domenica, gennaio 06, 2008

Reportage di Nicola Messina 04/01/2008

Stamattina levata alle 5.30 qui a Battambang.
Il viaggio fino a Siem Reap è lungo, in quanto ho deciso di compiere il percorso via fiume. Avevo già sentito dire che doveva trattarsi di un percorso suggestivo. La decisione di intraprenderlo ha superato tutte le mie aspettative: è stato un lungo viaggio, durato 9 ore, ma ricco di osservazioni ed emozioni visive. Il fiume Stung Sangker è davvero straordinario e i mutamenti di paesaggio sono realmente notevoli, cosi come sono mutevoli i suoi profumi e i suoi suoni. Già appena dopo la partenza del battello fluviale, la visione delle alte sponde del fiume era affollata di palafitte che a malapena stanno in piedi coi loro pali di tek alti oltre 3 metri.
I pescatori sono già a lavoro, a preparare le loro reti da pesca e le galline pascolano nei loro recinti sull’argine del fiume. Molte famiglie si svegliano ed escono dalle loro abitazioni, coperte da deboli tettoie di paglia.

Enormi pentoloni sbuffano. Sembra di essere in un girone infernale dantesco. Bastano pochi minuti appena dopo la partenza che la vita rurale prende il sopravvento nelle mie osservazioni. Il sole ancora non riesce ad avere la meglio sulla coltre nuvolosa e la temperatura quindi è ancora molto fresca. Man mano che si procede il sole comincia ad aprire un varco tra le nuvole ed ecco che l’aria cambia subito la sua temperatura. Uomini e donne sul fiume calano e tirano su le loro reti. Ogni tanto il battello deve attraccare per fare salire e scendere qualche passeggero o qualche merce, ma le soste durano pochi istanti. Gli argini del fiume sono molto alti sulla sponda sinistra del fiume, dove alberi di banano, canneti e palme da cocco circondano le palafitte e poche strutture in cemento cadente. Essere su questo battello mi dona un senso di libertà incredibile. Sento la “liberta” di muovermi con le emozioni e con il pensiero, libero da condionamenti. Incrociare poi altri viaggiatori il cui cammino si interseca col tuo è un’esperienza unica; europei, asiatici, sud americani che si incontrano in terre lontane dalla propria per un comune scopo. E’ emozionante. Sono numerosi i bambini che sulle sponde del fiume salutano e giocano, non posseggono niente... spaventosamente NIENTE.
Man mano che si procede le strutture palafitticole si semplificano nella loro architettura e qui la povertà è davvero manifesta in tutta la sua crudezza... ma è paradossalmente dignitosa e serena.
La vegetazione spontanea tende a lasciare il passo a terreni coltivati e gli argini, col passare delle ore, si fanno più bassi mentre si restringe l’ampiezza del fiume. Le curve aumentano e l’andamento è sempre più a zig-zag.
Il nostro incedere sul fiume diventa spesso molto lento e siamo costretti spesso a fermarci per non arenarci nei cordoni sabbiosi che spesso si ergono al centro dell’alveo fluviale. Siamo infatti in piena stagione secca e il transito sul fiume deve avvenire con lentezza dati i bassi fondali. Viceversa, durante la stagione piovosa, le cose vanno diversamente. La larghezza del fiume si riduce pian piano a pochissimi metri e per di più lungo le sponde del fiume sono presenti reti da pesca che creano un ulteriori ostacoli. D’improvviso un villaggio si para d’innanzi. E’ composto di palafitte altissime, fatiscenti, quasi senza tetto. E’ stupenda l”atmosfera che sembra regnare al suo interno, sembra che ci sia una qualche festa perché della musica si diffonde da un altoparlante fissato su un lunghissimo palo.
Numerose paludi compaiono ed è spettacolare osservare il sole riflettersi su questi specchi d’ acqua pulita, sovrastati solo dal fragore di varie specie ornitologiche.
Ci insabbiamo continuamente, si procede a passo d’uomo. Il fiume diventa molto stretto, compaiono delle chiatte di bamboo abitate che sostengono enormi reti da pesca. Le case da qui in poi diventano delle vere e proprie barche ed è incredibile riuscire a pensare che ci si possa vivere in maniera serena e civile. In passato ho vissuto un’esperienza simile in Africa Occidentale ma qui la situazione è ancora più difficile. Intorno ci sono solo queste case-barca ed altre abitazioni di legno che poggiano su zattere di bamboo.
A un certo punto il fiume si allarga immettendosi in una sorta di meravigliosa laguna dove si apre un villaggio pittoresco, composto soltanto di barche circondate da vegetazione. E’ lo spettacolo più bello che abbia mai potuto osservare e sono certo che la sua visione non lascerebbe indifferente nessuno. E’ stata una palese dimostrazione di come si possa vivere serenamente senza alcun bisogno materiale, se non l’amore per se stessi e per le acque del fiume, fonte del loro sostentamento. Il fiume per questa gente è davvero la vita, il cibo, l’acqua le strade... ed ogni altra cosa. Mi dilungherei troppo se dovessi raccontarvi tutte le mie osservazioni ma vi basti sapere che dopo alcune ore gli argini fluviali sono costituiti solo da vegetazione e da tappeti sterminati di ninfee che difficilmente posso descrivervi tale è la loro bellezza. Sembrano essere infinite e tappezzano la superficie del fiume di un verde acceso che contrasta con l’azzurro del cielo. Attraversiamo per un po’ di tempo queste piante fino a che il fiume riacquista la sua libertà ritrovando libera la sua superficie. Altri villaggi si susseguono e in alcuni di questi, grandi gabbie racchiudono numerosi coccodrilli. Noto che in uno dei villaggi successivi è presente pure una chiesa cattolica. Proseguendo il cammino, lo Stung Sangker si getta nel grande lago Tonle’Sap e da qui in poi sembriamo navigare in mezzo al mare. Raggiungiamo il villaggio di Chong Kneas nel tardo pomeriggio. Da qui un Tuc Tuc mi conduce al centro cittadino, che si trova a circa 25 Km dal porticciolo del villaggio.
Questa sera Seam Reap è molto animata, illuminata, carica di atmosfera festosa. Mi gusto una tipica zuppa Khmer con gamberi, lemongrass, lime e ginger. Ho trovato un lodge confortevole per 2 dollari. Per adesso buona notte a tutti...


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