sabato, maggio 29, 2010

Immigrazione e rapporto Amnesty: le reazioni dopo la bocciatura del governo

“Che l’Italia in passato abbia salvato migliaia di vite umane in mare è sicuramente vero e questo fa onore al paese. Altrettanto vero, però, è che con la pratica dei respingimenti dal 6 Maggio del 2009 l’Italia ha rimandato in Libia senza aver svolto alcuna identificazione anche richiedenti asilo provenienti dalla Somalia e dall’Eritrea bisognosi di protezione”.

Agenzia Misna - Laura Boldrini ha risposto con queste parole alle critiche rivolte dal ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, al rapporto 2010 di Amnesty International. Presentato ieri, il rapporto – che fa il punto sullo stato dei diritti umani in tutti i paesi del mondo – ha denunciato sgomberi forzati illegali delle comunità Rom, espulsioni di migranti verso luoghi in cui sono a rischio di violazioni dei diritti umani, provvedimenti delle autorità che hanno messo a repentaglio i diritti di migranti e richiedenti asilo. “Invece di indignarsi, il ministro Frattini farebbe meglio a riflettere con più attenzione sul Rapporto di Amnesty International” ha aggiunto a sua volta Savino Pezzotta, presidente del Consiglio italiano rifugiati. “Sottovalutare la denuncia di Amnesty, invece di recepire una sollecitazione ben precisa, è comunque un errore. Se anche le Nazioni Unite hanno criticato l’Italia per i centri di identificazione ed espulsione una ragione – ha concluso Pezzotta - ci sarà pure”. Nel rapporto vengono in particolare sottolineati gli sviluppi legislativi che hanno portato all’approvazione del cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’ con una serie di norme restrittive in materia di immigrazione e l’introduzione del reato di ‘immigrazione irregolare’. “I governi italiano e maltese – è scritto – in disaccordo sui rispettivi obblighi di condurre operazioni di salvataggio, hanno lasciato i migranti per giorni senza acqua e cibo, ponendo a grave rischio le loro vite”. Spazio viene anche dato al coinvolgimento dell’Italia nei cosiddetti casi di ‘rendition’: “Le autorità – continua il Rapporto – non hanno collaborato pienamente alle indagini e, in nome della sicurezza, hanno proseguito nella politica di rinvio forzato di cittadini di paesi terzi verso luoghi in cui erano a rischio tortura”.

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sabato, maggio 29, 2010

"Maggio dello scompiglio", arte e spettacolo

L’Associazione Culturale Dello Scompiglio, sabato 29 e domenica 30 maggio 2010, organizza una manifestazione dedicata al teatro, alla performance, all’arte contemporanea e alle attività per bambini, nello scenario della Tenuta Dello Scompiglio a Vorno, in provincia di Lucca.

L’’interazione con lo spirito del luogo, il gioco fra spazi interni ed esterni, sono fra gli intenti che l’Associazione vuole condividere con altri artisti: l’apporto di un “segno” riconoscibile in relazione/opposizione con lo spazio naturale pre-esistente, che lo trasformi attraverso un elemento esclusivamente umano o artificiale. Ancora, scompigliare il glossario dei linguaggi teatrali e visivi codificati, creando uno spazio di sogno e d’incubo; contrapporre linguaggi per farli diventare più chiari. Farli sbattere l’uno contro l’altro. Lasciarli fluire, uno nell’altro, fino allo svanimento. (programma)


La Compagnia Dello Scompiglio, alle ore 11.30 e alle ore 18.00 di entrambi i giorni, presenta Riflessi in bianco e nero, una performance itinerante in quattro tappe. Idea, regia e scene di Cecilia Bertoni. Con Marialucia Carones, Serena Gatti, Marco Di Campli San Vito, Piero Leccese, Tazio Torrini e Alessio, Deniel, Derox, Federico, Francesco e Paolo. Suoni e musica di Carl Beukman. Tree climber Paolo Carrara.
Mostra collettiva a cura di Angel Moya Garcia con Cecilia Bertoni. Opere di: Clara Conci, Davide Orlandi Dormino, Silvia Giambrone, Pablo Rubio, Chiara Scarfò, Gian Maria Tosatti, Enrico Vezzi, Claudia Zicari.

Riflessi in bianco e nero è una performance itinerante, parte di una trilogia in fase di creazione, che affronta il tema del perdere e del vincere, e della loro relazione con il tempo in tutte le sue dinamiche, reali e non.
In particolare, Riflessi in bianco e nero si concentra sul perdere, la perdita, i perdenti, il tempo e la memoria attraverso un percorso unitario che si sviluppa in diverse forme espressive, in relazione a un tema e alla diversità naturale ed architettonica degli spazi della Tenuta che la ospitano.
L’itinerario, in quattro tappe, si delinea attraverso un percorso in discesa, in luoghi molto diversi, all’interno della Tenuta Dello Scompiglio. All’Uccelliera: L’Attesa; al frassino: La Perdita; alla vigna abbandonata: Il Cimitero della Memoria (mostra collettiva); allo stagno: Il Funerale del Tempo.
Le scene delle tappe l' Attesa, la Perdita, il Funerale del Tempo, sono installazioni composte di oggetti, azioni e persone. Le persone presenti e quelle assenti. Nella terza tappa, il Cimitero della Memoria, invece, l'espressione visiva diventa dominante. Sottolinea l'assenza.


La prima tappa, L’Attesa ha luogo all’ombra dei lecci dell’Uccelliera, alla sommità della collina, dove il pubblico trova una tavola imbandita con un rinfresco e un’installazione, che orchestra in un’immagine i temi della performance.
La seconda tappa, La Perdita, si svolge su una piramide di terrazzamenti presso un enorme frassino: 3 uomini presenti ma distanti e 3 uomini assenti. Ai piedi dei terrazzamenti 2 buche, 2 donne che confidano al ventre della terra i loro segreti. Perdere… finire di possedere la vita, il respiro, il tempo, la memoria la materia, le persone, i sensi…. Possiamo perdere solo quello che abbiamo.
La terza tappa, Il Cimitero della Memoria, in cui l'espressione visiva diventa dominante, si sviluppa sul territorio di una vecchia vigna, i cui resti sono pilastri di cemento. Ricordi effimeri, simulacri, vuoti calpestabili, librerie di frammenti dimenticati, spazi privati, immagini incustodite, passaggi socchiusi, suoni che si dileguano nel tempo o luoghi mentali in bilico tra il passato e il presente di otto artisti invitati a riflettere per elaborare una lettura soggettiva della memoria.
La quarta tappa, Il Funerale del Tempo, già presentata in anteprima nell’ambito del Settembre Dello Scompiglio 2009, si svolge allo stagno e si focalizza sulle dinamiche del tempo. Quello esteriore ci incatena a un percorso scandito con precisione dalla nascita alla morte. Quello interiore, fra memorie che ci riconducono nel passato e desideri che ci proiettano nel futuro, ci disorienta nel presente. Come il respiro, il tempo è sempre, comunque ed ovunque presente.

Nella Cappella e all’interno della Tenuta opere di Alfredo Pirri, Maurizio Nannucci e Jannis Kounellis.

Installazione animata “Relazioni a Catena”. Ore 10-11 e ore 17-19 (tra le Colonne) Di Caterina Pecchioli con Maria Goeminne e Costanza Givone
L'installazione-performance è il risultato di un periodo di ricerca svolto dal gruppo lo scorso aprile nella Tenuta Dello Scompiglio. Il ritmo del colonnato della Vigna Bassa ha ispirato un lavoro dinamico, come una scultura animata, in cui 44 sedie cambiano costantemente e ciclicamente aspetto. I diversi assetti del gruppo di sedie sono condizionati dal tipo di relazione messa in atto dalle performer. Ogni volta che il rapporto si trasforma innesca un meccanismo a catena che si propaga in tutta la "comunità" delle sedie e che ne determina l'aspetto finale.

Per i più piccoli, sabato 29 alle ore 16.00 e domenica 30 alle ore 12.00 e 16.00, nel Giardino Segreto del Parco, La strega del tempo, spettacolo con pupi da tavolo. Animazione, messa in scena e regia di Carmen Acconcia. Musica di Giuseppe Acconcia.
L’autrice della storia, che narra degli incontri con creature della natura fatti da una bambina durante una escursioni in montagna con il suo cane e dei doni da loro ricevuti, è la scrittrice svizzera non vedente Ursula Burkhard, che ha approfondito a lungo il tema “la natura e i suoi elementi”.
Alle 17.00 il laboratorio "Costruiamo i personaggi per una storia", per adulti e ragazzi, con la guida di Carmen Acconcia.

Nel corso delle due giornate sarà possibile dedicarsi anche al tree climbing. Adulti e bambini da 5 anni avranno l’opportunità di salire sugli alberi della Tenuta e di potersi avvicinare ad alcuni di questi magnifici esemplari.
(ore 10.00 – 13.00 e 15.00 – 17.00)

ll Progetto Dello Scompiglio è nato sulle colline di Lucca- per iniziativa dell’artista e performer Cecilia Bertoni- per avviare un processo di interrelazione fra cultura e natura, un disegno volto a dare voce a varie ricerche che si propongono di contaminare ambiti apparentemente diversi, ma in realtà coincidenti nella vita quotidiana. L’ Associazione intende offrire a musicisti, performer e danzatori la possibilità di creare una loro opera in ambiente esterno e di riproporla come metamorfosi negli spazi performatico ed espositivo.Così, da un lato, la cultura si declina nei linguaggi del teatro sperimentale, della musica, della performance, della poesia, della video arte, delle installazioni, dello studio e della ricerca; dall’altro lato, la natura si propone come equilibrio paesaggistico, agricoltura biologica, sperimentazione agraria, creatività culinaria. La Tenuta Dello Scompiglio (già Villa Minutoli ) in un’area di 200 ettari, 50 dei quali formano il nucleo principale, comprende un parco secolare con villa seicentesca, spazi agricoli, case coloniche, boschi e zone di transizione fra natura boschiva e antichi terrazzamenti in terra e pietra che costituiscono un interessante segno architettonico nel paesaggio.
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INFO e prenotazioni tree climbing: tel 0583 971475 - 338 7884145
E-mail: info.ac@delloscompiglio.org | Sito Web: www.delloscompiglio.org

Ufficio stampa Giovanna Mazzarella
E-mail: mazzarella@fastwebnet.it | Telefono 348 3805201
Aperta anche la Cucina Dello Scompiglio. Informazioni e prenotazioni: 0583 971473 - 320 8838907 Sono consigliate calzature sportive.

Biglietto valido per tutte le attività: € 5,00
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venerdì, maggio 28, 2010

Libro in Fiera: il gusto di leggere

della nostra redattrice Monica Cardarelli

Ha preso il via quest’oggi presso nel centro storico di Formello, alle porte di Roma, la manifestazione “Libro in Fiera: il gusto di leggere” che si concluderà domenica 30 maggio. L’iniziativa, promossa nel decennale della Biblioteca Comunale Multimediale di Formello, riunisce nelle strade e le piazze del centro storico editori, librerie, biblioteche ed autori. La risposta all’evento è stata notevole anche perché, è il caso di dirlo, ce n’è per tutti i gusti. I bambini, ad esempio, questa mattina hanno dato inizio alla Fiera con l’Incontro-Laboratorio “Tribù dei lettori”, progetto della Provincia di Roma a cura dell’Associazione Playtown che ha visto la partecipazione degli alunni della scuola secondaria di primo grado di Formello, e proseguiranno nell’arco di queste tre giornate con altre attività ludico-didattiche organizzate appositamente per loro.

Si potrà assistere a presentazioni di libri, letture poetiche e teatrali e incontrare gli autori presenti presso lo stand della Biblioteca Comunale. Tutto questo in una cornice musicale che ha visto l’Accademia di Musica di B. Pasquini dare avvio alla Fiera e, sabato 29, vedrà la Banda Comunale di Formello concludere la giornata con il “Concerto di primavera”.
Nel corso della Fiera, inoltre, sarà possibile visitare alcune mostre sia presso la Biblioteca che nella Sala Orsini di Palazzo Chigi.
L’iniziativa “Libro in Fiera” è stata presentata quest’oggi dal Sindaco Giacomo Sandri e dall’Assessore alla Cultura Maria Rita Bonafede.
Una ‘tre giorni’ quindi che vede un unico protagonista: il libro. Ancora per una volta tutto ruota intorno a lui: tutti intorno al protagonista a guardarne le copertine, sfogliarne le pagine, rubare qua e là qualche frase per ricordare tutto quello che ci può dare la lettura, scambiare due parole con gli autori per carpire i loro segreti o le loro sensazioni nello scrivere e molto altro. In fondo, tutti noi abbiamo ancora vivi nella memoria i ricordi di alcune pagine di libri letti da ragazzi o da adulti e questi ricordi vengono rievocati ogni volta che ci avviciniamo ad un libro. Perché la lettura ci riconduce a ciò che siamo e ci pone in relazione con gli altri. È un richiamo di proustiana memoria quello che riaffiora e torna come la Madeleine di Proust con tutto il suo piacere. È proprio lui, il gusto di leggere.
Allora, iniziative come queste, che possono ad un primo sguardo apparire scontate o da relegare al tempo libero, sono invece importanti e fondamentali per il nostro benessere e la memoria dei nostri piaceri. E allora, benvenuto e bentornato gusto di leggere!
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venerdì, maggio 28, 2010

Marea nera, news da Bp: 'Top Kill' sta andando bene

Il coordinatore delle operazioni: prossime 12-18 ore saranno cruciali. Il numero uno di Bp, Tony Hayward ha detto che l'operazione 'Top Kill' per chiudere il pozzo petrolifero nel Golfodel Messico "sta andando abbastanza bene".

Ansa.it - Houston - Hayward ha detto, intervenendo alla trasmissione della Abc Good Morning America, che nel pozzo sono stati immessi gomma e altri materiali e che nel corso della giornata sarà pompato altro fango. Le prossime 12-18 ore saranno cruciali nel tentativo di fermare definitivamente la perdita di greggio nel Golfo del Messico. Lo ha affermato l'ammiraglio della Guardia Costiera Thad Allen, coordinatore delle operazioni di contenimento della marea nera. Il gruppo Bp ha dichiarato che la marea nera provocata dall'affondamento della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon nel golfo del Messico gli è già costata circa 930 milioni di dollari, oltre 750 milioni di euro.

Dopo uno stop di 16 ore, e' ripresa la scorsa notte l'operazione 'Top kill', per la chiusura definitiva del pozzo della Bp nel Golfo del Messico. La lunga interruzione sarebbe stata dovuta a risultati che non apparivano ''sufficienti'', hanno spiegato dalla societa' petrolifera, che ha scelto di fermarsi per capire come rendere piu' efficiente l'operazione. Dalla Bp trapela comunque cauto ottimismo. Oggi il presidente americano Barack Obama si rechera' per la seconda volta in meno di un mese sul luogo del disastro ambientale, in Lousiana. A Settimo Torinese un'azienda piemontese presentera' con una dimostrazione dal vivo la sua soluzione per assorbire il petrolio disperso in mare.

RABBIA DI OBAMA: STOP A TRIVELLE, BP PAGHI
NEW YORK - Per esprimere la sua collera Barack Obama fa parlare la figlia. "Hai tappato il pozzo, papa?": citando Malia, 12 anni, il presidente degli Stati Uniti fa proprie la rabbia e le angosce degli americani nei confronti della Bp, che pagherà fino all'ultimo centesimo per la marea nera senza precedenti nel Golfo del Messico. Nella East Room della Casa Bianca, Obama è alle ultime battute della conferenza stampa più lunga della sua carriera (oltre un'ora), durante la quale il presidente annuncia una nuova lunga moratoria nelle trivellazioni offshore, ribadisce che la Bp pagherà fino all'ultimo centesimo per "il peggior disastro ambientale" della storia degli Usa e accusa ancora una volta l'industria petrolifera di essere "spesso corrotta". Obama - che domani si recherà per la seconda volta in meno di un mese in Lousiana - ha in realtà voluto soprattutto difendersi dalle accuse di essere intervenuto troppo tardi e con poca decisione spianando la via ad un dramma alla Katrina, l'uragano che nel 2005 mise in ginocchio New Orleans e portò ai minimi la popolarità del suo predecessore George W. Bush.
E mentre le cifre snocciolate dagli esperti Usa prospettano una marea nera grande il doppio rispetto a quella del 1989 in Alaska con il naufragio dell'Exxon Valdez, Elizabeth Birnbaum, la responsabile dei Mineral Management Services (Mms, che dà il via libera alle trivellazioni), lascia l'incarico, verosimilmente licenziata dal ministro dell'interno Ken Salazar. "Eravamo lì sin dal primo giorno", ha detto Obama nella conferenza stampa, respingendo le accuse di lentezza, "sperando il meglio ma pronti al peggio". Tutte le decisioni sono state fatte in base "alle migliori indicazioni scientifiche, prendendo in considerazione i pareri più accreditati, tenendo conto dei rischi e di tutte le opzioni". Ma trattandosi di "una operazione così vasta, errori sono possibili", ha precisato il presidene. Obama ha insistito sul fatto che tutte le decisioni finali sulla proposte della Bp vengono prese dall'Amministrazione, anche perché "il governo americano non ha tecnologie superiori. Dovremmo possederlo? Lo deciderà una commissione" ad hoc, ha detto l'inquilino della Casa Bianca. E poi, "l'interese di Bp è di minimizzare sul danno, e in questo il loro interesse non coincide con l'interesse del pubblico". Pur dichiarando il proprio interesse per le energie alternative, Obama non ha chiuso le porte alle trivellazioni future. Ma saranno più difficili e le misure di sicurezza saranno decisamente più severe. Oltre ad una moratoria di 6 mesi sulle trivellazioni offsohore in acque profonde, il presidente ha annunciato oggi "la sospensione delle attività di 33 pozzi di esplorazione attualmente in corso nel Golfo del Messico", la sospensione di un progetto al largo dell'Alaska, oltre a quella di concessioni previste al largo della Virginia. Secondo Obama "estrarre petrolio è diventato più caro e più rischioso" e ci troviamo in "un momento di transizione verso nuove energie" anche perché il petrolio facilmente accessibile "é già stato tutto estratto".

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venerdì, maggio 28, 2010

Restiamo umani

Un reportage di Vittorio Arrigoni dalla Striscia di Gaza, dove neanche i bambini sono al sicuro

PeaceReporter - Gli abitanti di Beit Hanoun sono andati a dormire martedì notte e si sono risvegliati di soprassalto agli inizi del gennaio 2009. Era infatti dai giorni del massacro di un anno e mezzo fa che a Nord della Striscia non piovevano dal cielo ordigni così devastanti come i due missili lanciati all'alba di ieri, 26 maggio 2010, da caccia F16 israeliani nel centro della città. Quindici civili palestinesi sono rimasti seriamente feriti. Obiettivo ipotetico del bombardamento una base di addestramento delle Brigate Ezzedin al Qassam, il braccio armato di Hamas. Ipotetico dicevamo, e infatti le deflagrazioni si sono occupate principalmente di ridurre in macerie un campo estivo per bambini che avrebbe dovuto aprire i battenti ai primi di giugno, comprensivo di parco giochi e piscina.

A meno che i temibili mujaheddin di Hamas non si esercitino a spazzare via Israele su scivoli e altalene, e non immaginino di invadere i porti di Ashkelon e Ashdod a nuoto in stile libero, direi che il bersaglio è stato mancato. Nel gennaio 2009 centinaia di infrastrutture per l'educazione e lo svago dei bambini di Gaza come scuole, orfanotrofi e parchi giochi sono state distrutte o seriamente danneggiate dall'esercito israeliano. Con l'assedio imposto alla Striscia Israele vieta l'entrata di qualsiasi materiale per la ricostruzione, e quegli edifici pericolanti sono rimasti tali e quali a distanza di più di un anno. La stessa sorte che toccherà al centro ricreativo di Beit Hanoun appena distrutto.


Secondo testimoni presenti sul posto l'aviazione israeliana ieri mattina ha utilizzato dei particolari tipi di ordigni denominati "dumb bombs", gli stessi che utilizza quando bombarda i tunnel al confine di Rafah. Le "dumb bombs" sono missili a guida laser ad alta penetrazione, come il PB500A1, che secondo gli esperti conferisce un impatto esplosivo pari a una bomba a due volte la sua dimensione. Sopra un frammento del missile ripescato fra le macerie è ancora impresso il numero di serie dell'industria USA che lo ha fabbricato. Oltre al campo estivo innumerevoli sono stati i danni agli edifici vicini, sino a 500 metri dall'impatto dei missili a terra.
Un negozio di acconciature e una farmacia sono state seriamente danneggiate dopo l'esplosione.

I frammenti delle bombe hanno perforato i muri di una stanza nella quale dormiva in una culla un bambino di dieci mesi, miracolosamente rimasto incolume.
Tanto scalpore nel mondo aveva giustamente suscitato qualche giorno fa l'atto di vandalismo di un gruppo di estremisti salafiti ai danni di un campo estivo dell'Unrwa a Gaza, mentre la distruzione del centro ricreativo di Beit Hanoun è passato pressoché inosservato. L'innocenza dei bambini dovrebbe essere preservata ad ogni costo, sia che gli orchi siano degli ipnotizzatori islamisti col turbante, sia che siano dei serial killer in divisa da soldati che uccidono da diecimila metri di altezza. Restiamo umani.
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venerdì, maggio 28, 2010

Cina: gli aiuti del Papa per i terremotati di Yu Shu

Gli aiuti di Benedetto XVI, giunti attraverso il Pontificio Consiglio Cor Unum, sono nelle mani dei terremotati della Regione autonoma tibetana di Yu Shu, della provincia di Qing Hai, colpiti dal violento terremoto del 14 aprile scorso.

Radio Vaticana - Secondo quanto riferiscono all’agenzia Fides i responsabili di Jinde Charities, “la donazione di 25.000 dollari del Papa, che ha lanciato subito l’appello alla solidarietà per i terremotati di Yu Shu poche ore dopo la tragedia, è stata destinata per coperte, tende, latte in polvere per i bambini, verdure ed alimenti vari, per soddisfare le prime necessità urgenti, esattamente come il Santo Padre ha desiderato”. Jinde Charities è l’ente caritativo cattolico cinese, attivo sul posto fin dal primo momento della tragedia, che opera in collaborazione con Caritas international, la Caritas tedesca e quella australiana, ed anche con i gruppi caritativi cattolici continentali, come il Catholic Social Service Center della diocesi di Xi An. Grazie agli aiuti della comunità cattolica internazionale ed alla donazione del Santo Padre, i cattolici hanno potuto offrire una rilevante quantità di aiuti ai terremotati dalla prima emergenza fino ad oggi. Jinde Charities informa che hanno distribuito 60 set per l’igiene personale; 800 divise per la scuola; decine di scarpe per i bambini della scuola elementare di Yu Shu (dove sono morti 5 tra bambini ed insegnanti, 9 aule sono state distrutte, 53 studenti sono rimasti feriti); 10 tonnellate di verdure per 2.000 famiglie; 300 tende; 590 letti pieghevoli; 465 materassi; 325 set per la notte; 31 bombole di gas; 100 chili di farina; 2.000 chili di riso; 150 chili di spaghetti; 400 litri di olio da cucina; 800 set a studenti ed insegnanti per l’igiene personale; set per l’igiene personale di 2.300 donne (soprattutto monache buddiste); generatori di elettricità e 1.000 chilometri di fili elettrici. Tutti questi aiuti sono stati consegnati ai bisognosi grazie all’intenso lavoro dei volontari cattolici. Le suore e i sacerdoti continuano ancora oggi, a più di un mese dal terremoto, la loro missione di servizio e di solidarietà tra i terremotati seguendo l’indicazione del Papa. Tre religiose quotidianamente vanno ad offrire sostegno psicologico ai 31 bambini tibetani rimasti orfani, e tanti altri servizi resi dalla comunità cattolica brillano come testimonianza di fede, di carità e di speranza per i terremotati.

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venerdì, maggio 28, 2010

Pakistan, più di 80 le vittime dell'attacco alle moschee

È in continuo aumento il bilancio delle vittime dei ribelli talebani che questa mattina hanno attaccato due moschee, una nel quartiere di Model Town e l'altra a Gahri Shahu a Lahore.

PeaceReporter - Secondo le ultime stime i morti potrebbero essere più di 80 e altrettanti i feriti. I miliziani asserragliati nei luoghi di culto hanno tenuto testa alle forze di sicurezza pakistane e le hanno impegnate in una lunga sparatoria. Le quasi mille persone che si trovavano in ostaggio dei miliziani talebani, sono state liberate solo dopo due ore di furiosi combattimenti.
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venerdì, maggio 28, 2010

Gravi gli effetti della detenzione nei Centri europei per i migranti

Una ricerca condotta in 23 Paesi dell’Unione europea, promossa dai Gesuiti, per verificare gli effetti della detenzione nei Centri per i migranti, soprattutto su donne e bambini.

Radio Vaticana - Lo studio, promosso dal Servizio dei Gesuiti per i rifugiati (Jrs), sarà presentato – riferisce l’agenzia Sir - il prossimo 8 giugno a Bruxelles. “Diventare vulnerabili durante la detenzione”, è il titolo dello studio, che durante 18 mesi di osservazione ha analizzato le conseguenze della costrizione e privazione della libertà, a livello psicologico e sanitario, sulla vita di richiedenti asilo e migranti rinchiusi nei Centri, sparsi ovunque nell’Unione europea. Il risultato di questo studio, anticipa il Jrs, dimostra che “giovani donne, bambini e persone detenute per più di tre mesi soffrono di gravi forme di stress, ansia, depressione, insonnia e perdita di peso”. (R.G.)
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venerdì, maggio 28, 2010

Terna: saper prevedere la ventosità riduce il ricorso al petrolio

All'interno del piano di sostenibilità 2009 presentato ieri da Terna appare particolarmente significativo il capitolo riguardante il piano di sviluppo della rete.

GreenReport - E' presente un intero paragrafo dedicato esclusivamente alla riduzione delle perdite di rete, che fa ben capire come il ricorso alle energie rinnovabili costituisca una grande opportunità se supportato da una rete che ne colga la loro forza: ovvero la diffusività sul territorio. Le perdite di rete infatti dipendono dalla lunghezza del percorso dell'energia elettrica sulla rete di trasmissione, ma non solo. Volendo semplificare, più lontano è il punto di prelievo dalla RTN di energia (ovvero il consumo) dal punto dell'immissione nella RTN dell'energia prodotta, maggiori sono le perdite a parità di consumo.

Inoltre, a parità di percorso le perdite sono maggiori su una linea a tensione più bassa. Si possono quindi ridurre le perdite grazie agli interventi di sviluppo che migliorano la magliatura della rete, ovvero avvicinano i punti di prelievo e di consumo. Le perdite si possono ridurre anche grazie al potenziamento di un tratto di rete, per esempio quando una linea a 380 kV ne sostituisce una a 150 kV sullo stesso percorso.

Con la completa realizzazione degli interventi previsti nel Piano di Sviluppo 2010, la diminuzione delle perdite alla punta potrebbe raggiungere un valore di potenza di 200 MW, cui corrisponde una riduzione delle perdite di energia nella rete valutata in circa 1.200 GWh/anno. Ipotizzando che la riduzione di tali perdite equivalga a una riduzione di produzione da fonti combustibili, Terna stima che detti interventi comportino una diminuzione di emissioni di CO2 che oscilla fra 500.000 e 600.000 tonnellate annue.

Il contributo principale alla riduzione delle emissioni di CO2 è dovuto ovviamente al potenziamento della connessione d'impianti di produzione da fonti rinnovabili considerati tra gli interventi del Piano di Sviluppo 2010. La produzione di energia da fonti rinnovabili ha rappresentato un potenziale energetico in forte crescita negli ultimi anni. In particolare, gli impianti di generazione da fonte eolica hanno registrato un incremento considerevole soprattutto nelle regioni meridionali e insulari del nostro Paese.

Durante il 2009 sono entrati in esercizio 30 nuovi impianti da fonte eolica per un totale di circa 1.100 MW di nuova potenza installata. Uno dei principali compiti di Terna è quello di pianificare i rinforzi della RTN al fine di favorire la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, cercando di superare gli eventuali vincoli di rete e di esercizio che rischiano di condizionare l'immissione in rete di tale energia, che gode del diritto di priorità di dispacciamento.

E su questa priorità vale la pena approfondire un secondo: gli obiettivi della Comunità Europea e la regolamentazione vigente in Italia convergono nell'assegnare priorità di dispacciamento all'energia elettrica di fonte eolica. Terna assicura cioè la priorità di dispacciamento riducendo nel normale esercizio le produzioni da fonti diverse da quella eolica, quali soprattutto la produzione termoelettrica, con vantaggi sia in termini di economicità che di sicurezza e di impatto ambientale.

Quindi più pale eoliche girano e meno camini delle centrali a olio combustibile e in subordine a carbone, sbuffano.

Tuttavia l'intermittenza della fonte eolica e la sua scarsa prevedibilità richiedono particolare attenzione nella programmazione, per evitare che la priorità per la produzione eolica possa creare dei problemi alla sicurezza e alla continuità del servizio.

Terna ha quindi avviato un processo quotidiano di previsione - e torna dunque ad essere manifesta l'importanza di investire in ricerca e sviluppo - con orizzonte temporale di 72 ore, delle immissioni da fonte eolica. La previsione dell'immissione da fonte eolica consente di programmare con maggior accuratezza la produzione da fonti non rinnovabili, consentendo in particolare un miglior dimensionamento dei margini di riserva operativa del sistema e la conseguente riduzione delle emissioni di gas serra. Il Regolatore ha riconosciuto a Terna una specifica remunerazione incentivante finalizzata al raggiungimento di una adeguata accuratezza di previsione e nel 2009 l'accuratezza della previsione effettuata da Terna ah raggiunto il massimo del valore di incentivazione possibile nonostante il target progressivamente sempre più sfidante definito dal regolatore attraverso un meccanismo di retroazione al sistema elettrico nell'anno successivo di parte del beneficio ottenuto l'anno precedente.

Del resto nel 2009 l'immissione in rete di energia eolica ha registrato un notevole aumento rispetto a quanto rilevato lo scorso anno, arrivando a 6,0 TWh (+36% rispetto al 2008) contro i 4,4 TWh registrati nell'anno precedente (+19% rispetto al 2008).

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venerdì, maggio 28, 2010

Un altro suicidio alla Foxconn, dopo la visita del boss

In un anno vi sono stati 10 morti, tutti di giovani sui 20 anni. Lo stress nella ditta che produce iPhone e gli iPad. Vi sono piscine e luoghi di svago, ma gli operai non hanno tempo di frequentarli. Le responsabilità delle autorità locali e dei sindacati statali, spesso in difesa dei padroni.

di James Wang

Hong Kong (AsiaNews) – Un altro giovane operaio si è suicidato alla Foxconn di Shenzhen, proprio poche ore dopo che il padrone della ditta, Terry Guo, aveva condotto 200 giornalisti a visitare gli ambienti di lavoro, di riposo e di svago della compagnia. In un anno vi sono stati 10 suicidi nella ditta, tre in questa settimana. Notizie non ancora confermate parlano di un tentato suicidio da parte di una ragazza questa mattina. La fabbrica – una piccola città che racchiude anche dormitori, mense e impianti sportivi – dà lavoro a oltre 400 mila persone e serve marchi famosi come Apple, Dell e Hewlett-Packard. Proprio qui si producono i tanto famosi iPhone e iPad della Apple.

Le famiglie dei giovani suicidi – tutti giovani intorno ai 20 anni – accusano le condizioni di lavoro della fabbrica: lunghi orari di lavoro, straordinario obbligatorio, quasi obbligo del silenzio fra i colleghi, controllo militaresco della produzione.

Per frenare le critiche - che stanno anche avendo conseguenze economiche – Guo, un taiwanese miliardario, ha portato 200 giornalisti in visita allo stabilimento di Longhua (Shenzhen), mostrando loro le sale di lavoro, le piscine olimpioniche, i punti di svago. Ma gli operai affermano che le ore di lavoro sono così grandi e la pressione così tanta che nessuno ha tempo di andare a fare una nuotata. Inoltre, i giovani che vi lavorano, cercano di guadagnare il più possibile per mandare soldi alle loro famiglie e accettano la paga di 900 yuan al mese (circa 90 euro), la minima stabilita dalle autorità a Shenzhen.

Parlando con i giornalisti, Guo ha fatto notare che le cause più profonde dei suicidi sono i problemi sociali della Cina e qualche problema personale. Egli ha varato una linea di “telefono amico”, un centro anti-stress, ha impiegato psichiatri e monaci buddisti e steso reti di protezione attorno agli edifici per evitare che la gente si suicidi. Ha anche promesso di ritirare una lettera di accordo che gli impiegati devono firmare in cui accettano di farsi del male fuori della fabbrica e permettono alla ditta di rinchiudere in case di cura (psichiatriche) chi dà segni di instabilità.

Chang Ping, un giornalista del Guangdong, ha fatto notare che i possibili disordini mentali degli operai sono legati al fatto che “i diritti civili di un’intera classe [i lavoratori migranti-ndr] sono stati dimenticati dalla nostra società ed essi non sanno dove andare per esprimere i loro problemi quando questi insorgono”. (continua a leggere)

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venerdì, maggio 28, 2010

India: decine di morti nel disastro ferroviario, accusati i ribelli maoisti

È ancora provvisorio, e sembra destinato a crescere ancora, il bilancio di 65 morti e quasi 200 feriti provocati dal disastro ferroviario avvenuto nella notte nello stato orientale indiano del West Bengala.

Agenzia Misna - A oltre 12 ore dal disastro, che ha interessato un treno passeggeri partito da Kolkata e diretto a Mumbai, i soccorritori continuano ad estrarre dalle macerie, sopravvissuti, feriti e vittime. Ancora incerta anche la causa dell’incidente, anche se col passare delle ore sembra prendere sempre più peso l’ipotesi di un “sabotaggio” (i binari della linea sarebbero stati danneggiati di proposito) o di un “attentato” (alcuni media, a cominciare dal principale quotidiano locale ‘Times of India’, parlano di “un’esplosione”) ad opera dei ribelli maoisti, particolarmente presenti nell’area in cui è avvenuto l’incidente e che proprio a partire da oggi avevano indetto uno sciopero generale nella zona di quattro giorni. I media indiani riportano comunque una ricostruzione concordante, secondo la quale il treno passeggeri di 13 carrozze è deragliato verso le 1:30 di questa notte ora locale (le 22 di ieri sera in Italia), cinque carrozze sono state poi investite in pieno da un treno merci che procedeva in senso opposto. Secondo alcune fonti l’attentato sarebbe stato compiuto dai ribelli ‘naxaliti’, altro termine con cui vengono indicati i maoisti indiani, in risposta alla vasta offensiva lanciata alla fine dello scorso anno dall’esercito indiano contro alcune delle loro roccaforti. I ribelli sostengono di aver intrapreso la lotta armata per instaurare un governo egalitario d’ispirazione maoista ed emancipare i dalit (fuoricasta) e i tribali, oggi emarginati agli ultimi gradini della società.

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venerdì, maggio 28, 2010

Israele, la Corte Suprema ordina all'esercito di riaprire una strada ai veicoli palestinesi

La Statale 443, che collega la zona centrale di Israele a Gerusalemme, era stata interdetta ai veicoli palestinesi a causa degli attentati che evevano provocato la morte di decine di israeliani

soldati israelePeaceReporter - La Corte Suprema israeliana ha ordinato la riapertura della Statale 443, un'importante arteria stradale che collega la zona centrale di Israele a Gerusalemme, al traffico automobilistico palestinese. Circa una decina di anni fa, i responsabili militari avevano scelto di vietare il transito dei veicoli palestinesi alla Statale 443 per il ripetersi di attentati che avevano causato la morte di decine di cittadini israeliani.

La decisione dell'esercito di Israele aveva suscitato le critiche delle organizzazioni umanitarie che si erano appellate alla Corte suprema, denunciando la creazione di una "strada dell'apartheid", in quanto destinata ai soli israeliani. I giudici hanno accolto le richieste degli attivisti e hanno imposto all'esercito israeliano di riaprire l'arteria. A partire da oggi posti di blocco israeliani sono stati istituiti presso i villaggi palestinesi di Beit Sira e Beit Ur a-Tahta, le due estremite del tratto di strada riaperto al traffico.
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venerdì, maggio 28, 2010

Rapporto Amnesty: tutti i Paesi riconoscano la Corte penale internazionale

L’appello ai Paesi che ancora non hanno riconosciuto la Corte penale internazionale è la chiave del Rapporto annuale 2010 di Amnesty International, che sottolinea quello che definisce “il bisogno di giustizia globale”. Il volume, presentato stamane, offre anche quest’anno una panoramica sulla situazione dei diritti umani nel mondo.

corte penale internazionaleRadioVaticana - Per molte persone nel mondo risulta ancora impossibile vedere i risultati di una giustizia effettiva, nonché l’accertamento delle responsabilità per le violazioni dei diritti umani. Amnesty International denuncia come repressione, violenza, discriminazione, giochi di potere e inazione politica continuino a tormentare le vite di molti. Tra i casi citati, Arabia Saudita, Siria, Tunisia, tuttora intolleranti nei confronti delle critiche. La repressione in Iran, aumentata all’indomani delle proteste del popolo del dopo elezioni, quella attuata dalla Birmania contro il dissenso politico, e poi le pressioni della Cina su chiunque sfidi l’autorità. Purtroppo, spiega Christine Weise, presidente di Amnesty Italia, sono ancora troppi i Paesi che cercano di bloccare il progresso verso una vera e propria giustizia internazionale. Basti pensare che 81 Paesi ancora non hanno ratificato lo statuto della Corte penale internazionale: “I primi Paesi del G20, - Stati Uniti, Cina e Russia – si rifiutano di aderire allo statuto della Corte penale internazionale ed altri Paesi del G20 come India, Indonesia, Arabia Saudita e Turchia non ne fanno ancora parte”.

Nel Rapporto di quest’anno però non mancano anche i progressi. Il 2009, spiega Amnesty, è stato anche un anno storico per la giustizia internazionale, in cui sono stati fatti passi avanti significativi, chiamando a rispondere del loro operato i responsabili delle violazioni dei diritti umani:

“Pensiamo solo al mandato di arresto spiccato nei confronti del presidente sudanese Al Bashir. E’ la prima volta che la Corte penale internazionale emette un mandato di cattura nei confronti di un presidente in carica. Un altro sviluppo che possiamo definire positivo riguarda quei 40 Paesi che hanno già adottato, nella loro legislazione interna, delle modifiche che permettono l’incriminazione per reati commessi contro il diritto internazionale. Anche questo, quindi, è un lento progresso che va sicuramente nella direzione giusta, però i potenti di questo mondo lo stanno chiaramente ostacolando e fermando, mentre noi, invece, vorremmo che i Paesi – soprattutto quelli del G20 che rivendicano una leadership a livello mondiale – andassero avanti dando il buon esempio a tutti gli altri”.

E’ importante ribadire, conclude la Weise, che nessun Paese al mondo può mettersi al di sopra della legge: “I Paesi devono rendere conto di quello che fanno e devono anche permettere alle persone di accedere alla giustizia per rivendicare i propri diritti, anche i diritti economici, sociali e culturali”.
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giovedì, maggio 27, 2010

After the junk food (oltre il cibo spazzatura)

Molti governi tra cui quello americano hanno compreso che un’alimentazione scorretta è causa di obesità e fattori di rischio. In questo modo, lievita a dismisura la spesa sanitaria, i costi per farmaci e i centri cura. Si cerca perciò di educare le persone a mangiare con intelligenza, iniziando sin dall’età scolare. Una bella scommessa per le società future, che oltre al drammatico problema della scarsità alimentare nel sud del pianeta dovranno fare i conti con il problema opposto nei paesi più evoluti. Un paradosso? No, una realtà…

del nostro collaboratore Stefano Buso

Il governo americano corre ai ripari contro il cosiddetto junk food (cibo spazzatura), causa - secondo gli esperti - di favorire l’obesità in una larga fetta di persone, soprattutto negli adolescenti, sempre più in pole position verso le taglie extralarge. Abitudini alimentari approssimative, cibi grassi, vita sedentaria e scarsa (o poca) attenzione alla salute scatenano un aumento del peso e conseguenti gravi patologie. La dieta per molti americani inizia male già dal breakfast, soprattutto quando la sostanziosa colazione è accompagnata da una bevanda dolce. E via così, perseverando attraverso pasti mordi e fuggi e spuntini in piedi con uso smodato di maionese, burro di arachidi e ketchup. Prodotti che se usati con parsimonia non farebbero di sicuro male, anzi!

Più volte è stato sentenziato che questo scellerato modo di mangiare è prerogativa delle fasce più vulnerabili della popolazione. Va da sé che chi ha possibilità di accedere a prodotti qualitativamente più ricercati ha una buona riserva di denaro. E non a caso è quella parte di popolazione con un livello di istruzione più alto. Nondimeno, salute e corretto tenore di vita dovrebbero essere fruibili da tutti, in ugual misura. Per questo motivo, iniziando dalle immense periferie delle metropoli americane, si è cercato di correre ai ripari partendo dal nocciolo della questione. In particolare nelle scuole, dove vengono impartite nozioni semplici di dietetica e nutrizione, della serie “meglio investire in formazione sanitaria che dover ricorrere in seguito a costose terapie farmacologiche o chirurgiche”. Inoltre, promovendo e incentivando tutte quelle attività ristorative che offrono menù calibrati e diversificati.
Ad esempio a New York, nello storico quartiere di Harlem, è nato un locale di qualità, un po’differente dai soliti, dove son proposti cibi articolati e a prezzi abbordabili. Soprattutto verdure, insalate, pasta, riso, carne e pesce di prima cernita. Menù che si avvicina ed emula la nostra impagabile dieta mediterranea, mai demodé e seguita da infiniti estimatori. Quindi anche oltreoceano si è compreso che la prevenzione alimentare è fondamentale e consiste nell’impostare un regime dietetico equilibrato, foriero di gusto senza però esagerare con i grassi – soprattutto se di origine animale. Del resto, prevenire è meglio che curare, soprattutto meno costoso per le tasche dei contribuenti. Per osservare l’effetto negativo delle diete squilibrate è sufficiente leggere i reports di epidemiologia per vedere l’aumento di diabete, ipertensione arteriosa e ipercolesterolemia. Mangiare con saggezza, ridurre le porzioni, diversificare la dieta, fare movimento fisico privilegiando frutta, fibra e verdura… e non solo negli USA, ma ovunque! È forse la pietra filosofale per vivere a lungo? Magari lo fosse, ma è senza dubbio un contributo tangibile e intelligente alla civiltà e alla dignità dell’uomo.
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giovedì, maggio 27, 2010

La Corea del Nord annulla un accordo militare con Seul

Le Forze Armate nordcoreane hanno annunciato che annulleranno l'accordo siglato con il Sud per evitare incidenti accidentali nelle acque del Mar Giallo.

nordcoreaRadio Vaticana - È quanto annuncia la Kcna, L'agenzia ufficiale del regime di Pyongyang, riportando le dichiarazioni di un generale dell'Esercito del popolo. Il servizio di Fausta Speranza (ascolta):

“Le nostre truppe ritireranno del tutto le garanzie militari che siamo tenuti a rispettare in relazione alla cooperazione intercoreana e all'interscambio”: è quanto fanno sapere le Forze armate della Corea del Nord.
Pyongyang, dunque, pare rispondere così al divieto imposto alle sue navi commerciali e ai suoi aerei di attraversare le acque territoriali o lo spazio aereo del Sud. In sostanza, l'accordo “cancellato” ora unilateralmente dalla Corea del Nord regola le “modalità di sicurezza” degli scambi bilaterali. Tagliate, dunque, “immediatamente” le linee tra i due Paesi per le comunicazioni in casi di emergenza, incluse quelle di tipo militare. Allo studio, poi, l'ipotesi di bloccare al Sud l'accesso al discusso distretto industriale a sviluppo congiunto di Kaesong, nell'enclave del Nord ma vicino al Sud. Da parte statunitense, il comandante delle truppe Usa in Corea del Sud chiede alla Corea del Nord di sospendere subito “tutti gli atti di provocazione”. E ribadisce il sostegno alle misure decise da Seul contro Pyongyang in seguito all'affondamento della corvetta Cheonan, che ha provocato la scintilla per tutta la tensione di questi giorni.

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giovedì, maggio 27, 2010

Esperto musulmano: “Basta con le fatwa che tradiscono lo spirito dell’islam”

Dopo una fatwa che impone alle donne di indossare il velo nei pubblici uffici, si apre in India il dibattito su islam e leggi coraniche. Ashgar Ali Engineer, del Centro studi per la società e il secolarismo, dice ad AsiaNews: “Serve un rinascimento musulmano”.

di Nirmala Carvalho

Mumbai (AsiaNews) – Rimanere legati a una concezione medievale della religione “non aiuta il mondo islamico e il mondo in generale. Invece di continuare a leggere l’islam tramite la shari’a e le leggi hudood, si dovrebbe compiere una rivoluzione culturale e religiosa: in questo modo, potremo evitare inutili fatwe e incomprensioni pericolose”. Lo dice ad AsiaNews Ashgar Ali Engineer, del Centro studi per la società e il secolarismo, commentando l’ultimo editto religioso musulmano emanato in Uttar Pradesh.

Sharif Mohd Ayyub Alem Rizvi, mufti di Darul Iftah, ha infatti dichiarato che le donne musulmane possono lavorare nelle istituzioni “soltanto ad alcune condizioni”, fra cui l’obbligo di indossare il velo. Inoltre, sostiene il giurista islamico, i musulmani “non possono lavorare nelle banche, perché gli interessi – che sono di fatto il profitto degli istituti bancari – sono contrari alla legge coranica.

Questa fatwa segue di pochi giorni un’altra, emessa dall’università islamica di Deoband, secondo cui una donna che lavori in un pubblico ufficio con degli uomini non può percepire stipendio: questo è infatti “haram”, proibito. Entrambe le fatwa – verdetti giuridici non vincolanti, che applicano alla lettera la shari’a coranica – sono state pubblicate sul diffuso quotidiano Times of India e hanno scatenato un lungo dibattito nella società indiana.

Ma Ali si chiede: “Perché applicare soltanto alle donne i limiti della legge religiosa? E poi, chi definisce i limiti e la loro applicazione? Per questi ulema, mettere insieme maschi e femmine è un atto di fitna, non religioso. Per loro, il carattere o l’integrità della donna in questione non ha alcun significato. Se si alza il velo e mostra la faccia in un luogo di lavoro misto, ecco che diventa impura”.

Eppure, sottolinea l’analista, “sono numerosissimi gli esempi, persino nella vita del Profeta, in cui uomini e donne hanno vissuto insieme. Hazrat A’isha ha persino guidato centinaia di soldati maschi durante la battaglia del Cammello. Shifa bin-e-Abdullah, anche lei donna, è stata nominata ispettore del mercato da Hazrat Umar e nessuno ha protestato: cosa fa, tratta soltanto con le donne?”.

Per la questione del velo, dice ancora Ali, “è tutto ancora più complicato. Il Corano, fonte primaria della shari’a, non si riferisce mai al velo per le donne in generale. Certo, dice che le donne “non devono mostrare in pubblico i loro ornamenti” (24:31), ma non spiega cosa sia un ornamento. Ogni commentatore, a seconda della propria formazione culturale, dà una risposta diversa. Non parla neanche di coprire la faccia: quasi tutti i musulmani sono d’accordo nel dire che faccia e mani possono rimanere scoperte”. (continua a leggere)

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giovedì, maggio 27, 2010

Messa del cardinale Castrillon Hoyos a Pietrelcina per l'arrivo di una reliquia di San Pio

In San Pio da Pietrelcina “tanti uomini e donne hanno ritrovato la strada della dottrina certa della Chiesa, senza sconti di comodo, ma nello stesso tempo mai disgiunta da una dimensione di misericordia verso chi si riconosce peccatore umiliandosi dinanzi a Dio ai piedi di un confessionale”.

Radio Vaticana - Lo ha detto il cardinale Darío Castrillón Hoyos, prefetto emerito della Congregazione per il Clero, presiedendo a Pietrelcina una solenne concelebrazione eucaristica in occasione dell’arrivo in questo piccolo centro del Sannio dell’unica reliquia che, staccatasi in modo naturale dal corpo riesumato di Padre Pio, sarà conservata in un luogo diverso da S. Giovanni Rotondo. Si tratta – riferisce l’agenzia Sir - dell’osso Ioide, che si trova alla radice della lingua. Il porporato ha invitato a raccogliere da san Pio il “coraggio nella convinzione che Dio è accanto al suo popolo, vicino a ciascuno di noi, specialmente nei momenti della prova, sulla strada irta della sofferenza e del pericolo”. Dopo la celebrazione la reliquia è stata portata in processione e successivamente collocata nella Chiesa conventuale “Sacra Famiglia” dei Frati Cappuccini di Pietrelcina: sarà custodita “con attenzione e pietà”, ha detto il superiore del convento padre Francesco Scaramuzzi.

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giovedì, maggio 27, 2010

Messaggio del Papa per il bicentenario dell'Argentina

Concordia e prosperità all'Argentina, che ha celebrato in questi giorni il 200.mo anniversario della Revolución de Mayo.

Radio Vaticana - Ad augurarle, Benedetto XVI in un Messaggio martedì scorso durante la celebrazione commemorativa, nella Basilica di Nostra Signora di Luján, dal nunzio apostolico, l'arcivescovo Adriano Bernardini. “Esprimo vivamente il mio affetto e la mia vicinanza spirituale a tutti gli argentini, che – afferma nel Messaggio il Papa – raccomando nelle mie preghiere, chiedendo al Signore che li benedica abbondantemente con la concordia, la pace e la prosperità”. Alla cerimonia, alla quale ha partecipato il presidente argentino, Cristina Fernández de Kirchner, e alcune autorità estere, l'arcivescovo di Buenos Aires e primate d'Argentina, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, ha osservato durante il Te Deum che la situazione attuale richiede un atteggiamento di “grande compartecipazione e di responsabilità da parte di tutti gli argentini e specialmente da parte dei leader della Nazione”. Si deve superare, ha auspicato, ogni vantaggio settoriale o corporativo e “lavorare uniti per il bene di tutti nella costante attenzione alle persone più deboli ed emarginate della società”. Secondo il cardinale Bergoglio, la “perdita di vista della qualità della vita delle persone è strettamente legata alla salute della Costituzione e delle istituzioni. La loro scarsa operatività si traduce in un alto costo sociale”. Viceversa, la saldezza della Costituzione e la qualità delle istituzioni sono la garanzia “più sicura per realizzare l'inclusione di tutti nella comunità nazionale”. Pertanto, ha indicato, è necessario che i poteri dello Stato, nel rispetto dei propri ambiti, livelli e legittime autonomie, si “integrino e completino a vicenda nella prospettiva di servizio al bene comune”. Un bene che va tradotto, ha concluso, con leggi “che interpretino e soddisfino le esigenze reali delle persone, dei cittadini”: ovvero, che non violino il diritto naturale, ma tengano conto “della natura delle persone umane, della famiglia, della società”. (A cura di Alessandro De Carolis)

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giovedì, maggio 27, 2010

Al servizio di chi?

Dall’Addaura alle stragi, ritornano i dubbi. Il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, ha prima consegnato la sua preoccupazione ai microfoni del Gr Rai e poi si è ripetuto anche nel corso dell’audizione davanti al COPASIR, il comitato parlamentare che si occupa dei servizi segreti.

di Lorenzo Frigerio

LiberaInformazione - Il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, è stato costretto,
probabilmente suo malgrado, a dichiarare che sono in corso di svolgimento accurate indagini sul ruolo svolto da uomini dei servizi in quegli anni cruciali nel passaggio dalla prima alla seconda Repubblica. Una rilettura che parte dal fallito attentato all’Addaura del giugno 1989 per arrivare alle stragi del biennio di fuoco, quello che copre il 1992 e il 1993. Sotto i riflettori sarebbero le azioni, le omissioni, le relazioni di chi era chiamato, per il giuramento di fedeltà alla Repubblica, a servire il Paese e la Costituzione e che, invece, sembrerebbe aver fatto da sponda consapevole e complice alle azioni criminali della mafia, per proprio tornaconto personale o forse per avere salva la vita, mentre in quegli anni altri loro colleghi delle forze dell’ordine venivano spazzati via dalla furia omicida di Cosa Nostra o rimossi per vie burocratiche.

Contemporaneamente, Lari si è anche lamentato delle fughe di notizie che in questi ultime settimane si succedono a cadenza periodica, a partire proprio dalla rilettura delle vicende dell’Addaura, perché danneggerebbero oggettivamente i delicati accertamenti in corso che, meglio sarebbe stato ovviamente, si svolgessero nel riserbo più assoluto. Invece, in questo momento, le procure siciliane, in particolare quella nissena, sembrano tornate ad essere un colabrodo, con il risultato che tutto finisce nel circuito mediatico senza alcun tipo di controllo, in presa diretta. Il risultato è controproducente e spesso e volentieri indigesto, perché incomprensibile ai più, sprovvisti di quella conoscenza e memoria necessaria per interpretare fatti così complessi. E se anche l’informazione contribuisce ad ingarbugliare il quadro, rischia di essere sempre più irraggiungibile l’accertamento della verità in sede giudiziaria.

Il riferimento diretto di Lari è agli scoop giornalistici relativi alla riapertura delle indagini sulla mancata strage dell’Addaura, a partire dagli accertamenti che in queste settimane si stanno facendo, grazie anche alla collaborazione di alcuni uomini d’onore pronti a dire quello che sanno ai magistrati. Nuove prove del DNA sarebbero oggetto di prossimi incidenti probatori, per cercare di arrivare a dare un volto a chi mise sulla scogliera antistante la villa al mare di Giovanni Falcone l’esplosivo che avrebbe dovuto uccidere il giudice palermitano e i colleghi svizzeri Carla Del Ponte e Claudio Lehman.

Non si è ancora spento l’eco delle parole di Lari, ed esce la notizia che, proprio in queste ultime ore, viene rilanciata dagli inviati de “La Repubblica”: l’avvenuta iscrizione nel registro degli indagati delle Procure della Repubblica di Caltanissetta e Firenze del famigerato “signor Franco”, il personaggio indicato da Massimo Ciancimino come l’interlocutore istituzionale del padre, quel don Vito che da sempre rappresentava il punto di contatto tra la politica e Cosa Nostra.

Il figlio di Ciancimino, sarebbe stato ascoltato dai magistrati nisseni e fiorentini in tutta fretta nei giorni scorsi e avrebbe proceduto anche al riconoscimento fotografico del “signor Franco”, l’esponente dei servizi segreti che, fin dagli inizi degli anni Settanta, sarebbe stato in strettissimo contatto con suo padre, giocando un ruolo assolutamente ambiguo.

Se costui fosse davvero quello che Massimo Ciancimino sostiene essere, ci troveremmo di fronte ad un esponente dello Stato, da un lato e di quella “zona grigia”, dall’altro, che ritorna periodicamente sul banco degli imputati: il terminale delle vicende più buie della nostra democrazia.

È un dato di fatto che tutte le volte che si chiamano in causa le responsabilità dei servizi segreti, dalle vicende del terrorismo alla strategia della tensione per arrivare alle stragi, passando per gli omicidi di mafia, si avverte netta l’impressione di dover arrendersi di fronte all’impossibilità di arrivare ad una verità, finendo per mettere in dubbio anche le poche certezze fino a quel momento raggiunte a fatica.

Ci auguriamo ovviamente che non si ripeta lo stesso anche questa volta, ma purtroppo i prodromi ci sono tutti, compreso un mal interpretato ruolo dell’informazione e una strumentalizzazione dei rapporti che naturalmente intercorrono tra magistrati e giornalisti. Strumentalizzazione che in queste settimane vive un cruciale banco di prova in materia di intercettazioni e limiti al diritto di informazione nel nostro paese.

Vogliamo dire che se giustamente Lari lamenta la fuga di notizie e paventa il rischio di inquinamento delle fonti di prove, che dovremmo allora dire delle affermazioni del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso che, intervenendo durante le commemorazioni ufficiali della strage di via dei Georgofili, in un primo momento dichiara che le stragi del 1993 avevano lo scopo di dare“la possibilità ad una entità esterna di proporsi come soluzione per poter riprendere in pugno l’intera situazione economica, politica, sociale che veniva dalle macerie di Tangentopoli”, salvo poi precisare, soltanto a distanza di qualche ora, che le sue erano “ipotesi e ragionamenti”?

Non è proprio questo genere di dichiarazioni e smentite che servono ad alzare polveroni che durano lo spazio di una giornata, senza arrivare poi ad un punto fermo? Lo stesso avvenne ad ottobre dello scorso anno, quando il procuratore nazionale antimafia dichiarò che la trattativa avrebbe salvato la vita ad alcuni ministri della Repubblica, salvo poi minimizzare le dichiarazioni rese.

È sicuramente ipotizzabile che a giovarsi di questo continuo tourbillon di detto e non detto, di smentito e di denunciato siano proprio i mandanti delle stragi palermitane. Sarebbe invece ora che si puntassero decisamente i riflettori su quei luoghi dove l’esercizio del potere in forma occulta e fuori da ogni controllo democratico è la regola. Per capire “al servizio di chi” erano e sono i servizi segreti dell’Italia repubblicana.

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giovedì, maggio 27, 2010

Genocidio in Ruanda, fermato il medico "pianificatore"

E' stato arrestato nei pressi della capitale francese Parigi il medico ruandese Eugène Rwamucyo, condannato lo scorso Ottobre all’ergastolo in contumacia per il suo coinvolgimento nel genocidio del 1994 da un tribunale popolare (‘gacaca’) della città meridionale di Butare, ma anche ricercato dall’Interpol dal 2006.

Agenzia Misna - Per la magistratura ruandese, Rwamucyo fa parte della prima categoria di imputati, quella dei "pianificatori" e degli "assassini di massa": ex-direttore dell'ospedale universitario di Butare all’epoca del genocidio, è stato accusato da numerosi testimoni di aver appoggiato un gruppo di estremisti responsabile di vari massacri e, in particolare, di aver ordinato l’uccisione di studenti e pazienti che si erano rifugiati nella struttura medica dove lavorava. Informata dell’arresto di Rwamucyo nella cittadina di Sannois, il procuratore generale di Kigali Martin Ngoga si è “rallegrato per l’impegno della Francia nelle ultime settimane nel perseguire i presunti responsabili del genocidio presenti sul suo territorio nazionale”. Rifugiatosi in Francia dopo il genocidio, Rwamucyo, 51 anni, aveva lavorato come medico fino a pochi mesi fa nell’ospedale di Maubeuge (nord), prima di essere sospeso dalle sue funzioni e licenziato; poi si era trasferito in Belgio con sua moglie e i suoi figli, tutti cittadini belgi. Rwamucyo è stato interrogato dagli inquirenti francesi mentre partecipava a Sannois ai funerali di Jean-Bosco Barayagwiza, co-fondatore dell’emittente ruandese "Radio Mille Colline" e condannato dal Tribunale penale internazionale per il Rwanda (Tpir) per coinvolgimento nel genocidio. Oltre al mandato di cattura internazionale emesso da Kigali, Rwamucyo era oggetto di un’informativa giudiziaria aperta a Parigi nel Febbraio 2008 dopo una denuncia formalizzata nei suoi confronti dal “Collettivo delle parti civili per il Rwanda”, che lo accusa di genocidio e crimini contro l’umanità.
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giovedì, maggio 27, 2010

Diritti umani per balene e delfini?

La Cetacean Rights: Fostering a Moral and Legal Change Conference tenutasi ad Helsinki, ha approvato la "dichiarazione dei diritti delle balene e dei delfini".

GreenReport - Secondo i filosofi e gli esperti di diritto ed etica riuniti nella capitale finlandese dalla Whale and dolphin conservation society (Wdcs), per la loro intelligenza, «Tutti i cetacei in quanto persone hanno il diritto alla vita, alla libertà e al benessere», simili ai diritti dell'uomo, questo naturalmente comporterebbe la fine della loro prigionia nei parchi di divertimento acquatici e della caccia alle balene. Un'idea e una speranza alle quali si oppongono con forza Giappone, Norvegia e Islanda, che la caccia alle balene la vorrebbero riaprire in grande stile e continuano a praticarla a fini "scientifici" e "tradizionali", dicendo che non esistono prove che l'intelligenza di questi animali sia superiore a quella di un maiale o di una mucca da carne.

Invece, secondo i partecipanti alla conferenza di Helsinki, esistono nuove prove scientifiche che dimostrano che i grandi cetacei hanno una "coscienza" vicina a quella degli esseri umani, dimostrata dalla loro capacità di comunicare ed organizzare società complesse e con relazioni "interpersonali", che li rendono simili ad alcune specie di grandi scimmie che noi (occidentali) non ci sogneremmo mai di mangiare.

«Riconoscendo che balene e delfini, così come le grandi scimmie non umane, hanno un diritto alla vita e devono essere trattati come persone è parte di ciò che consideriamo come progresso morale» ha detto , Paola Cavalieri, co-fondatrice del Great Ape Project e promotrice della conferenza. La Cavalieri, che dirige la rivista internazionale di filosofia Etica & Animali è una nota teorica e sostenitrice della causa dei diritti degli animali, in particolare delle scimmie antropomorfe.

Secondo Thomas White, direttore del Centro per l'etica e il commercio dell'università californiana di Loyola Marymount, «I delfini possono riconoscersi in uno specchio, una capacità rara tra i mammiferi e che gli esseri umani acquisiscono solo intorno ai 18 mesi. La caccia alla balena è eticamente inaccettabile. Hanno una coscienza di se che noi pensiamo unica agli esseri umani».

Hal Whitehead, un biologo dell'università canadese di Dalhousie, esperto delle balene delle acque profonde, ha detto che «Esistono nuove prove che dimostrano che le balene hanno una cultura similare a quella dell'uomo. I grandi capodogli hanno dei sonar per trovare I pesci, talmente potenti che potrebbero rendere sorde alter creature se li utilizzassero a piena potenza. Però, le balene non utilizzano i Ioro sonar come delle armi, dimostrando quel che Hal Whitehead chiama "un senso di moralità", simile a quello dell'uomo. E' come un gruppo di cacciatore umani armati di pistole».

La conferenza punta a fare ulteriore pressione sull'International Whaling commission (Iwc) che a giugno discuterà per l'ennesima volta le richieste di aumento delle quote di caccia delle balene per i prossimi 10 anni e che potrebbe segnare la fine della moratoria del 1986, approvata di fronte alla minaccia di estinzione di molte specie di cetacei.

Il direttore della Wdcs, Nicolas Entrup, non nasconde certo questo obiettivo:«Noi vogliamo dare impulso ad un cambiamento consistente per mettere l'individuo al centro della conservazione. Questo consisterà nel dare alle balenottere minori la stessa protezione delle balene grigie».

Ma diversi biologi che non hanno partecipato alla conferenza non sono d'accordo: secondo Paul Manger, dell'università sudafricana di Witwatersrand «Numerosi ricercatori hanno concluso a torto che le balene e i delfini sarebbero intelligenti perché hanno una massa cerebrale importante. Non c'è niente che li separi da altri mammiferi, come le foche, i leoni o le tigri. Le specie di balene e di delfini hanno sviluppato un grande cervello principalmente per restare caldo nelle acque fredde».

Ma il capo della Wdcs, Chris Butler-Stroud, ribatte: «Balene e delfini non possono e non debbono essere visti come una risorsa. E' questo approccio "out of date" che permette di continuare ad ucciderli, così come gli inquinanti e la distruzione del loro ambiente naturale. E' tempo di guardarli, e trattarli, al di là del loro utilizzo».

Ecco i 10 punti della "Declaration on Rights for Cetaceans: Whales and Dolphins":

1. Ogni individuo-cetaceo ha diritto alla vita.

2. Nessun cetaceo dovrebbe essere tenuto in cattività o in servitù; essere soggetto a trattamenti crudeli, o essere rimosso dal suo ambiente naturale.

3. Tutti i cetacei hanno il diritto alla libertà di movimento e di residenza all'interno del loro ambiente naturale.

4. Nessun cetaceo è di proprietà di qualsiasi Stato, corporation, gruppo o individuo umano.

5. I cetacei hanno il diritto alla protezione del loro ambiente naturale.

6. I cetacei hanno il diritto di non essere soggetti al blocco delle loro culture.

7. I diritti, le libertà e le norme enunciate nella presente Dichiarazione devono essere protetti dal diritto internazionale e nazionale.

8. I cetacei hanno diritto a un ordine internazionale in cui questi diritti, libertà e norme possano essere pienamente realizzati.

9. Nessuno Stato, corporation, gruppo o individuo umano dovrebbe impegnarsi in attività che possono pregiudicare tali diritti, libertà e norme.

10. Nulla nella presente Dichiarazione impedisce ad uno Stato di emanare disposizioni più rigorose per la tutela dei diritti dei cetacei.

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giovedì, maggio 27, 2010

Marea nera: Obama annuncerà stop trivellazioni nell'Artico

La sospensione rientra nel pacchetto di misure collegate alla fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico. L'amministrazione Obama ha intenzione di annunciare oggi la sospensione delle trivellazioni off-shore nell'Artico fino al 2011. Lo afferma un senatore dell'Alaska.

artico trivellazioniAnsa.it - Il senatore democratico Mark Begich ha riferito di aver appreso la notizia dal dipartimento agli Interni. La sospensione rientra nel pacchetto di misure collegate alla fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico. L'amministrazione dovrebbe annunciare anche nuovi requisiti di sicurezza ed il rafforzamento dei controlli.Tra i progetti che verrebbero bloccati in Alaska, anche le esplorazioni della Shell Oil previste per questa estate. Il senatore Begich si dice "frustrato": "Questa decisione causerà ulteriori ritardi e maggiori costi per soddisfare le esigenze nazionali".

BP, SOLO FANGO NON PETROLIO DA POZZO DANNEGGIATO - Intanto solo fango, non petrolio, sembra sgorgare dal pozzo danneggiato nel Golfo del Messico dopo sei ore dall'inizio dell'operazione 'top kill', secondo il Chief Operating officer della Bp Doug Suttles. "Vediamo soprattutto fango", ha detto Suttles in una conferenza stampa dal centro di comando Bp in Lousiana: "Non possiamo esserne certi però, perché non possiamo fare campionature". Ci sarebbero volute almeno 24 ore per capire se l'operazione ha avuto successo, aveva detto oggi il Ceo di Bp Tony Hayward, un pronostico confermato da Suttles.

RICHIAMATE 125 BARCHE, MARINAI MALATI - Le 125 barche da pesca che partecipano alle operazioni di ripulitura della marea nera al largo della Lousiana (sud degli Usa), sono state richiamate poiché alcuni membri degli equipaggi si sono ammalati. Lo hanno detto oggi responsabili delle operazioni. Secondo quanto dichiarato da fonti della guardia costiera quattro marinai a bordo di tre imbarcazioni "hanno detto di aver avuto problemi di nausea, vertigini, mal di testa e dolori al petto". Il capo della guardia costiera locale, Robinson Fox, ha precisato anche che "nessun altro membro degli equipaggi ha segnalato analoghi sintomi, ma abbiano deciso di richiamare le barche per precauzione".

Poco dopo avere ricevuto il via libera dell'Amministrazione del presidente Usa Barack Obama, la Bp ha avviato la difficile e rischiosa operazione 'top kill' destinata ad arginare il flusso di greggio nel Golfo del Messico e a sigillare definitivamente il pozzo. Ci vorranno ore, forse anche due giorni, per capire se si tratta di un successo. Obama è apparso prudente, non escludendo l'ipotesi di altri approcci alternativi, confermando quindi che la sua fiducia nella Bp non si trova ai massimi livelli. (continua a leggere)

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giovedì, maggio 27, 2010

Sono 470 i prigionieri di coscienza nelle carceri iraniane

L’elenco è stato diffuso da un’organizzazione per i diritti umani in Iran. L’elenco, incompleto, comprende attivisti politici, studenti, giornalisti, blogger, esponenti di minoranze religiose. Ben 268 di loro non non sanno neppure di cosa sono accusati e 120 sono curdi.

Teheran (AsiaNews) – Sono 470 i prigionieri “di coscienza” in Iran, ossia le persone incarcerate per le loro opinioni, politiche e non, scritte o espresse altrimenti. Tra i detenuti, ci sono 39 donne e 28 condannati a morte. Un lungo elenco reso noto da Reporters and Human Rights Activists in Iran (RAHANA), che precisa che i carcerati sono divisi in 25 diversi istituti di pena e che ben 268 di loro non conoscono le accuse per le quali sono privati della libertà. E l’elenco, aggiunge, non è completo in quanto “non comprende i nomi di tutti i prigionieri di coscienza in Iran”.

Le violazioni dei diritti umani fondamentali, insomma, continuano a imperversare nel Paese degli ayatollah. Ci sono persone, afferma Rahana, imprigionate solo per le loro opinioni e convinzioni o per aver criticato il regime.

La sezione della organizzazione che si occupa della tutela dei diritti dei carcerati - RAHANA’s Prisoners’ Rights Unit - precisa che dei 470 carcerati dei quali si conosce il nome, 120 sono curdi (che rappresentano all’incirca il 7% della popolazione iraniana), 101 sono attvisti politici, 59 studenti, 49 giornalisti o blogger, 43 appartenenti a minoranze religiose, soprattutto Bahai. La tristemente famosa prigione di Evin (nella foto) è quella che ospita il maggior numero di prigionieri politici, seguita, dalla Orumiyeh Central Prison (34 prigionieri politici), Sanandaj Central Prison (33) e Rajai Shahr Prison (28).

Mancano informazioni sulla situazione di 134 persone e in alcuni casi esse si limitano al nome del carcerato e della prigione.

Dall’elenco sono stati cancellati i nomi di Farzad Kamangar, Shirin Alam Hooli, Mehdi Eslamian, Ali Heydarian e Farhad Vakili, giustiziati due settimane fa. La loro sorte preoccupa in modo particolare, in quanto è vista come l’atteggiamento vigente nel sistema giudiziario. “speriamo che in futuro – afferma Rahana – gli unici nomi cancellati saranno quelli delle persone liberate”.
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giovedì, maggio 27, 2010

Indonesia: una moratoria di due anni per difendere le foreste

Una moratoria di due anni sulle concessioni di sfruttamento delle aree forestali: è l’impegno assunto dal governo di Giacarta con un accordo firmato ieri sera ad Oslo, che prevede investimenti norvegesi per circa 800 milioni di euro a tutela del patrimonio boschivo dell’Indonesia.

Agenzia Misna - La moratoria riguarderà la trasformazione delle foreste in aree coltive e piantagioni, una dinamica che ha segnato in modo drammatico la storia recente dell’arcipelago. La distruzione dei “polmoni verdi” dell’Indonesia si è intrecciata in particolare all’aumento della produzione di olio di palma, una materia prima utilizzata in molti settori, dall’alimentare al cosmetico. L’accordo è stato annunciato a Oslo a margine di una conferenza internazionale sulla deforestazione, un fenomeno che secondo gli esperti dell’Onu è responsabile del 17% delle emissioni mondiali di gas serra. Nella capitale norvegese diversi governi hanno promesso investimenti a tutela dei “polmoni verdi” del pianeta per un valore complessivo di circa tre miliardi e 420 milioni di euro entro il 2012.

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giovedì, maggio 27, 2010

Coree: la Russia invia esperti

Resta incandescente la situazione al confine tra le due Coree per il pericolo di ritorsioni militari in seguito all’inasprimento delle sanzioni nei confronti della Corea del Nord.

Radio Vaticana
- Ieri, il Segretario di Stato Usa, ha lasciato Seul dopo aver
ribadito l’appoggio di Washington al Sud e aver lanciato un appello alla moderazione. Intanto, anche il Cremlino ha inviato nella penisola un gruppo di esperti per valutare le responsabilità di Pyongyang nell’affondamento di una corvetta militare sudcoreana in cui hanno perso la vita 46 persone. Sulla situazione lungo il 38° parallelo, ascoltiamo Luigi Bonanate, docente di Relazioni internazionali all'Università di Torino, intervistato da Gabriella Ceraso:

R. – Mi sembra che comunque ciò che sta succedendo in questi giorni corrisponda esattamente a quello che i manuali di teoria delle relazioni internazionali insegnano. Tutte e due le parti stanno facendo esattamente quello che si faceva 60 anni fa: io alzo la voce, tu la alzi un po’ di più, in attesa che ci sia qualcuno che ad un certo punto disinnesca il tutto. Il grande dubbio, che noi abbiamo oggi, è che sia una questione nata verosimilmente da un incidente, da un errore: l’affondamento della corvetta. Se quella cosa lì è stata un caso, ebbene non si può rischiare di arrivare ad uno scontro aperto.


D. – A complicare la situazione c’è anche il fatto che da 60 anni a questa parte non è stata poi definita una linea di demarcazione tra i due Paesi, proprio nelle acque che ora sono oggetto delle contese...



R. – Non c’è dubbio. Da un punto di vista strettamente tecnico, le condizioni per un ultimatum, per una reazione ad un ultimatum ci stanno tutte. Il problema è che si poteva benissimo continuare a vivere in armistizio. Negli ultimi anni i rapporti fra le due Coree erano molto migliorati. Ci sono stati lavoratori che andavano dall’una all’altra parte. Quindi, la separazione delle due Coree sembrava quasi una di quelle cose che un po’ per volta si potevano cancellare. In questo momento bisognerebbe tornare un poco allo spirito pre ’89: due grandi potenze che si mettano in mezzo e diano una mano. Sessanta anni fa erano Stati Uniti e Cina, oggi sono Cina e Stati Uniti.



D. – In effetti, il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, è reduce oggi da due giorni a Pechino, e da Seul ha ribadito: la Cina è pronta ad una collaborazione, certo una collaborazione generica. Ma la stessa Clinton ha chiesto una risposta ferma e decisa a questo punto alla comunità internazionale. Lei che ne pensa?



R. – Che intervenga chi può, non la generica comunità internazionale, perché lo sappiamo: è deresponsabilizzante dire che se ne occupi la comunità internazionale. Quando tutti quanti abbiamo detto alla Corea del Nord “brutti e cattivi”, cosa abbiamo fatto? Abbiamo messo nell’angolo la Corea del Nord, l’abbiamo messa in particolare difficoltà e la spingiamo magari a fare anche un atto sconsiderato.



D. – E’ possibile che la situazione sfugga di mano a questi potenti interlocutori, Cina e Stati Uniti?



R. – Mi viene da dire che non è possibile che da una cosa grave in sé, ma non politicamente così grave, possa venirne fuori uno scontro militare vero e proprio, anche perché il problema grosso è che in un attimo sei vicino al Giappone e i rischi di 'incendio' sarebbero altissimi.


D. – Eventualmente, invece, la conquista di una delle due parti nell’ottica di una riunificazione della penisola come la vedrebbe?


R. – E’ un po’ come la storia delle due Germanie. Ciascuno pensava che da un giorno all’altro avrebbe riunificato la Germania sotto la propria bandiera. Il caso delle due credo che sia più ridotto e limitato. Il regime comunista nord-coreano è un regime destinato allo svuotamento, anzi, è già svuotato. E’ molto verosimile che, se non succede nulla di più grave, questa situazione si risolva e che le due Coree si riuniscano. Naturalmente bisogna evitare che in questa lenta transizione qualcuno faccia degli errori.

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