lunedì, aprile 18, 2016
La Scuola non dovrebbe rispondere anche a certe domande “scomode”, invece di considerarle meritevoli di punizione come è accaduto a Genova?

"De Docta Ignorantia"di Danilo Stefani

“Prof., Lucio Battisti era fascista?” L’alunna 13enne di una scuola media di Genova è irriverente. Potrebbe prendere in giro l’insegnante, magari fa anche una risatina. Il prof. di musica perde le staffe e gli rifila un 4. Ma c’è dell’altro, va oltre le note musicali perché sa come imporre la disciplina: e la ragazzina si becca pure la nota sul registro. Un po’ come espellere un portiere di calcio e fischiargli contro perfino un calcio di rigore.

L’esegesi infinita della canzoni di Mogol – Battisti si è spinta fino ai giorni nostri. Più insistente di un Renzi dalla D’Urso, o di un Berlusconi da Vespa, la puntina dolente ronza sempre su quel solco: era o non era fascista Lucio Battisti?

Mogol smentisce per se stesso e per Battisti: il “fascio” non c’entra. Loro facevano canzoni, distribuivano poesia. Ecco, appunto; magari l’insegnante di musica non capisce di poesia (quella è letteratura, mica musica). Sul serio, perché nella Scuola italiana si devono temere “certe” domande? E’ vero, la ragazzina ha sconfinato: che diamine era una lezione di musica! Non doveva osare tanto. E la Scuola rimane divisa tra fiori di rosa e fiori di pesco. Divide e non impera: in fondo, è solo la Storia d’Italia.


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