Giocatori insoddisfatti perché non utilizzati, a basso costo (meglio ancora a zero euro), e che vogliano andare al Milan? Squadre che devono sfoltire la rosa e quindi disposte a prestare giocatori? Adriano Galliani e il suo staff gli si fiondano addosso, trattano e concludono con brillantezza l’operazione.
di Danilo Stefani
Sembra questo il nuovo stile Milan: prendere giocatori che di solito guardano le partite per portarli a vestire la gloriosa maglia rossonera sperando di farli sudare una goccia in più di Balotelli. Dopo van Ginkel ed Essien (panchina e tribuna nel Chelsea, uno avuto in prestito e l’altro acquisito a parametro zero), Torres (panchina al Liverpool, avuto in prestito, poi dato in prestito all’Atletico Madrid in cambio di Cerci a sua volta ricevuto in prestito), Suso (panchina al Liverpool e acquisito a parametro zero), Armero (prestito dall’Udinese) e altri rompicapo gratuiti, il Milan non si dà per soddisfatto e sfumato Destro dalla Roma, torna sull’ipotesi di un clamoroso ritorno di Borriello (sempre dalla Roma e più panchinaro e anziano di Destro – magari con la formula del prestito). Altro che l’ironia per aver venduto il pullmann!
Il povero Inzaghi tenta così di raccattare quello c’è, metterlo in campo, e sperare in Dio o nella fortuna. Perché Inzaghi non può proprio credere in se stesso. Non può crederci perché un allenatore che cambia diciannove formazioni e idee di gioco, in altrettante partite, non può crederci sul serio. Pippo Inzaghi – a cui va riconosciuto il grande merito di aver riportato un soffio d’entusiasmo in un ambiente da mille e un abbiocco - qualche problemino di suo c’è l’ha, questo è evidente e persino scontato, vista la sua esperienza legata al solo calcio primavera.
Ma il problema vero è il Milan, tutto il Milan, perché ha imboccato la strada dell’autunno del patriarca senza rendersene conto (il presidente – con gli “hip hip hurrà” vorrebbe gasare l’ambiente - e sembra esser diventato quello del Borgorosso Football Club). La squadra è tiepida, senza vigore, disarmata e disarmante: come la società. Squadre con entrate più basse battono il Milan? Nessuna meraviglia perché quello che si ha bisogna saperlo spendere, investendo in giocatori, tecnici e programmi. Invece i dirigenti - abituati a fare il mercato con i grandi budget – ma che da qualche anno devono fare i conti della massaia, lo fanno peggio, sia rispetto alla massaia che rispetto a molte altre società. Due amministratori delegati (la Barbara B. - promossa non appena ha osato sfidare lo status quo - più il principe Adriano) sono davvero troppi per concludere così poco.
Ieri la notizia era anche questa: Galliani non è andato a fare il tutore di Inzaghi a Milanello. Forse sarà rimasto in ufficio a inventare nuove trame di mercato promozionale, oppure si è immerso nella lettura della nuova classifica dei club più titolati al mondo. O chissà, è andato a cercare l’elettricista per farsi riaccendere le luci (Marsiglia docet). Ma su Adriano Galliani, interruttori a parte, è vero che non bisogna scherzare troppo: ha vinto più di tutti in Italia. Però sono cambiati i tempi. Serve umiltà. Hip hip hurrà.
Sembra questo il nuovo stile Milan: prendere giocatori che di solito guardano le partite per portarli a vestire la gloriosa maglia rossonera sperando di farli sudare una goccia in più di Balotelli. Dopo van Ginkel ed Essien (panchina e tribuna nel Chelsea, uno avuto in prestito e l’altro acquisito a parametro zero), Torres (panchina al Liverpool, avuto in prestito, poi dato in prestito all’Atletico Madrid in cambio di Cerci a sua volta ricevuto in prestito), Suso (panchina al Liverpool e acquisito a parametro zero), Armero (prestito dall’Udinese) e altri rompicapo gratuiti, il Milan non si dà per soddisfatto e sfumato Destro dalla Roma, torna sull’ipotesi di un clamoroso ritorno di Borriello (sempre dalla Roma e più panchinaro e anziano di Destro – magari con la formula del prestito). Altro che l’ironia per aver venduto il pullmann!
Il povero Inzaghi tenta così di raccattare quello c’è, metterlo in campo, e sperare in Dio o nella fortuna. Perché Inzaghi non può proprio credere in se stesso. Non può crederci perché un allenatore che cambia diciannove formazioni e idee di gioco, in altrettante partite, non può crederci sul serio. Pippo Inzaghi – a cui va riconosciuto il grande merito di aver riportato un soffio d’entusiasmo in un ambiente da mille e un abbiocco - qualche problemino di suo c’è l’ha, questo è evidente e persino scontato, vista la sua esperienza legata al solo calcio primavera.
Ma il problema vero è il Milan, tutto il Milan, perché ha imboccato la strada dell’autunno del patriarca senza rendersene conto (il presidente – con gli “hip hip hurrà” vorrebbe gasare l’ambiente - e sembra esser diventato quello del Borgorosso Football Club). La squadra è tiepida, senza vigore, disarmata e disarmante: come la società. Squadre con entrate più basse battono il Milan? Nessuna meraviglia perché quello che si ha bisogna saperlo spendere, investendo in giocatori, tecnici e programmi. Invece i dirigenti - abituati a fare il mercato con i grandi budget – ma che da qualche anno devono fare i conti della massaia, lo fanno peggio, sia rispetto alla massaia che rispetto a molte altre società. Due amministratori delegati (la Barbara B. - promossa non appena ha osato sfidare lo status quo - più il principe Adriano) sono davvero troppi per concludere così poco.
Ieri la notizia era anche questa: Galliani non è andato a fare il tutore di Inzaghi a Milanello. Forse sarà rimasto in ufficio a inventare nuove trame di mercato promozionale, oppure si è immerso nella lettura della nuova classifica dei club più titolati al mondo. O chissà, è andato a cercare l’elettricista per farsi riaccendere le luci (Marsiglia docet). Ma su Adriano Galliani, interruttori a parte, è vero che non bisogna scherzare troppo: ha vinto più di tutti in Italia. Però sono cambiati i tempi. Serve umiltà. Hip hip hurrà.
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