mercoledì, gennaio 28, 2015
Marsiglia, vita e cuore di una città di migranti


di Renato Zilio

«Le vieux port », il vecchio porto a Marsiglia è un’icona della città. Anzi, il suo cuore pulsante. Dove turisti, gente del posto, ristorantini, bancherelle di sapone-di-marsiglia e di lavanda si godono un bel sole mediterraneo. Anche a fine gennaio. Dove si gode un va-e-vieni di una miriade di barche o pescherecci. O all’alba, i pescatori, il pesce fresco e i soliti clienti mattinieri. Seicento anni prima di Cristo accostava qui qualche imbarcazione greca, come scritto su una pietra del molo. Erano i fondatori della città più antica di Francia, Massalia. Poi, Marseille. Una sera di quest’ultimo dicembre sbarcava, invece, sul vecchio porto una mappa gigante del Mediterraneo. Distesa per terra per metri e metri riunì ben presto attorno una piccola folla. Cartelli in legno attorcigliati di filo spinato ne indicavano i punti cruciali : Madrid, Ceuta, Melilla, Lampedusa, Roma, Cipro…

Era per commemorare la giornata ONU dei migranti. Organizzata dalla CIMADE, ci si ritrovava inizialmente in un « cercle du silence ». Più o meno 200 persone restano immobili come statue per più di dieci minuti. Forma attuale di protesta e di denuncia in favore dei migranti. Si sta così diffondendo in Francia in varie città. Poi la folla si è messa a cantare una « ballade » dopo l’altra, alla maniera francese, ognuna così bella e triste da lasciare il cuore senza battere, mentre le frasi ti morivano in bocca. Erano parole vere. Composte dagli stessi profughi che hanno vissuto la via crucis del Mediterraneo. I passanti si fermavano sul vecchio porto, presi d’incanto. E di compassione. Il mare e il migrare : é sempre stato un binomio forte come la vita. O come la morte, in tantissimi casi.

L’altro giorno, invece, il clima era più festoso. Nella chiesa di St. Barnabé sembrava essersi dato appuntamento il mondo intero. Quasi tutti i pezzi del mosaico umano di Marsiglia erano là : la città si riconfermava porto di mare in ogni senso. Era all’occasione della « giornata mondiale del migrante » di metà gennaio. Il responsabile Paul Daniel dava inizio alla lettura di tutti i pregiudizi che la società di oggi scaglia contro chi emigra. Quasi come pietre di un’invisibile lapidazione. « Ci prendono il nostro lavoro » « Fanno figli per avere le indennità dallo Stato » « Vogliono islamizzare la Francia » « Ci prendono gli aiuti pubblici » Dei giovani, ad ogni frase, costruivano un grande muro, pietra su pietra… Poi venivano i differenti gruppi presenti come i polacchi, i capoverdiani, i kossovari, gli irakeni, i vietnamiti, il Caraibi… che tra una danza e un canto scagliavano via una pietra del muro, sgretolandolo. Gli applausi non si facevano senz’altro attendere. Mentre veniva scandita un’altra serie di riflessioni, ancora più incisive. «La dignità di una persona non si discute mai, ma si rispetta ». « Non ci sono stranieri sulla terra, ma degli esseri umani ». « La paura dell’altro è sempre cattiva consigliera ». « Il migrante è la prima vittima della fame, della guerra o della miseria ».

Concludeva, infine, l’arcivescovo mons.Georges Pontier, Presidente della Conferenza episcopale francese. Ricordava come ad ogni cristiano incombe oggi una grande e grave responsabilità. Quella di ridire ad ogni uomo il messaggio di fraternità di Cristo. Da vivere ogni giorno. Concretamente. È indispensabile impegnarsi sul serio, sottolineava preoccupato, e cambiare per davvero il nostro sguardo. « Per il bene di tutti salviamo la solidarietà », era scritto su un cartello, all’entrata. Ma pareva vibrare in ognuno per tutto l’incontro, come un fondo d’organo. In una parrocchia marsigliese, improvvisatasi incrocio multicolore del mondo, sembravano le note di un indimenticato I dream.

Renato Zilio (Autore di «Dio attende alla frontiera» EMI 16.ma ristampa)


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