Da Piazza San Pietro per il consueto incontro del mercoledì, il Santo Padre ribadisce l’imperfezione umana e come tale, suggerisce il cammino che apre alla grazia.
di Dario Cataldo
Lo spunto è tratto dal passo evangelico del pubblicano Matteo, peccatore agli occhi dei suoi concittadini perché esattore delle tasse per conto dell’Impero Romano. Un’onta che per gli ebrei non è cancellabile. Papa Francesco utilizza il brano del Vangelo per lanciare un messaggio, ovvero che la chiamata di Dio non è limitata ai sapienti, ai dotti e agli “uomini della legge”. Nessuno lo è.
Attraverso Gesù Cristo, l’invito è esteso a tutti, perché tutti peccatori e bisognosi del suo aiuto. Esorta il Pontefice: “Basta rispondere all’invito con cuore umile e sincero. La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di discepoli in cammino, che seguono il Signore perché si riconoscono peccatori e bisognosi del suo perdono. La vita cristiana quindi è scuola di umiltà che ci apre alla grazia”.
Nessuno può ritenersi perfetto agli occhi di Dio, perché in quel caso si toccherebbero sentimenti quali la superbia nel credersi uomini giusti, esenti dalle passioni del mondo. Di fatto ammonisce il Vicario di Cristo: “Un tale comportamento non è compreso da chi ha la presunzione di credersi ‘giusto’ e di credersi migliore degli altri. Superbia e orgoglio – continua Bergoglio – non permettono di riconoscersi bisognosi di salvezza, anzi, impediscono di vedere il volto misericordioso di Dio e di agire con misericordia. La superbia, l’orgogli, sono un muro che impediscono un rapporto con Dio. Eppure, la missione di Gesù è proprio questa: venire in cerca di ciascuno di noi, per sanare le nostre ferite e chiamarci a seguirlo con amore”.
Tutti siamo invitati a riconoscere i limiti personali, ricordando che la misericordia divina non è un premio per chi si limita ad applicare le norme. Attraverso il suo sacrificio, Cristo ha istituito il Sacramento dell’Eucarestia, che – sottolinea Papa Francesco – “ ci nutre della stessa vita di Gesù e, come un potentissimo rimedio, in modo misterioso rinnova continuamente la grazia del nostro Battesimo. Accostandoci all’Eucaristia noi ci nutriamo del Corpo e Sangue di Gesù, eppure, venendo in noi, è Gesù che ci unisce al suo Corpo!”.
A conclusione dell’udienza un rimando ad essere commensali del banchetto preparato dal Signore, nessuno escluso. Nella mensa celeste è stato riservato un posto per ciascuno. Chi punta il dito verso il fratello, giudicandolo, denigrandolo o ritenendolo non meritevole dell’invito, dimostra di non aver compreso “l’Amore di Dio”.
di Dario Cataldo Lo spunto è tratto dal passo evangelico del pubblicano Matteo, peccatore agli occhi dei suoi concittadini perché esattore delle tasse per conto dell’Impero Romano. Un’onta che per gli ebrei non è cancellabile. Papa Francesco utilizza il brano del Vangelo per lanciare un messaggio, ovvero che la chiamata di Dio non è limitata ai sapienti, ai dotti e agli “uomini della legge”. Nessuno lo è.
Attraverso Gesù Cristo, l’invito è esteso a tutti, perché tutti peccatori e bisognosi del suo aiuto. Esorta il Pontefice: “Basta rispondere all’invito con cuore umile e sincero. La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di discepoli in cammino, che seguono il Signore perché si riconoscono peccatori e bisognosi del suo perdono. La vita cristiana quindi è scuola di umiltà che ci apre alla grazia”.
Nessuno può ritenersi perfetto agli occhi di Dio, perché in quel caso si toccherebbero sentimenti quali la superbia nel credersi uomini giusti, esenti dalle passioni del mondo. Di fatto ammonisce il Vicario di Cristo: “Un tale comportamento non è compreso da chi ha la presunzione di credersi ‘giusto’ e di credersi migliore degli altri. Superbia e orgoglio – continua Bergoglio – non permettono di riconoscersi bisognosi di salvezza, anzi, impediscono di vedere il volto misericordioso di Dio e di agire con misericordia. La superbia, l’orgogli, sono un muro che impediscono un rapporto con Dio. Eppure, la missione di Gesù è proprio questa: venire in cerca di ciascuno di noi, per sanare le nostre ferite e chiamarci a seguirlo con amore”.
Tutti siamo invitati a riconoscere i limiti personali, ricordando che la misericordia divina non è un premio per chi si limita ad applicare le norme. Attraverso il suo sacrificio, Cristo ha istituito il Sacramento dell’Eucarestia, che – sottolinea Papa Francesco – “ ci nutre della stessa vita di Gesù e, come un potentissimo rimedio, in modo misterioso rinnova continuamente la grazia del nostro Battesimo. Accostandoci all’Eucaristia noi ci nutriamo del Corpo e Sangue di Gesù, eppure, venendo in noi, è Gesù che ci unisce al suo Corpo!”.
A conclusione dell’udienza un rimando ad essere commensali del banchetto preparato dal Signore, nessuno escluso. Nella mensa celeste è stato riservato un posto per ciascuno. Chi punta il dito verso il fratello, giudicandolo, denigrandolo o ritenendolo non meritevole dell’invito, dimostra di non aver compreso “l’Amore di Dio”.
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