Due terzi dei campioni di suolo e acqua prelevati nei meleti europei contengono residui di pesticidi e il 70 per cento dei pesticidi identificati hanno livelli di tossicità molto elevati per gli esseri umani e per l’ambiente. In Italia, in un singolo campione di suolo raccolto sono state rilevate
sino a tredici diverse sostanze chimiche e dieci in un campione di
acqua: un vero e proprio cocktail di pesticidi.
Informa Salus - È quanto denuncia il rapporto 'Il gusto amaro della produzione intensiva di mele. Un'analisi dei pesticidi nei meleti europei e di come soluzioni ecologiche possono fare la differenza', pubblicato oggi da Greenpeace con i risultati delle analisi di 85 campioni di acqua e suolo prelevati in dodici Paesi europei, tra cui l’Italia. Nel rapporto vengono anche riportati esempi di pratiche agricole ecologiche per effettuare una produzione sostenibile senza contaminare il suolo e l'acqua con pesticidi chimici.
Il rapporto di Greenpeace evidenzia infatti che una produzione di mele sostenibile, senza contaminazione del suolo e delle acque, è fattibile. Un ecosistema agricolo in equilibrio è il fattore chiave per una produzione sostenibile di mele dal momento che aumenta la resilienza a parassiti e malattie e, contemporaneamente, favorisce i nemici naturali dei parassiti, come le vespe, attraverso una maggiore disponibilità di polline e nettare.
"L'Italia è uno dei maggiori produttori di mele a livello europeo. Abbandonare un modello agricolo fortemente dipendente dai prodotti chimici - afferma Federica Ferrario, responsabile Campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace Italia - è fondamentale, anche per proteggere i nostri agricoltori e le loro famiglie, che sono i primi a essere direttamente esposti. L’imponente uso di queste sostanze nella produzione intensiva di mele è un altro fallimento dell’agricoltura industriale".
Greenpeace chiede pertando ai Paesi dell’Unione europea di bandire i pesticidi chimici di sintesi dalle coltivazioni europee, e di indirizzare i sussidi a sostegno di pratiche ecologiche, tutelando così la salute degli agricoltori, delle acque e del suolo.
Informa Salus - È quanto denuncia il rapporto 'Il gusto amaro della produzione intensiva di mele. Un'analisi dei pesticidi nei meleti europei e di come soluzioni ecologiche possono fare la differenza', pubblicato oggi da Greenpeace con i risultati delle analisi di 85 campioni di acqua e suolo prelevati in dodici Paesi europei, tra cui l’Italia. Nel rapporto vengono anche riportati esempi di pratiche agricole ecologiche per effettuare una produzione sostenibile senza contaminare il suolo e l'acqua con pesticidi chimici.
Il rapporto di Greenpeace evidenzia infatti che una produzione di mele sostenibile, senza contaminazione del suolo e delle acque, è fattibile. Un ecosistema agricolo in equilibrio è il fattore chiave per una produzione sostenibile di mele dal momento che aumenta la resilienza a parassiti e malattie e, contemporaneamente, favorisce i nemici naturali dei parassiti, come le vespe, attraverso una maggiore disponibilità di polline e nettare.
"L'Italia è uno dei maggiori produttori di mele a livello europeo. Abbandonare un modello agricolo fortemente dipendente dai prodotti chimici - afferma Federica Ferrario, responsabile Campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace Italia - è fondamentale, anche per proteggere i nostri agricoltori e le loro famiglie, che sono i primi a essere direttamente esposti. L’imponente uso di queste sostanze nella produzione intensiva di mele è un altro fallimento dell’agricoltura industriale".
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