In un solo anno per il Continente costi pari a 447 miliardi di dollari. Non è possibile combattere i mali della povertà trascurando quelli che impattano (anche) sull’ambiente.
GreenReport - La priorità per un reale sviluppo sostenibile del mondo è combattere la povertà, specialmente nella sua forma più nera – quella che uccide per fame –, non preoccuparsi dell’inquinamento ambientale. È più o meno questa la tesi comune a ogni ecoscettico che si rispetti, anche se l’evidenza dei dati mostra tutta un’altra storia. A riportarne la versione aggiornata è stata l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), che nei giorni scorsi ha pubblicato lo studio The cost of air pollution in Africa.
Secondo le rilevazioni della Banca mondiale, sono circa 750 milioni i cittadini del mondo che vivono oggi in povertà estrema, la metà dei quali si trova nell’Africa sub-sahariana. Nonostante ciò, osservando il Continente nero nel suo complesso, l’inquinamento atmosferico è responsabile di 712mila morti premature ogni anno, rispetto alle 275mila provocate dalla malnutrizione, dei 391mila causati dalla mancanza di efficienti servizi igienico-sanitari o dei 542mila dovuti all’acqua inquinata.
Dunque, limitando l’osservazione al solo inquinamento atmosferico, si nota come il suo impatto in termini di vite stroncate sia oltre il 250% in più rispetto a quello provocato dalla pur tremenda malnutrizione.
Numeri che continuano a crescere. Come ha documentato per l’Ocse l’autrice dello studio Rana Roy, dal 1990 a oggi il numero dei decessi legati all’inquinamento è andato di pari passo con la crescita della popolazione urbana. In particolare, dal 1990 al 2013 il numero delle morti correlato all’inquinamento atmosferico è cresciuto del 36% – da 180mila a 250mila morti l’anno -, mentre all’inquinamento dell’aria indoor si devono 450mila decessi (+18% rispetto ai 400mila del 1990).
Tradotti brutalmente in termini economici, questa enorme perdita di vite umane è stata complessivamente valutata in 447 miliardi di dollari l’anno (dati 2013). Lavorare per lo sviluppo sostenibile significa dunque muoversi in parallelo per promuovere la crescita economica – certamente indispensabile a queste latitudini – riducendone al contempo gli impatti ambientali. Al contrario, continuare a contrapporre l’economia all’ecosistema non potrà che continuare a alimentare paradossi, oltre a mietere vittime: povertà e inquinamento sono le due facce della stessa medaglia.
GreenReport - La priorità per un reale sviluppo sostenibile del mondo è combattere la povertà, specialmente nella sua forma più nera – quella che uccide per fame –, non preoccuparsi dell’inquinamento ambientale. È più o meno questa la tesi comune a ogni ecoscettico che si rispetti, anche se l’evidenza dei dati mostra tutta un’altra storia. A riportarne la versione aggiornata è stata l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), che nei giorni scorsi ha pubblicato lo studio The cost of air pollution in Africa.
Secondo le rilevazioni della Banca mondiale, sono circa 750 milioni i cittadini del mondo che vivono oggi in povertà estrema, la metà dei quali si trova nell’Africa sub-sahariana. Nonostante ciò, osservando il Continente nero nel suo complesso, l’inquinamento atmosferico è responsabile di 712mila morti premature ogni anno, rispetto alle 275mila provocate dalla malnutrizione, dei 391mila causati dalla mancanza di efficienti servizi igienico-sanitari o dei 542mila dovuti all’acqua inquinata.
Dunque, limitando l’osservazione al solo inquinamento atmosferico, si nota come il suo impatto in termini di vite stroncate sia oltre il 250% in più rispetto a quello provocato dalla pur tremenda malnutrizione.
Numeri che continuano a crescere. Come ha documentato per l’Ocse l’autrice dello studio Rana Roy, dal 1990 a oggi il numero dei decessi legati all’inquinamento è andato di pari passo con la crescita della popolazione urbana. In particolare, dal 1990 al 2013 il numero delle morti correlato all’inquinamento atmosferico è cresciuto del 36% – da 180mila a 250mila morti l’anno -, mentre all’inquinamento dell’aria indoor si devono 450mila decessi (+18% rispetto ai 400mila del 1990).
Tradotti brutalmente in termini economici, questa enorme perdita di vite umane è stata complessivamente valutata in 447 miliardi di dollari l’anno (dati 2013). Lavorare per lo sviluppo sostenibile significa dunque muoversi in parallelo per promuovere la crescita economica – certamente indispensabile a queste latitudini – riducendone al contempo gli impatti ambientali. Al contrario, continuare a contrapporre l’economia all’ecosistema non potrà che continuare a alimentare paradossi, oltre a mietere vittime: povertà e inquinamento sono le due facce della stessa medaglia.
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