giovedì, marzo 10, 2016
Firmata il giorno di Natale del 2005, l’Enciclica di Papa Benedetto XVI è stata presentata al pubblico nei primi mesi del 2006. Un successo di critica e di pubblico che dura ancora oggi.

di Dario Cataldo

Tutte le Encicliche nascono allo stesso modo. Il tempo è però il giudice che stabilisce quale avrà successo e quale cadrà nel dimenticatoio. È trascorso un decennio da quando Papa Ratzinger – oggi emerito – donava al mondo la sua prima Enciclica: “Deus caritas est” o più comunemente conosciuta come “Dio è amore”. A distanza di una decade, il testo tende ancora a mostrare la sua attualità, in una sorta di connessione tra il pontificato di San Giovanni Paolo II e quello di Papa Francesco. Il primo è stato un maestro di eloquenza e pragmatismo mentre il secondo una guida pastorale. Nel mezzo, il teologo sopraffino
.

Componenti inscindibili di uno stesso corpo, i tre ultimi Pontefici sono la sintesi perfetta di come l’evangelizzazione raggiunge il cuore delle persone attraverso molteplici vie, il cui comune denominatore è pur sempre l’amore. Il Documento di Benedetto XVI è per tale ragione una risorsa fondamentale, capace di resistere al tempo trascorso e alle Encicliche posteriori. Forse il segreto della sua longevità sta proprio nel racchiudere in un 'concetto' tutto il messaggio cristiano.
 L’articolazione del testo è strutturata in due parti: la prima offre una riflessione teologico-filosofica sull’amore nelle sue diverse dimensioni – eros, philia, agape – precisando il dato essenziale dell’amore di Dio per l’uomo. La seconda parte tratta dell’esercizio concreto del comandamento dell’amore verso il prossimo. Prima dell’avvento del Cristianesimo, nel periodo Veterotestamentario, l’eros era degradato a perdizione dei sensi, un amore passionale tutto carnale. Non come nell’antica Grecia, nella quale attraverso l’eros si instaurava un contatto tra l’umano e il divino.

Con l’avvento di Cristo, l’eros è stato riabilitato perché mediatore dell’agape, anzi, per dirla tutta, i due aspetti sono inscindibili: due risvolti della stessa medaglia. L’amore ascendente verso Dio e quello discendente verso l’uomo, si completano attraverso il primo approccio che è eros, è il desiderio di avvicinarsi all’altro, l’aspirazione a unirsi in un legame che non è solo “sesso” ma amore vicendevole, che si dona e si completa. Ecco che dunque subentra la condivisione che è agape. I due fattori proiettano all’amore vicendevole tra due persone, specchio di quello verso Dio.

La lungimiranza del testo di Joseph Ratzinger ne decreta la sua fortuna a distanza di 10 anni. Un ricordo che poche altre Encicliche possono vantarsi di avere. In un periodo in cui il secolarismo delle Istituzioni è imperante, richiamarsi al “bene collettivo” è un toccasana che cementa la società.

Distratta dall’egoismo, dall’edonismo e dal tutto e subito, la civiltà sta perdendo quei valori antropologici che la contraddistinguono. Nell’anno della Misericordia voluto da Bergoglio, la costante della carità, dell’amore verso il prossimo – pietra angolare del suo mandato – modellano l’uomo a immagine di Dio. L’influenza della prima Enciclica di Benedetto XVI è tangibile nell’operato di Francesco. Chi non ha rispetto del prossimo, chi fomenta l’odio, la segregazione razziale, le divisioni settarie, l’innalzamento di muri, “non può definirsi cristiano”. Buon decimo compleanno “Deus caritas est”.



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