venerdì, aprile 27, 2018
Moon Jae-in e Kim Jong-Un, rispettivamente capi di Stato della Corea del Sud e del Nord, hanno annunciato un accordo per la firma di un trattato di pace e per la completa denuclearizzazione della penisola coreana. Lo storico incontro è avvenuto nel villaggio di confine di Panmunjom. L’incaricato d’affari della Nunziatura mons. Sprizzi: la Chiesa ha lavorato per la riconciliazione. (intervista a Mons. Sprizzi)

Marco Guerra – Città del Vaticano

VaticanNews - Un accordo per la pace entro il 2018 e l’impegno per la denuclearizzazione della penisola coreana.

È quanto hanno convenuto il Presidente sudcoreano Moon Jae-in e il leader nordcoreano Kim Jong-un nello storico incontro che hanno tenuto oggi al confine fra i due Stati, a cavallo della linea di demarcazione nei pressi del villaggio di Panmunjom.
Firmato un documento congiunto per la pace.“Il Sud e il Nord hanno confermato oggi il loro obiettivo comune di realizzare una penisola coreana libera dalle armi nucleari”, si legge nella dichiarazione congiunta dei due capi di Stato. Moon Jae-in e Kim hanno concordando anche di ridurre gli arsenali convenzionali a sostegno degli sforzi per ridurre le tensioni militari e rafforzare la pace nella penisola.

Le due Coree si sono quindi impegnate a trasformare entro l’anno in corso l'armistizio siglato nel 1953 in un vero e proprio trattato di pace. Nel documento congiunto si annuncia inoltre la visita del Presidente della Corea del Sud a Pyongyang in autunno, senza però precisare una data ma specificando che tra i due ci saranno, su base regolare, incontri e telefonate dopo la recentissima apertura di una linea rossa.

Kim Jong-un: siamo legati dal sangue

A commento della firma della dichiarazione congiunta, Kim Jong-un ha letto un messaggio: "Abbiamo aspettato a lungo questo momento per molto tempo e quando è giunto abbiamo realizzato che siamo una nazione, che siamo vicini". "Siamo legati dal sangue e i compatrioti non possono vivere separatamente", ha aggiunto il leader nordcoreano.

Cerimonia di accoglienza lungo il confine

In un clima di cordialità Moon Jae-in e Kim Jong-Un si sono poi ritrovati con le rispettive first lady e con le delegazioni ufficiali dei due Paesi, come hanno mostrato le immagini trasmesse dalle tv sudcoreane.

Momenti molto significativi sono stati vissuti anche in apertura di questo vertice intercoreano, con Moon Jae-in e Kim Jong-un che hanno piantato un pino a sud del confine di Panmunjom, simbolo dei migliori auspici per la penisola, scoprendo una roccia su cui sono scolpiti i nomi dei leader e la frase "qui piantiamo pace e prosperità". Poco prima i due avevano varcato insieme il confine passando in entrambe le direzioni.

Il mondo guarda con speranza

Gli occhi di tutto il mondo sono quindi concentrati su questo incontro che suscita tante speranze sebbene i negoziati dovranno coinvolgere anche Washington e Pechino. Dai governi statunitense e giapponese arriva l’auspicio che questi colloqui portino la pace.
Mons. Sprizzi: cattolici pregano da oltre 20 anni per questo risultato

L’incaricato d’affari della nunziatura apostolica in Corea del Sud, mons. Marco Sprizzi ci ha riferito delle preghiere che la numerosa comunità cattolica sudcoreana recita da anni per la pace con i fratelli del Nord. Mons. Sprizzi ha ricordato anche l’apporto dei cattolici alla politica coreana e all’impegno per la distensione con Pyongyang:

R. – La Chiesa coreana, il popolo, i fedeli, hanno preparato, anzitutto nella preghiera, da tanti anni questo momento. Lei pensi che, nella cattedrale di Seoul, per questa intenzione si prega il Rosario e si celebra la Messa, una volta a settimana da 23 anni; ed è il giorno in cui la cattedrale è più affollata di fedeli. La Conferenza episcopale ha lavorato incessantemente, in particolare attraverso la Commissione episcopale per la riconciliazione nazionale, per favorire la condizioni, in mezzo alla gente e anche tra le classi dirigenti, per costruire una cultura della riconciliazione, della comprensione reciproca e della pace. Il Santo Padre Francesco, quando è venuto nel 2014 in Corea, non ha parlato di due Coree, ma di un popolo con una lingua, e ha auspicato innumerevoli volte, anche mercoledì scorso al termine dell’Udienza Generale, che si giungesse a questo momento come primo passo verso una pace stabile, duratura, nell’armonia e nell’amicizia reciproca.

La pace, poi, può essere anche la base per un dialogo che dia le garanzie ai cattolici del Sud e del Nord per la libertà di professare il proprio culto: credo che questo sia un tema caro a chiunque vuole la pace tra le due Coree…

R. – Al Sud la libertà religiosa è pienamente realizzata e quindi, per quanto riguarda la Corea del Sud, non possiamo che ringraziare il Signore e continuare su questa strada di piena libertà religiosa, e anche di amicizia tra le religioni esistenti, anche attraverso degli organismi permanenti di dialogo e di collaborazione. Non a caso anche questi organismi hanno contribuito a raggiungere questo risultato con incontri, dichiarazioni comuni, auspici, e anche fattivamente, presso i propri fedeli, per promuovere la cultura della pace e della riconciliazione. Per quanto riguarda la Corea del Nord, auspichiamo anche che si possa andare in questa direzione.

Oggi, per il popolo coreano quindi è una giornata eccezionale. Come stanno rispondendo la stampa e anche la gente semplice, le famiglie?

R. – Posso dirle che all’inizio c’è stato un certo scetticismo, perché è una speranza che si coltiva da tanti anni e ha visto tante battute d’arresto, e quindi il popolo coreano al Sud ha imparato, se vogliamo, anche un po’ a diffidare. Ma la speranza non è mai morta, fino ad oggi, quando proprio tutta la popolazione è rimasta incollata davanti alla televisione, ai computer e ai telefoni, per la diretta tv dell’incontro. E si è vista la commozione profonda, che devo dire anche noi condividiamo, per questo incontro storico. Quindi c’è fiducia e speranza. Il leader nord-coreano ha scritto nella pagina del libro degli ospiti all’inizio dell’incontro: “Si apre una nuova pagina della storia per un’era di pace”. Questo ha colpito profondamente anche la gente semplice della Corea del Sud. Quindi si vuole credere, si vuole avere fiducia e si prega perché ciò si realizzi.

I cattolici coreani sono un corpo vivo della società coreana. Qual è lo stato di salute di questa Chiesa così viva?

R. – Direi che è ottimo. È una Chiesa che ha ricevuto tanto nella storia, da parte della Chiesa universale e dei missionari che vengono da fuori, ma che oggi è aperta al mondo, e manda missionari e risorse in tutto il mondo. Ha dato un apporto significativo alla vita politica per liberarsi da un regime autoritario che c’è stato nel passato, e continua a darlo, nell’attuale stato di democrazia, nelle assemblee parlamentari, dove vi è una forte presenza di cattolici, che raggiunge il 30 percento dei parlamentari, mentre i cattolici in Corea rasentano i sei milioni e quindi costituiscono l’undici per cento della popolazione. Il presidente della Repubblica è spesso un cattolico impegnato, come lo è anche la moglie, pur nella non mescolanza dei due piani. Devo dire che tutto ciò dà la sua testimonianza autentica del suo essere un discepolo di Cristo e cattolico.





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