sabato, maggio 21, 2016
La crisi politica e le guerre religiose, sembrano non scoraggiare tanti giovani, come dimostrato dal Pakistan, dove cresce di anno in anno la vocazione religiosa.

In un Paese prevalentemente di religione musulmana, vivere la fede cristiana ogni giorno può non essere semplice. Anche solo per il fatto d’esser minoranza. La Chiesa pakistana, ad esempio, vive la fede affrontando le difficoltà d’esser minoranza ogni giorno. Nonostante ciò il Pakistan sta vivendo un periodo felice per quanto attiene le vocazioni sacerdotali e la vita consacrata. Padre Inayat Bernard, Rettore del Seminario minore di Santa Maria di Lahore, parlando all’agenzia vaticana Fide, ha difatti affermato che: “Il Paese è fervente nelle vocazioni sacerdotali e alla vita consacrata, segno della benedizione di Dio, che è sempre vicino al suo popolo”.

Egli è alla guida di una struttura che ospita ventisei giovani seminaristi. Le cifre parlano di una fioritura di vocazioni. Dall’inizio del 2015 ad oggi sono state ventitré le ordinazioni sacerdotali, tra preti diocesani e religiosi e ben quindici nuovi diaconi, pronti ad essere ordinati nel 2016. Nel frattempo, presso l’Istituto nazionale di teologia di Karachi studiano settantanove seminaristi maggiori, e al Seminario maggiore intitolato a San Francesco Saverio a Lahore ve ne sono ben 96. Continua Padre Inayat: “Sono numeri che preannunciano un futuro roseo per la Chiesa cattolica in Pakistan. Senza dimenticare le numerose vocazioni negli ordini religiosi femminili: un segno di speranza che infonde fiducia e coraggio anche nelle difficoltà”.

La situazione socio-politica del Pakistan è sicuramente complessa. Ricordiamo l’attentato avvenuto a Pasqua a Lahore. La comunità religiosa pakistana spesso subisce evidenti discriminazioni accompagnate, spesso, da episodi di violenza. Conclude il Rettore: “Mentre il terrorismo colpisce in modo indiscriminato obiettivi religiosi, civili e militari, non intaccano la nostra libertà e la fede della popolazione, anzi la rafforzano e oggi ne stiamo apprezzando i frutti. È proprio vero che il martirio, che a volte sperimentiamo, è di per sé seme di nuovi cristiani e resta un dono di Dio che solo con la fede si può comprendere e vivere”. Certamente la crisi economica e il ricorso a formule per affrontarla, come la cessione del quinto, possono distogliere i fedeli dalla partecipazione religiosa, ma è un paradosso quello che vede scarsa partecipazione nei Paesi, come il nostro, in cui professare la propria fede è semplice e un boom di vocazioni laddove professare la propria fede semplice non è.


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