venerdì, maggio 05, 2017
Alla vigilia dell’esame della situazione in Brasile da parte del Consiglio Onu dei diritti umani, previsto a Ginevra il 5 maggio, una nostra ricerca denuncia un peggioramento della crisi dei diritti umani.

Amnesty - Dall’ultimo esame periodico universale delle Nazioni Unite, risalente al 2012, a Rio de Janeiro le uccisioni da parte della polizia sono costantemente aumentate – nei primi due mesi del 2017 sono state 182, quasi il doppio rispetto a cinque anni fa – così come altre violazioni dei diritti umani in tutto il paese.

“Dal 2012 il Brasile non ha preso misure sufficienti per affrontare lo scioccante livello di violazioni dei diritti umani, comprese le uccisioni da parte della polizia, che causano centinaia di vittime ogni anno”, ha dichiarato in una nota ufficiale Jurema Werneck, direttrice generale di Amnesty International Brasile.

“È stato fatto davvero molto poco per ridurre il numero delle uccisioni, controllare l’uso della forza da parte della polizia o garantire i diritti delle popolazioni native sanciti dalla Costituzione. Gli stati membri dell’Onu devono dire in modo chiaro al Brasile che tutto questo deve cambiare”, ha aggiunto Werneck.

“Oggi stiamo assistendo alla strumentalizzazione della profonda crisi politica, etica e finanziaria che avvolge il Brasile per violare diritti consolidati da lungo tempo”, ha sottolineato Werneck.

I numeri della crisi in Brasile

Secondo fonti ufficiali, nei primi due mesi del 2017 solo a Rio de Janeiro almeno 182 persone sono state uccise durante operazioni di polizia nelle favelas, con un aumento del 78 per cento rispetto allo stesso periodo del 2016.

Nel 2016 in città sono state registrate 920 uccisioni da parte della polizia. Nel 2012 erano state 419.

Il Brasile vanta un livello assai alto di omicidi, circa 60.000 nel 2015. La maggior parte delle vittime erano giovani neri. Le forze di polizia sono responsabili di una significativa percentuale di questi omicidi, molti dei quali possono essere considerati esecuzioni extragiudiziali ovvero un crimine di diritto internazionale.

Nel 2015 nella sola città di Rio del Janeiro le forze di polizia sono state responsabili di un’uccisione su cinque, a San Paolo di una su quattro.

Nonostante il fatto che oltre il 70 per cento degli omicidi in Brasile avviene mediante l’uso di armi da fuoco, il Congresso sta purtroppo discutendo una proposta di legge che ridurrebbe le limitazioni al possesso di armi da fuoco in vigore dal 2004.

La violenza è aumentata negli ultimi anni anche nelle zone rurali del paese, soprattutto nel contesto delle dispute sulla terra che vedono vittime le comunità contadine e native. Nel 2016 la Commissione pastorale della terra ha registrato 61 uccisioni, 200 minacce di morte e 74 tentati omicidi relativi alle dispute sulla terra e sulle risorse naturali. Si è trattato del secondo anno più violento in un quarto di secolo, dopo il 2013 in cui furono registrate 73 uccisioni. Finora nel 2017 le uccisioni sono state 19.

Nel rapporto “Brazil: police killings, impunity and attacks on defenders” denunciamo e inviamo alle Nazioni Unite esprimendo le nostre gravi preoccupazioni in materia di diritti dei popoli nativi, maltrattamenti e torture, condizioni delle carceri, libertà d’espressione e repressione delle proteste pacifiche.


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