venerdì, marzo 31, 2017
In esclusiva per Lpl News24, P. Pio Capuano racconta la sua esperienza di vita con il prozio, fra Daniele Natale, il cappuccino laico tra i più stretti confidenti di San Pio da Pietrelcina.

Intervista di Dario Cataldo

In un'intervista concessa in esclusiva per Lpl News24, P. Pio Capuano, pronipote di fra Daniele Natale, analizza la figura del "riconquistatore di anime", con alle spalle la lunga amicizia con il Santo di Pietrelcina e un'esperienza di post mortem in Purgatorio in espiazione dei peccati. Come racconta il nipote: "Dopo la sua morte si presentò al cospetto di Dio, che lo condannò a tre ore di purgatorio (che non corrispondono alle nostre ore, ma sembrano un’eternità). In questa atroce sofferenza si rivolse al s. P. Pio e alla Madonna". Una storia affascinante per un uomo prossimo agli onori degli altari. Diamo il benvenuto a P. Pio Capuano.

Padre Pio Capuano, dopo atroci sofferenze, il prozio, fra’ Daniele Natale, morì il 6 luglio 1994. A distanza di anni, la sua sepoltura a S. Giovanni Rotondo, soprattutto dopo la sua traslazione, nel convento cappuccino, il 10 ottobre 2015, è meta di un numero crescente di pellegrini. Cosa affascina della vita di fra’ Daniele?

"Con precisione non si può dire cosa affascina della vita di fra’ Daniele Natale, ciò dipende dalla propria cultura e dalla propria formazione spirituale. Comunque, ci sono in lui delle caratteristiche-virtú, ammirate dal grosso dei suoi devoti: amore a Dio, tramite la devozione alla Madonna e al suo padre spirituale, il santo P. Pio, la sua continua preghiera, l’amore alla natura, l’amicizia e l’accettazione, testimonianza e offerta della sofferenza, in nome del Signore".

Fra’ Daniele Natale ha vissuto sotto la guida spirituale di P. Pio. Secondo lei, qual è il piú grande insegnamento che il Santo di Pietrelcina ha tramandato al suo prozio?

"Dopo l’amore a Dio, quello alla Madonna,che da Gesú Cristo stesso è stata data a lui come madre, come fra’ Daniele stesso raccontava piú volte. Infatti, egli raccontava che, nella notte tra il 12/13 maggio, sentì una voce, (quella di Gesú, secondo lui) che gli diceva: “Seguimi nell’Ordine di s. Francesco, tra i Cappuccini”. E Michele (questo è il suo nome di battesimo): “Come faccio? Devo lasciare mio padre e mia madre?”. E la voce: “Ti dò per mamma la mia mamma, che è anche mamma di tua madre e di tutti. Sarà per te mamma, maestra, guida, difesa, e, per qualsiasi cosa, ricorri a lei e non agli uomini, altrimenti rimarrai deluso”.

A seguito di un intervento chirurgico, fra’ Daniele Natale è entrato in coma per tre giorni, dopo i quali fu dichiarato morto. Ritornò in vita. Lui raccontò di esser stato in purgatorio per tre ore. Aldilà di quanto detto pubblicamente, c’è qualche confidenza di fra’ Daniele Natale sull’accaduto?

"Quello che è avvenuto dopo l’operazione è noto a tante persone, perché fra’ Daniele quest’episodio lo raccontava spesso, per far incrementare la fiducia verso la potente intercessione della Madonna e di P. Pio, presso il Signore. Sintetizzo l’episodio, perché non noto, soprattutto ai giovani. Il 7 settembre 1952, presso la clinica “Regina Elena”, in Roma, fu operato mio prozio, fra’ Daniele, dal chirurgo prof. Riccardo Moretti, per un tumore alla milza. Durante l’operazione il mio prozio andò in coma. In questo stato rimase per tre giorni e poi morì, come gli dissero gli infermieri-assistenti-parenti.

Dopo la sua morte, raccontava fra’ Daniele, si presentò al cospetto di Dio, che lo condannò a tre ore di purgatorio (che non corrispondono alle nostre ore, ma sembrano un’eternità). In questa atroce sofferenza si rivolse al s. P. Pio e alla Madonna. Vide che essi parlavano tra loro e, in un istante, con un movimento brusco, si liberò del lenzuolo col quale era coperto il suo corpo, tra lo sgomento di coloro che l’assistevano. Vi domanderete: Perché condannato a tre ore di purgatorio? Fra’ Daniele raccontava che era stato condannato a tre ore di purgatorio, perché, quando era cuoco-cercatore nel convento “S. Anna” di Foggia, i commercianti facevano degli sconti particolari. Con i soldi risparmiati, egli, anziché darli al padre guardiano, li teneva per sé, per comprare dei francobolli per la corrispondenza, per le altre sue piccole necessità e per aiutare i militari, soprattutto dopo l’8 settembre 1943, che bussavano alla porta del convento".

Il 5 novembre 2016, si è conclusa l’inchiesta diocesana sulle virtú eroiche di fra’ Daniele Natale, cominciata il 7 luglio 2012, con la prima fase della causa della beatificazione. Secondo lei, quanto tempo si dovrà attendere, per innalzarlo agli onori degli altari?

"Nessuno può dirlo, perché l’iter per la beatificazione-canonizzazione è molto lungo e complesso. Quello che, certamente, dobbiamo far noi è di pregare per questa finalità, ma soprattutto imitarlo, perché la piú bella devozione è l’imitazione. Fra’ Daniele, facendosi prestare la frase dal suo padre spirituale, potrebbe dirci: “Mi raccomando, non fatemi fare brutta figura!”. L’iter per la beatificazione-canonizzazione prevede tanti passi: servo di Dio, venerabile, beato, santo. Un iter non semplice, perché, secondo l’Istruzione “Sanctorum Mater”, promulgata da papa Benedetto XVI, il 17 maggio 2007, dopo il titolo di Servo di Dio e l’inchiesta-approvazione del Tribunale diocesano, la Positio, deve esser esaminata e approvata, prima da nove teologi e poi da altrettanti cardinali-vescovi, con il titolo, dichiarato dal papa di Venerabile.

Dopo il miracolo, riconosciuto, dal Tribunale diocesano, i documenti vengono passati a due medici periti ex officio della Congregazione per le Cause dei santi. Se accettato da costoro il miracolo, la Fattispecie e il Sommario viene consegnato a cinque medici esperti, che daranno il loro responso. Se quest’ultimo risulta positivo, la Positio super Miro, cioè la Posizione sul miracolo, viene consegnata ai Consultori teologi, che devono definire se il miracolo è oggettivamente attribuibile all’intercessione del Venerabile. Se la valutazione risulta positiva il papa lo dichiara santo. Quest’ultimo iter viene seguito anche per la canonizzazione. Quindi, l’iter è lungo e complesso, a noi non resta, come dicevo prima, di pregare per la sua beatificazione-canonizzazione e soprattutto imitarlo nelle sue virtú".

P. Pio Capuano, ha un aneddoto che ricorda con particolare affetto, quando pensa a fra’ Daniele?

"I miei ricordi su di lui sono tantissimi, perché da piccoli eravamo quasi sempre a casa sua, non solo in quanto sua madre, Angelamaria De Bonis, era nostra zia, cioè sorella della nostra nonna materna, ma soprattutto, perché noi eravamo attirati dalla figura carismatica di fra’ Daniele, che, spesso, era a S. Giovanni Rotondo, nella casa paterna, per curarsi dalle varie malattie. Eravamo a casa sua, soprattutto per pregare con la corona del rosario, ogni pomeriggio, verso le 15.00/ 16.00. Vivere senza ricordi è come vivere nel nulla. Uno di questi ricordi indelebili è il seguente. Indelebile, perché dalla mia risposta è dipesa la mia attuale e felice vita di consacrato nell’Ordine dei frati minori cappuccini, nella Provincia religiosa di “S. Angelo e P. Pio” di Foggia".

Ecco il racconto.

La mia decima ora (4 del pomeriggio). È impossibile non esser preso da un brivido di commozione, quando penso di esser oggetto dell’amore personale di un Dio infinito, con la vocazione: vocazione, che è frutto della scelta di Cristo e della mia libera risposta, stimolata dall’incontro definitivo con f. Daniele. Cosa è avvenuto in quell’incontro? Era il 21 settembre 1961, giorno onomastico dell’apostolo s. Matteo. Col mio fratello, piú piccolo, Matteo, ci recammo da mia zia Angela Maria De Bonis, per recitare il rosario dal “prozio” fra’ Daniele, come facevamo ogni volta che lui era a S. Giovanni Rotondo. Dopo la recita della corona del rosario e la litania alla Madonna e altre preghiere, ci diede dei biscotti, oltre alle famose caramelle “Rossana”, benedette da p. Pio, per cui i bambini lo chiamava: “Fra’ Mamella” (da caramella). Dopo un po’, la scena sembra di vederla davanti agli occhi, come se fosse di oggi, mi portò nella sua camera da letto, dove vi era il quadro della Madonna, venerata sotto il titolo di “Rosa mistica” (che attualmente è ubicato nella stanza del presepe permanente). All’improvviso, tenendo le mie mani nelle sue, mi domandò: “Piuccio, vuoi farti frate?”. Io volevo rispondere di no, in quanto non riuscivo a capire come un bimbo potesse vivere lontano dalla propria mamma, invece, dissi: “Sí”. Meravigliato da quella mia risposta, fra’ Daniele, per ben altre due volte mi fece la medesima domanda e per altrettante volte, senza che io lo volessi, risposi: “Sí, sí”. Sarà stato lo Spirito santo, la Madonna, le preghiere di fra’ Daniele stesso, che aveva già fatto la domanda, affinché entrassi nel collegio serafico di Vico del Gargano o di qualcuno altro, che mi hanno spinto ha dire: “Sí, sí”. Chiunque sia stato, la mia eterna gratitudine, perché sono stato e sono felicissimo, nonostante i contrattempi, che ci sono sempre, per questa scelta, che mi dà la possibilità di amare piú facilmente Dio e tutti i miei fratelli!



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