. Dalle 9 di questa mattina, nel parco di Jantar Mantar a New Delhi, centinaia di indiani manifestano contro la guerra nello Sri Lanka e chiedono al governo Indiano e all’Onu di impegnarsi per l’immediata sospensione del conflitto. All’iniziativa, promossa dall’Ecumenical Clergy Forum for Human Rights (ECFoHR), prendono parte circa 500 religiosi tra sacerdoti, suore, pastori protestanti, seminaristi. Tra questi anche mons. Vincent M. Concessao, arcivescovo della capitale indiana, che ha aperto la manifestazione condannando la carneficina in atto nello Sri Lanka e manifestando la solidarietà dei cristiani indiani verso le vittime della guerra.
P. Benedict Barnabas, tra gli organizzatori del sit-in, interpellato da AsiaNews accusa New Delhi di ipocrisia: “Il governo indiano sta fornendo personale e assistenza tecnica all’esercito dello Sri Lanka e nel frattempo fa appelli per la fine della guerra”. Il sacerdote cattolico accusa anche “i leader politici del Tamil Nadu che stanno mettendo in scena una commedia per assicurarsi voti e la vittoria del loro partito alle elezioni generali”.
L’Ecfohr, promotore di diverse iniziative in tutta l’India nell’ultimo mese, chiede che “sia concesso alle ong di soccorrere i civili nella regione dell’Eelam [la zona a maggioranza tamil, ndr] e in particolare nella zona di sicurezza”. Tra le sigle che aderiscono all’iniziativa figurano le principali istituzioni delle diverse confessioni cristiane del Paese: il Consiglio nazionale delle Chiese dell’India, la Conferenza episcopale cattolica, l’Associazione della Chiese evangeliche e la Church of North India, che raccoglie varie denominazioni protestanti.
Per p. Barnabas, nonostante le assicurazioni del governo di Colombo, le operazioni di guerra proseguono in una “grave e reiterata violazione dei diritti umani”. “È stato detto in lungo e in largo che la guerra è finita. Le notizie che giungono dal campo dicono che solo i bombardamenti sono sospesi - afferma il sacerdote - mentre le atrocità conto i tamil continuano”.
Il sacerdote afferma che “non ci può essere altra soluzione alla guerra che quella politica” perché la popolazione tamil dello Sri Lanka “da decenni è umiliata, discriminata e trattata alla stregua di cittadini di seconda classe”. Le autorità di Colombo sono colpevoli di “manipolare e stravolgere la storia dei tamil che sono abitanti indigeni dello Sri Lanka”. Davanti a questa “falsificazione della realtà”, padre Barnabas chiede alla comunità internazionale di passare dai proclami ai fatti “per trovare una soluzione che garantisca alla minoranza tamil dello Sri Lanka la libertà”.
New Delhi (AsiaNews) - Un sit-in ecumenico per protestare contro il genocidio in Sri Lanka. Dalle 9 di questa mattina, nel parco di Jantar Mantar a New Delhi, centinaia di indiani manifestano contro la guerra nello Sri Lanka e chiedono al governo Indiano e all’Onu di impegnarsi per l’immediata sospensione del conflitto. All’iniziativa, promossa dall’Ecumenical Clergy Forum for Human Rights (ECFoHR), prendono parte circa 500 religiosi tra sacerdoti, suore, pastori protestanti, seminaristi. Tra questi anche mons. Vincent M. Concessao, arcivescovo della capitale indiana, che ha aperto la manifestazione condannando la carneficina in atto nello Sri Lanka e manifestando la solidarietà dei cristiani indiani verso le vittime della guerra.P. Benedict Barnabas, tra gli organizzatori del sit-in, interpellato da AsiaNews accusa New Delhi di ipocrisia: “Il governo indiano sta fornendo personale e assistenza tecnica all’esercito dello Sri Lanka e nel frattempo fa appelli per la fine della guerra”. Il sacerdote cattolico accusa anche “i leader politici del Tamil Nadu che stanno mettendo in scena una commedia per assicurarsi voti e la vittoria del loro partito alle elezioni generali”.
L’Ecfohr, promotore di diverse iniziative in tutta l’India nell’ultimo mese, chiede che “sia concesso alle ong di soccorrere i civili nella regione dell’Eelam [la zona a maggioranza tamil, ndr] e in particolare nella zona di sicurezza”. Tra le sigle che aderiscono all’iniziativa figurano le principali istituzioni delle diverse confessioni cristiane del Paese: il Consiglio nazionale delle Chiese dell’India, la Conferenza episcopale cattolica, l’Associazione della Chiese evangeliche e la Church of North India, che raccoglie varie denominazioni protestanti.
Per p. Barnabas, nonostante le assicurazioni del governo di Colombo, le operazioni di guerra proseguono in una “grave e reiterata violazione dei diritti umani”. “È stato detto in lungo e in largo che la guerra è finita. Le notizie che giungono dal campo dicono che solo i bombardamenti sono sospesi - afferma il sacerdote - mentre le atrocità conto i tamil continuano”.
Il sacerdote afferma che “non ci può essere altra soluzione alla guerra che quella politica” perché la popolazione tamil dello Sri Lanka “da decenni è umiliata, discriminata e trattata alla stregua di cittadini di seconda classe”. Le autorità di Colombo sono colpevoli di “manipolare e stravolgere la storia dei tamil che sono abitanti indigeni dello Sri Lanka”. Davanti a questa “falsificazione della realtà”, padre Barnabas chiede alla comunità internazionale di passare dai proclami ai fatti “per trovare una soluzione che garantisca alla minoranza tamil dello Sri Lanka la libertà”.
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