mercoledì, giugno 01, 2016
Da Piazza San Pietro, l'Udienza del mercoledì del Sommo Pontefice è ricca di spunti per la preghiera.
Il metro di paragone? Il fariseo e il pubblicano delle pagine evangeliche.

di Dario Cataldo

Una catechesi fondata sulla preghiera, costante e continua. Questo è il filo conduttore che ha unito i presenti giunti in Piazza San Pietro e Papa Francesco. Attraverso le pagine del Vangelo di Luca, in cui si mettono a confronto il ligio fariseo e il pubblicano peccatore, dichiara il Santo Padre: "Entrambi i protagonisti salgono al tempio per pregare, ma agiscono in modi molto differenti, ottenendo risultati opposti. Il fariseo prega stando in piedi e usa molte parole. La sua è, sì, una preghiera di ringraziamento rivolta a Dio, ma in realtà è uno sfoggio dei propri meriti, con senso di superiorità verso gli altri uomini, qualificati come ladri, ingiusti, adulteri, come, ad esempio, - e segnala quell’altro che era lì – questo pubblicano".

Comune all'atteggiamento di tanti cristiani, la presunzione della perfezione è un peccato con il quale confrontarsi costantemente. Riflette Papa Bergoglio: "Ma proprio qui è il problema: quel fariseo prega Dio, ma in verità guarda a sé stesso. Prega se stesso! Invece di avere davanti agli occhi il Signore, ha uno specchio. Pur trovandosi nel tempio, non sente la necessità di prostrarsi dinanzi alla maestà di Dio; sta in piedi, si sente sicuro, quasi fosse lui il padrone del tempio! Egli elenca le buone opere compiute: è irreprensibile, osservante della Legge oltre il dovuto, digiuna due volte alla settimana e paga le “decime” di tutto quello che possiede. Insomma, più che pregare, il fariseo si compiace della propria osservanza dei precetti. Eppure il suo atteggiamento e le sue parole sono lontani dal modo di agire e di parlare di Dio, il quale ama tutti gli uomini e non disprezza i peccatori. Questo disprezza i peccatori, anche quando segnala l’altro che è lì. Insomma, quel fariseo, che si ritiene giusto, trascura il comandamento più importante: l’amore per Dio e per il prossimo".

Il nocciolo del problema non è dunque la preghiera fine a se stessa, se non c'è la predisposizione e il trasporto sincero. "Non basta dunque domandarci quanto preghiamo, dobbiamo anche chiederci come preghiamo, o meglio, com’è il nostro cuore: è importante esaminarlo per valutare i pensieri, i sentimenti, ed estirpare arroganza e ipocrisia. Ma, io domando: si può pregare con arroganza? No. Si può pregare con ipocrisia? No. Soltanto, dobbiamo pregare davanti a Dio come noi siamo.Il fariseo - continua il Successore di Pietro - si è incamminato verso il tempio, è sicuro di sé, ma non si accorge di aver smarrito la strada del suo cuore".

Appellandosi alla "debolezza di Dio per gli umili", conclude il Vicario di Cristo chiedendo la speciale intercessione della Madonna, a chiusura del mese mariano: "Dio predilige l’umiltà non è per avvilirci: l’umiltà è piuttosto condizione necessaria per essere rialzati da Lui, così da sperimentare la misericordia che viene a colmare i nostri vuoti. Se la preghiera del superbo non raggiunge il cuore di Dio, l’umiltà del misero lo spalanca. Dio ha una debolezza: la debolezza per gli umili. Davanti a un cuore umile, Dio apre il suo cuore totalmente. E’ questa umiltà che la Vergine Maria esprime nel cantico del Magnificat".


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