«Le istituzioni che non agiscono saranno corresponsabili»
«Non abbiamo fatto nulla di fronte al massacro collettivo di persone innocenti. Ora il minimo che possiamo fare è chiamare con il loro nome le atrocità commesse dall’Isis. È il primo passo per rendere giustizia alle vittime». Così Pascale Warda, già ministro iracheno per le politiche migratorie e oggi presidente dell’organizzazione Hammurabi Human Rights, aderisce alla campagna di Aiuto alla Chiesa che Soffre per chiedere alle istituzioni italiane il riconoscimento del genocidio commesso da Isis in Iraq e Siria.
L’attivista cattolica ha partecipato attivamente alla campagna che ha portato al riconoscimento del genocidio da parte del Congresso e del Dipartimento di Stato Usa, e ora invita il governo italiano alla medesima azione. «È la nostra prima responsabilità, se vogliamo davvero essere una comunità internazionale e non una mera unione di stati che di fatto stanno legalizzando delle atrocità. Non si tratta di crimini di guerra, ma azioni mirate ad eliminare le minoranze religiose che non hanno risparmiato donne e bambini».
Negli ultimi due anni, l’ex ministro ha incontrato numerose vittime di Isis, soprattutto ragazze che sono state violentate e schiavizzate. Giovani yazide e cristiane, di appena 15 anni, le cui vite sono state distrutte.
Pascale Warda spiega ad ACS che sono tre le principali motivazioni per cui è essenziale un riconoscimento ufficiale del genocidio. Innanzitutto per impedire che tali crimini possano ripetersi o perpetuarsi. In secondo luogo per mostrare solidarietà alle vittime, «perennemente ignorate e private dei loro diritti», e per costringere i governi locali ad adottare misure di sicurezza capaci di proteggere le minoranze religiose. Infine per far sì che la giustizia segua finalmente il proprio corso. «Queste azioni disumane sono commesse da individui che devono essere giudicati e puniti, così come devono essere sanzionati gli stati ed i gruppi che sostengono lo Stato Islamico. Non possiamo ignorare che dietro quanto accade vi sono progetti e strategie politiche ed economiche».
L’attivista irachena sottolinea inoltre l’importanza di includere i cristiani tra le minoranze vittime del genocidio. «Come si può sostenere che noi non abbiamo subito genocidio, quando le nostre figlie sono state stuprate. Quando siamo stati sradicati, costretti ad abbandonare le nostre case. Quando le nostre chiese sono state distrutte. Quando l’immigrazione ci strappa via dal nostro paese. Che cos’è il genocidio se non questo?».
Ecco perché Pascal Warda si unisce ad ACS nel chiedere alle istituzioni italiane di riconoscere ufficialmente il genocidio compiuto da Isis in Medio Oriente, ai danni delle minoranze. «Le istituzioni devono essere coscienti del fatto che se non prenderanno posizione, diventeranno anch’esse responsabili di questi crimini. È un passo importante anche per prevenire quanto potrebbe accadere in futuro. Perché oggi sono l’Iraq e la Siria, ma domani potrebbe essere il vostro turno».
Roma, 9 giugno 2016
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2015 ha raccolto oltre 124 milioni di euro nei 22 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato 6.209 progetti in 148 nazioni.
«Non abbiamo fatto nulla di fronte al massacro collettivo di persone innocenti. Ora il minimo che possiamo fare è chiamare con il loro nome le atrocità commesse dall’Isis. È il primo passo per rendere giustizia alle vittime». Così Pascale Warda, già ministro iracheno per le politiche migratorie e oggi presidente dell’organizzazione Hammurabi Human Rights, aderisce alla campagna di Aiuto alla Chiesa che Soffre per chiedere alle istituzioni italiane il riconoscimento del genocidio commesso da Isis in Iraq e Siria.
L’attivista cattolica ha partecipato attivamente alla campagna che ha portato al riconoscimento del genocidio da parte del Congresso e del Dipartimento di Stato Usa, e ora invita il governo italiano alla medesima azione. «È la nostra prima responsabilità, se vogliamo davvero essere una comunità internazionale e non una mera unione di stati che di fatto stanno legalizzando delle atrocità. Non si tratta di crimini di guerra, ma azioni mirate ad eliminare le minoranze religiose che non hanno risparmiato donne e bambini».
Negli ultimi due anni, l’ex ministro ha incontrato numerose vittime di Isis, soprattutto ragazze che sono state violentate e schiavizzate. Giovani yazide e cristiane, di appena 15 anni, le cui vite sono state distrutte.
Pascale Warda spiega ad ACS che sono tre le principali motivazioni per cui è essenziale un riconoscimento ufficiale del genocidio. Innanzitutto per impedire che tali crimini possano ripetersi o perpetuarsi. In secondo luogo per mostrare solidarietà alle vittime, «perennemente ignorate e private dei loro diritti», e per costringere i governi locali ad adottare misure di sicurezza capaci di proteggere le minoranze religiose. Infine per far sì che la giustizia segua finalmente il proprio corso. «Queste azioni disumane sono commesse da individui che devono essere giudicati e puniti, così come devono essere sanzionati gli stati ed i gruppi che sostengono lo Stato Islamico. Non possiamo ignorare che dietro quanto accade vi sono progetti e strategie politiche ed economiche».
L’attivista irachena sottolinea inoltre l’importanza di includere i cristiani tra le minoranze vittime del genocidio. «Come si può sostenere che noi non abbiamo subito genocidio, quando le nostre figlie sono state stuprate. Quando siamo stati sradicati, costretti ad abbandonare le nostre case. Quando le nostre chiese sono state distrutte. Quando l’immigrazione ci strappa via dal nostro paese. Che cos’è il genocidio se non questo?».
Ecco perché Pascal Warda si unisce ad ACS nel chiedere alle istituzioni italiane di riconoscere ufficialmente il genocidio compiuto da Isis in Medio Oriente, ai danni delle minoranze. «Le istituzioni devono essere coscienti del fatto che se non prenderanno posizione, diventeranno anch’esse responsabili di questi crimini. È un passo importante anche per prevenire quanto potrebbe accadere in futuro. Perché oggi sono l’Iraq e la Siria, ma domani potrebbe essere il vostro turno».
Roma, 9 giugno 2016
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2015 ha raccolto oltre 124 milioni di euro nei 22 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato 6.209 progetti in 148 nazioni.
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