giovedì, ottobre 05, 2017
Italiani spiati al telefono e su Internet. Potrebbero presto vedere la luce due emendamenti a firma del PD e del Movimento Cinque Stelle contenuti nella Legge europea che allungano di altri quattro anni l’obbligo di conservazione dei dati in capo ai provider delle autorità.

di Alessandra Caparello

WSI - Si tratta della cosiddetta data retention. Il numero digitato sullo smartphone, il contenuto guardato su Internet, il commento di un amico sui nostri profili social, sono tutte tracce di noi che rimangono in rete e che potrebbero rimanerci per un tempo molto lungo, sino a sei anni.
Il Senato si esprimerà oggi sul disegno di legge che introdurrebbe una maggiore operazione di censura e di “schedatura” delle attività compiute online. Pare che il governo Gentiloni voglia inserire il provvedimento nel pacchetto omnibus dei regolamenti europei da recepire senza possibilità di modifiche, comprese quattro righe che anticipano la norma. Gli effetti immediati del provvedimento sarebbero i seguenti:

1) i dati raccolti dalle attività telefoniche e sul Web potranno essere conservati per sei anni negli archivi delle autorità, ben oltre le attuali consuetudini internazionali;

2) allo stesso tempo l’Agcom, ovvero l’Autorità garante delle comunicazioni, avrà il potere di intervenire sulle comunicazioni elettroniche dei cittadini italiani: l’obiettivo è quello di impedire – in via cautelare – l’accesso agli stessi cittadini a contenuti presenti sul web.

E’ stata l’Europa a prevedere con una direttiva anti terrorismo che gli Stati si dotino obbligatoriamente di misure di indagine efficaci per prevenire il terrorismo. I provider sono in grado di custodire per lungo tempo i nostri dati per due anni, un tempo che per molti appare spropositato ma non per il Governo che lo allunga di altri 4, arrivando in totale a 6.

Come dice a Il Giornale l’avvocato Luca Bolognini, presidente dell’Istituto italiano per la privacy:

“Più di qualcuno la corte di Giustizia europea nel 2014 ha definito sproporzionato il tempo di due anni e ora lo allunghiamo a sei. Ed è innanzitutto molto dubbio che un periodo così lungo di conservazione dei dati sia utile alle indagini anti terrorismo. E poi c’ è l’impatto sulle aziende: conservare i dati con le modalità di assoluta sicurezza previste dal Garante della privacy ha un costo elevato. Se moltiplicato per la durata di sei anni, può diventare fatale per molte aziende”.

A ciò si aggiungono anche i maggiori poteri che l’emendamento targato Pd-M5s fornisce all’Agcom che ora potrà ordinare di far tutto ciò che è possibile tecnicamente per evitare che lo stesso utenti pubblichi di nuovo quel contenuto su altri siti. Un pedinamento on line realizzato con una tecnica sofisticata che prende il nome di Deep packet inspection, il tutto senza l’ok della magistratura.

Quando le rivelazioni della talpa Edward Snowden hanno fatto luce sugli atti di violazione sistematica della privacy commesse dall’NSA alle spese dei cittadini americani in nome della sicurezza nazionale, i sondaggi effettuati sulla popolazione Usa hanno mostrato a sorpresa che i cittadini erano disposti a rinunciare alla propria privacy in nome della lotta al terrorismo internazionale. Vista anche la percezione di una minore esigenza di difendersi da una minaccia che per ora ha risparmiato in gran parte l’Italia, non è detto che gli italiani siano pronti a fare rinunce simili.


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