Presentato martedì al The Church Palace - Domus Mariae - di Roma da Mons. Guerino Di Tora, vescovo ausiliare della Capitale e presidente della Fondazione Migrantes, il Documento sintetizza una precisa volontà: aiutare l'integrazione che abbatta la chiusura identitaria.
di Dario Cataldo
Un quarto di secolo di immigrazione in Italia, raccontato sempre con dati e analisi precise. Nato dall'intesa tra la Caritas italiana e la Fondazione Migrantes, il Rapporto è lo specchio di una società che cambia, a dispetto di quanti cercano di dividerla in compartimenti stagni. Mons. Guerino Di Tora non si nasconde dietro ai veli dell'ipocrisia, esortando a una reale presa di coscienza solidale. Dichiara il Presule: "la cultura dell’incontro non cresce sulla contrapposizione, sulla lotta tra classi e persone, sulla violenza, sulla creazione di luoghi esclusivi, ma sugli incontri, i legami diversi, da luoghi e città dove tutti hanno un posto, da strade e confini dove persone indicano la direzione, aiutano a rialzarsi e camminare. Una società - continua il Porporato - che non riconosca come debba la sua nascita e crescita nell’incontro e non dalla salvaguardia di una chimerica identità pura cade nell’illusione e muore. Un’identità chiusa è un inferno".
A lui fa seguito anche Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, il quale condanna gli allarmismi di questo periodo in merito a una presunta invasione di extracomuniatri. In realtà molti dei profughi lasciano quasi subito il Belpaese per approdare altrove. Collegandosi a quanto affermato da Mons. Di Tora, sottolinea Perego: "Nell’anno della misericordia e alla luce delle strade indicate dal convegno ecclesiale di Firenze – prosegue il direttore della Migrantes – scommettere sulla cultura dell’incontro sembra essere l’unica strada da intraprendere sul piano politico e sociale, culturale ed ecclesiale. Ogni chiusura, ogni discriminazione, ogni ritardo nel riconoscimento della cittadinanza, ogni esclusione impoverisce, indebolisce la vita delle nostre città e, in esse, della Chiesa".
A consolidare una posizione comune, anche don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, per il quale "c’è troppa approssimazione sul modo in cui si approccia l’immigrazione; infatti, si rischia costantemente di scivolare nell’emotività, nel pregiudizio positivo o negativo, senza avere ancora acquisito la consapevolezza che l’immigrazione è il fenomeno sociale più importante del nostro tempo e che deve diventare strutturale in tutti gli ambiti sociali".
di Dario Cataldo
Un quarto di secolo di immigrazione in Italia, raccontato sempre con dati e analisi precise. Nato dall'intesa tra la Caritas italiana e la Fondazione Migrantes, il Rapporto è lo specchio di una società che cambia, a dispetto di quanti cercano di dividerla in compartimenti stagni. Mons. Guerino Di Tora non si nasconde dietro ai veli dell'ipocrisia, esortando a una reale presa di coscienza solidale. Dichiara il Presule: "la cultura dell’incontro non cresce sulla contrapposizione, sulla lotta tra classi e persone, sulla violenza, sulla creazione di luoghi esclusivi, ma sugli incontri, i legami diversi, da luoghi e città dove tutti hanno un posto, da strade e confini dove persone indicano la direzione, aiutano a rialzarsi e camminare. Una società - continua il Porporato - che non riconosca come debba la sua nascita e crescita nell’incontro e non dalla salvaguardia di una chimerica identità pura cade nell’illusione e muore. Un’identità chiusa è un inferno".
A lui fa seguito anche Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, il quale condanna gli allarmismi di questo periodo in merito a una presunta invasione di extracomuniatri. In realtà molti dei profughi lasciano quasi subito il Belpaese per approdare altrove. Collegandosi a quanto affermato da Mons. Di Tora, sottolinea Perego: "Nell’anno della misericordia e alla luce delle strade indicate dal convegno ecclesiale di Firenze – prosegue il direttore della Migrantes – scommettere sulla cultura dell’incontro sembra essere l’unica strada da intraprendere sul piano politico e sociale, culturale ed ecclesiale. Ogni chiusura, ogni discriminazione, ogni ritardo nel riconoscimento della cittadinanza, ogni esclusione impoverisce, indebolisce la vita delle nostre città e, in esse, della Chiesa".
A consolidare una posizione comune, anche don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, per il quale "c’è troppa approssimazione sul modo in cui si approccia l’immigrazione; infatti, si rischia costantemente di scivolare nell’emotività, nel pregiudizio positivo o negativo, senza avere ancora acquisito la consapevolezza che l’immigrazione è il fenomeno sociale più importante del nostro tempo e che deve diventare strutturale in tutti gli ambiti sociali".
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