lunedì, novembre 07, 2016
È in scena nei teatri italiani per la stagione di prosa 2016/2017, L’ora di ricevimento (banlieue), con Fabrizio Bentivoglio e la compagnia di giovani del Teatro Stabile dell’Umbria, per la regia di Michele Placido.

di Monica Cardarelli

Commissionato e prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria, il nuovo testo di Stefano Massini, “L’ora di ricevimento (banlieue)” è stato messo in scena al Teatro Signorelli di Cortona lo scorso 27 ottobre, dove ha registrato il tutto esaurito.

Il talento e la professionalità di Fabrizio Bentivoglio sono ancor più esaltati dal palcoscenico che gli permette il contatto con il pubblico; a ciò si aggiunga la bravura dei giovani attori del Teatro Stabile dell’Umbria e la regia di Michele Placido che hanno permesso di proporre un lavoro equilibrato e di alto livello.

Ritmo, personaggi curati nei minimi dettagli, spazio scenico “abitato” e articolato ma soprattutto il testo di Stefano Massini che riesce ad andare in profondità nei personaggi con tratti poetici ed ironici, senza mai staccare i piedi da terra, presentando cioè storie reali di vita vissuta.

Prendendo spunto dalla realtà di una scuola francese della periferia di Tolosa, Les Izards, il lavoro di Stefano Massini presenta un professore di lettere, il professor Ardèche, che si trova a fare i conti con situazioni di vita multietniche, multirazziali e multireligiose. Il testo accompagna lo spettatore nelle difficili relazioni che si innescano tra studenti, tra allievi e insegnante e, soprattutto grazie ai colloqui nell’ora di ricevimento del giovedì, le relazioni tra genitori e parenti con il professore.

Ne emerge un mondo culturalmente variegato, in cui l’insegnante, Fabrizio Bentivoglio, cercherà un equilibrio tra l’insegnamento inteso come educazione alla convivenza e le innumerevoli richieste dei genitori per i propri figli.

Una questione di sopravvivenza, quella degli insegnanti di Les Izards, che devono trovare il modo di farsi accettare dai ragazzi senza per questo perdere la propria autorevolezza. Tutto accompagnato da una buona dose di ironia che permette al pubblico di sorridere alle scene proposte ma anche di lasciare che al sorriso subentri l’amarezza e quanto meno la riflessione su temi così vicini e difficili da districare.

Il crescendo di ritmo e di intensità giungono al culmine nel finale con una bellissima e delicata scena in cui, come premesso alle prime battute, l’insegnante a fine anno deve rimettere in gioco il suo metodo di insegnamento o quanto meno riflettere su quanto sia stata incisiva la sua azione educativa e se in positivo o in negativo. Emerge così il difficile rapporto con gli adolescenti che in qualche modo rimangono segnati dagli anni della scuola e dalle relazioni che si creano.

Come per ogni opera teatrale è difficile e forse insufficiente parlarne, perché il teatro va vissuto, non può essere raccontato. Senz’altro uno spettacolo da rivedere e un testo su cui riflettere, che resta a lungo nella memoria dello spettatore.


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