Riflessioni dal convegno di pastorale giovanile.dal sito dei PapBoys
SALSOMAGGIORE - Viaggio tra gli Uffici di Pastorale giovanile che non solo utilizzano internet, ma riescono a dialogare con istituzioni e mondo civile, proponendo i loro progetti educativi. La pastorale giovanile riparte dalla «rete». E non solo perché ormai dimostra sufficiente maturità per fare propri tutti gli strumenti informatici, come internet, che oggi caratterizzano il vissuto delle nuove generazioni, ma anche perché sa mettere in campo relazioni significative con tutte le «agenzie educative». Termine sociologico che include tutti coloro che lavorano all’interno delle migliaia di realtà abitate dai giovani: dalle scuole agli stadi, dalle piazze ai locali pubblici, fino agli ambienti di lavoro e di formazione. Non sono rare, infatti, le diocesi dove all’ormai consolidato dialogo con tutti gli uffici di Pastorale si aggiunge la collaborazione con le istituzioni sociali che popolano gli spazi esterni alle aule di catechesi e alle attività oratoriali: un mosaico di iniziative e progetti emerso nei giorni scorsi a Salsomaggiore, dove si è tenuto il X Convegno nazionale di pastorale giovanile.
Un esempio di pastorale giovanile ormai talmente matura da fare da apripista in campo educativo anche alle istituzioni civili viene dalla diocesi di Piazza Armerina, dove l’Ufficio che si occupa delle nuove generazioni viene guidato da due responsabili, un laico, Enzo Madonia, e un sacerdote, don Giuseppe Fausciana. «A Salsomaggiore è stata confermata la linea sulla quale noi stiamo lavorando – dice Madonia – che parte dalla consapevolezza che l’educazione è una missione che appartiene a tutti all’interno di un progetto che coinvolge comunità cristiana e società civile. Vanno in questo senso, ad esempio, i meeting giovanili diocesani di Piazza Armerina – aggiunge il responsabile laico diocesano –, oppure i numerosi forum cittadini dei giovani, diventati punto di riferimento per i diversi centri abitati della diocesi. Un progetto, che per la sua capacità di cogliere le urgenze più attuali è stato indicato come esemplare dal vicepresidente della Com- missione nazionale antimafia».
Ma perché fare «rete»? Prima di tutto perché la rete permette di cogliere ciò che oggi i giovani chiedono, si è detto a Salsomaggiore, realizzando così l’obiettivo dell’ascolto, così come è stato messo a fuoco durante il primo anno dell’Agorà dei giovani italiani. Lo sa bene don Roberto D’Annibale, che da poche settimane è responsabile della pastorale giovanile della diocesi di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado. «A Urbino vivono almeno 20 mila universitari – dice don Roberto –, ecco perché il dialogo con l’università è una delle nostre prime priorità». A mostrare il volto di una «rete diocesana » in ascolto delle nuove generazioni, infine, è Marco Cerruti, che con sua moglie è ormai da 11 anni responsabile a tempo pieno della pastorale giovanile di Firenze. «Lavoriamo da tempo in stretta collaborazione con il Centro diocesano delle vocazioni – racconta –, assieme programmiamo e proponiamo diverse iniziative. Tre la più 'sperimentali' c’è un percorso per fidanzati pensato non per prepararli immediatamente al matrimonio ma per aiutarli a vivere proprio il fidanzamento».
E cosa chiedono i giovani fiorentini? «Un’iniziativa che è nata dal basso, richiesta da più parti – risponde Cerruti –, è un percorso di sette incontri dedicato alla Bibbia per i giovani. E forse non è una casualità che da qualche tempo esistesse già un’iniziativa analoga per gli adulti...»: se l’educazione è un’opera «in rete» è necessario che anche gli adulti della comunità siano parte integrante di questo tessuto vivo.
Per Modena, infine, fare rete significa anche aprirsi al mondo: a Salsomaggiore, infatti, don Federico Pigoni, responsabile modenese della pastorale giovanile, ha riportato l’esperienza di alcuni giovani della sua diocesi che hanno viaggiato in Cina, toccandone ferite e urgenze, grazie alla guida della Caritas di Hong Kong. Anche questo è un modo per incontrare i giovani fino «agli estremi confini».
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