domenica, giugno 26, 2016
Ppe e Psoe sperano che le paure legate al referendum nel Regno Unito li avvantiggino contro Podemos e Izquierda Unida. I socialisti rischiano di essere declassati al terzo posto. Calo di consensi anche per Ciudadanos.

La Spagna è il primo Paese europeo a votare dopo lo shock Brexit. Un voto più incerto e complicato che mai, non solo per i postumi del voto inglese, ma anche perché il paese iberico viene da ben sei mesi senza un governo vero e proprio. Il ritratto, da dicembre scorso, è quello di un paese ingestibile e diviso, in cui i "nuovi" partiti Podemos e Ciudadanos possono vantare più di cento deputati.

Una Spagna arrabbiata. Tra la prima e la seconda campagna elettorale i cordoni della borsa si sono rilassati e il deficit ha ricominciato a galoppare, ma allo stesso tempo è aumentata enormemente la distanza sociale. Una ricerca Nielsen dice che nel 2009 gli spagnoli spendevano al bar 100 euro al mese, oggi solo 67. Difficile convincere chi deve rinunciare al proprio passato stile di vita che le politiche di austerity imposte da Bruxelles siano la cura.

Unidos Podemos. Chi finora ha interpretato al meglio questa rabbia è stato il partito di Iglesias, Podemos. Ora alleato con Izquierda Unida, non ha smesso di crescere nei sondaggi. Potrebbe arrivare secondo gli ultimi dati al 25% e fra 80 e 90 deputati, su 350, dietro al Pp di Mariano Rajoy, dato al 28-30% con 115-125 seggi, ma, salvo sorprese, davanti al Psoe di Pedro Sanchez, che potrebbe fermarsi sul 21% e sugli 80-85 deputati.

Iglesias, affermando che l’austerità è sbagliata, che bisogna ricominciare ad indebitarsi e spingere, keynesianamente, la crescita, punta a diventare il premier di un governo di sinistra con i socialisti, in alternativa alla Gran Coalicion che vorrebbe Rajoy, se ci saranno i numeri.

"Tutti contro Podemos". Per un partito che parte all'attacco, tutti gli altri sembrano schierati in difesa, magari cavalcando le paure suscitate dall'uscita di Londra dall'Ue. il partito socialista operaio spagnolo, Psoe, mantiene la candidatura del giovane Pedro Sánchez. Anche qui la promessa è di una minore austerità, ma alle c'è spalle il peccato originale di un partito che all'inizio della Grande Crisi sposò i sacrifici.

Chiede continuità, rivendicando i successi del suo governo Mariano Rajoy ed il suo Partito Popolare, che ha ereditato dal Psoe un paese travolto dalla crisi, con migliaia di disoccupati in più ogni giorno ed è stato capace di stabilizzarlo e rilanciarlo, senza cancellare lo Stato sociale.

In calo anche Albert Rivera, leader di Ciudadanos, criticato per la scelta di spostarsi più a sinistra, verso un liberalismo sociale che sembra aver scontentato parte del suo elettorato.

Il sorpasso. Un Psoe terzo partito, dato non scongiurato dai sondaggi, sarebbe la pietra tombale della Transizione, la fase storica di uscita dal franchismo dominata dall'alternanza di una destra e una sinistra istituzionali. Ad ogni modo, oggi, lo spazio a sinistra in Spagna sembra ampiamente occupato e difficilmente, in futuro, ci sarà abbastanza spazio per socialisti e Podemos.


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