Francesco a Santa Marta: no alla «tentazione del momento che si impadronisce della vita». L’esistenza non è «una catena di anelli» di attimi, così non avrebbe senso.
Domenico Agasso jr
Città del Vaticano
Vatican Insider - Gli esseri umani non sono eterni, «né effimeri». Il pensiero della morte salva dall’illusione di essere padroni del tempo, che ha un inizio e una fine. Per tutti. Papa Francesco lo sottolinea nell’omelia della Messa di questa mattina, 1 febbraio 2017, a Casa Santa Marta. Il Pontefice mette in guardia dalla «tentazione del momento che si impadronisce della vita». L’esistenza non è «una catena di anelli» di attimi, avverte ed evidenzia: così non avrebbe senso.
La morte «è un fatto, è un’eredità e la morte è una memoria», afferma il Pontefice, come riporta Vatican News .
Riflette il Vescovo di Roma: «Noi non siamo né eterni né effimeri: siamo uomini e donne in cammino nel tempo, tempo che incomincia e tempo che finisce». Papa Bergoglio si ispira al passo della liturgia odierna del Primo Libro dei Re, sulla morte di Davide, e invita tutti «a pregare e chiedere la grazia del senso del tempo» per non restare «imprigionati» dal momento presente, «chiuso in se stesso».
Ricorda poi il Papa: «La morte è un fatto che tocca a tutti, più tardi, più presto, ma viene». Però «c’è la tentazione del momento che si impadronisce della vita e ti porta ad andare girando in questo labirinto egoistico del momento senza futuro, sempre andata e ritorno, andata e ritorno, no?». E il cammino termina «nella morte, tutti lo sappiamo. E per questo la Chiesa ha sempre cercato di far riflettere su questo fine nostro: la morte».
Francesco consiglia di ripetere e ripetersi il concetto: «Io non sono il padrone del tempo». Ribadirlo «aiuta», perché «ci salva da quella illusione del momento, di prendere la vita come una catena di anelli di momenti, che non ha senso. Io sono in cammino e devo guardare avanti», ma pure considerare che «la morte è un’eredità», non materiale ma della testimonianza.
Il Pontefice esorta a domandarsi «quale eredità se Dio oggi mi chiamasse? Quale eredità io lascerò come testimonianza di vita? È una bella domanda da farci. E così, prepararci perché tutti noi, nessuno di noi rimarrà “di reliquia”. No, tutti andremo su questa strada».
Jorge Mario Bergoglio osserva poi che «la morte è una memoria», una «memoria anticipata» per meditare: «Quando io morirò, cosa mi sarebbe piaciuto fare oggi in questa decisione che io devo prendere oggi, nel modo di vivere di oggi? È una memoria anticipata che illumina il momento di oggi. Illuminare con il fatto della morte le decisioni che io devo prendere ogni giorno».
Perciò sentirsi in cammino verso la morte «ci farà bene».
Domenico Agasso jrCittà del Vaticano
Vatican Insider - Gli esseri umani non sono eterni, «né effimeri». Il pensiero della morte salva dall’illusione di essere padroni del tempo, che ha un inizio e una fine. Per tutti. Papa Francesco lo sottolinea nell’omelia della Messa di questa mattina, 1 febbraio 2017, a Casa Santa Marta. Il Pontefice mette in guardia dalla «tentazione del momento che si impadronisce della vita». L’esistenza non è «una catena di anelli» di attimi, avverte ed evidenzia: così non avrebbe senso.
La morte «è un fatto, è un’eredità e la morte è una memoria», afferma il Pontefice, come riporta Vatican News .
Riflette il Vescovo di Roma: «Noi non siamo né eterni né effimeri: siamo uomini e donne in cammino nel tempo, tempo che incomincia e tempo che finisce». Papa Bergoglio si ispira al passo della liturgia odierna del Primo Libro dei Re, sulla morte di Davide, e invita tutti «a pregare e chiedere la grazia del senso del tempo» per non restare «imprigionati» dal momento presente, «chiuso in se stesso».
Ricorda poi il Papa: «La morte è un fatto che tocca a tutti, più tardi, più presto, ma viene». Però «c’è la tentazione del momento che si impadronisce della vita e ti porta ad andare girando in questo labirinto egoistico del momento senza futuro, sempre andata e ritorno, andata e ritorno, no?». E il cammino termina «nella morte, tutti lo sappiamo. E per questo la Chiesa ha sempre cercato di far riflettere su questo fine nostro: la morte».
Francesco consiglia di ripetere e ripetersi il concetto: «Io non sono il padrone del tempo». Ribadirlo «aiuta», perché «ci salva da quella illusione del momento, di prendere la vita come una catena di anelli di momenti, che non ha senso. Io sono in cammino e devo guardare avanti», ma pure considerare che «la morte è un’eredità», non materiale ma della testimonianza.
Il Pontefice esorta a domandarsi «quale eredità se Dio oggi mi chiamasse? Quale eredità io lascerò come testimonianza di vita? È una bella domanda da farci. E così, prepararci perché tutti noi, nessuno di noi rimarrà “di reliquia”. No, tutti andremo su questa strada».
Jorge Mario Bergoglio osserva poi che «la morte è una memoria», una «memoria anticipata» per meditare: «Quando io morirò, cosa mi sarebbe piaciuto fare oggi in questa decisione che io devo prendere oggi, nel modo di vivere di oggi? È una memoria anticipata che illumina il momento di oggi. Illuminare con il fatto della morte le decisioni che io devo prendere ogni giorno».
Perciò sentirsi in cammino verso la morte «ci farà bene».
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